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Covid-19, l’obbligo vaccinale ora cambia poco: la priorità è fermare i contagi da Omicron

L’obbligo vaccinale per gli over 50 non è e non può essere la soluzione definitiva all’ondata Omicron. Salverà vite, ma ci vorrà tempo per renderlo efficace. Nel frattempo, ci sono tante buone ragioni per provare a contenere i contagi da Covid-19.
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Il governo guidato da Mario Draghi ha deliberato l'obbligo vaccinale per gli over 50, ampliando l'utilizzo del super green pass e modificando nuovamente le regole per la quarantena nelle scuole in caso di contagi. È l'ultimo atto della risposta italiana a Omicron, un percorso accidentato, tra ritardi, mezze misure e indecisioni, influenzato dalle divisioni interne alla maggioranza e, in modo evidente, dalla direzione che ha preso la discussione pubblica su come gestire questa nuova fase della pandemia.

In questi giorni abbiamo assistito a un fenomeno piuttosto interessante: più crescevano i contagi legati a Omicron, più si rafforzava la convinzione di governo, istituzioni e opinione pubblica che non si potesse fare nulla per impedirlo. Che non valesse la pena di fare nulla o che addirittura potesse essere controproducente. La gran parte delle volte, considerazioni di questo tipo erano accompagnate da commenti sprezzanti su una presunta inutilità / inefficacia dei lockdown e la chiosa finale era sempre: “Non possiamo chiudere tutto di nuovo, dobbiamo puntare tutto sui vaccini”. Una falsa dicotomia che ha inquinato il dibattito e polarizzato le posizioni, al punto da svuotare di senso persino il concetto di mitigazione del rischio, che pure aveva guidato le scelte dei decisori pubblici negli ultimi mesi di pandemia.

Come vi abbiamo raccontato, la variante Omicron ha spinto i governi occidentale a cambiare definitivamente l’approccio alla pandemia. L’infezione di massa è passata da spauracchio da evitare a ogni costo a scenario inevitabile, da accettare senza eccessiva preoccupazione e, in ogni caso, da preparare al meglio delle nostre possibilità. Tralasciando quelle che al momento sono solo delle boutade (la “raffreddorizzazione del virus”, tutta da dimostrare), va considerato che a spingere governi e autorità sanitarie in questa direzione sono i dati su effetti e caratteristiche della variante Omicron, che man mano si vanno consolidando.

Essenzialmente, al crescere dei contagi non corrisponde un proporzionale aumento delle ospedalizzazioni e dei decessi, dato che fa pensare a una minore “gravità” dell’infezione prodotta dalla nuova variante. Sembra essere calata sensibilmente anche la percentuale di ricoverati che hanno bisogno di ventilazione assistita (e che dunque rischiano l’intensiva o la sub-intensiva). Si tratta di segnali confortanti, che darebbero ragione ad alcuni studi che ipotizzano una minore capacità della variante di infettare i polmoni e/o ad altri che suggeriscono che Omicron abbia meno capacità nel contrastare la risposta immunitaria. Inoltre ci sono riscontri sempre più chiari riguardo l'efficacia dei vaccini nel proteggere contro le forme gravi della malattia e c'è da essere ottimisti sugli effetti della commercializzazione di due pillole molto promettenti nella cura della malattia sintomatica. Insomma, nella lettura dei governi ci troviamo di fronte a una versione meno pericolosa del virus (benché altamente trasmissibile), che colpisce una popolazione in larghissima parte già vaccinata, i cui effetti possono essere gestiti dai sistemi sanitari, senza bisogno di ulteriori restrizioni alla mobilità o alla socialità; in buona sostanza, l'ondata Omicron non sarà come le precedenti e potrebbe essere persino molto più breve, come sembrano suggerire le analisi preliminari nel Gauteng.

La pandemia è meno pericolosa con Omicron?

È una lettura corretta? Per quanto paradossale possa sembrare, la risposta è "dipende". Al punto in cui siamo, infatti, sono ancora molte le incognite e pochissime le certezze. Lo spiega bene l’analista del Ft John Burn-Murdoch, quando afferma che “come sempre in questa pandemia, ogni volta che scaviamo più a fondo ci accorgiamo che le cose sono molto più complicate”.

Un primo punto da considerare è la pericolosità intrinseca di una variante così contagiosa, seppur meno letale. La crescita incontrollata dei casi è sempre un problema dal punto di vista epidemiologico e rischia di rendere non sostenibile la pressione su qualunque sistema sanitario. Lo abbiamo visto negli ultimi giorni per la questione tamponi e tracciamento: attese interminabili, prezzi alle stelle, sistema di tracciamento saltato ovunque, decine di migliaia di contagiati o casi di contatto completamente abbandonati a loro stessi. Non esiste alcun Paese in grado di reggere l’urto di una crescita esponenziale: il sistema sanitario è una macchina complessa, non è possibile pensare di aumentarne la capacità di accoglienza e cura in pochi mesi o addirittura settimane. Ogni letto in area medica e in terapia intensiva richiede risorse e competenze, ma soprattutto personale medico che scarseggia, è provato da mesi di battaglia o addirittura è colpito dal contagio. Tenere sotto controllo la crescita dei casi non dovrebbe essere una possibilità, ma la norma nella gestione delle pratiche di sanità pubblica.

Ciò è tanto più vero se si guarda anche a come il virus impatta differentemente sulle classi di età. Se è vero che i casi fra i giovanissimi difficilmente si trasformano in ricoveri ospedalieri, allo stesso tempo resta grave l’impatto di Omicron sulla popolazione più anziana. Permettendo una circolazione incontrollata fra i giovani (la riapertura delle scuole rischia di essere un detonatore in tal senso), si aumenta il fattore di rischio per adulti e fragili, oltre che per la popolazione non vaccinata. L’obbligo di vaccinazione per gli over 50 è certamente una misura giustificata, ma produrrà effetti solo nel medio e lungo periodo. Salverà decine di migliaia di vite, si spera, ma serve tempo per implementarlo e renderlo efficace. Nel frattempo, occorre agire diversamente.

Perché è importante limitare il contagio da Omicron

C’è ancora un’enorme differenza fra prendere la Covid-19 e non prenderla. Non possiamo far passare il messaggio che si tratti di un contagio inevitabile e che, in fondo, per i vaccinati sia una passeggiata. Anche se “mild” (e c’è un se ancora grande come una casa), la malattia può provocare danni permanenti al sistema vascolare e al sistema nervoso, ognuno è potenzialmente esposto ai rischi della cosiddetta long Covid, un pericolo soprattutto per i bambini. Come spiega in questo thread la professoressa Rachel Thomas, più allontaniamo temporalmente la possibilità di contagio, più possiamo sperare in nuovi trattamenti, in vaccini più efficaci, antivirali migliori. E, cosa da non dimenticare, non c’è alcuna certezza sul fatto che il contagio possa garantire un’immunità per il futuro (anzi, la capacità di Omicron di reinfettare chi ha avuto Delta è accertata), né che i sistemi immunitari di ogni persona possano reggere se esposti ripetutamente a forme diverse della stessa malattia.

Per quanto ne sappiamo, l'infezione di massa non è la strada per l'immunità di gregge (che peraltro resta un orizzonte lontanissimo, considerando il tasso di vaccinazione nei paesi dell'Africa o dell'Asia e il fatto, pressoché ovvio, che non tutti saranno infettati o vaccinati). È solo la strada per ottenere più morti, più ricoveri, più danni a lungo termine. Ed è anche la strada per agevolare la nascita di nuove varianti, non sappiamo se più o meno pericolose: un lancio di dadi che non dovremmo permetterci nuovamente.

Insomma, ci sono tante buone ragioni per opporsi all'idea del "contagio inevitabile" e del liberi tutti come linea corretta nella gestione di questa fase della pandemia. Nessuno immagina di tornare al lockdown del 2020, ci sono altri strumenti per mitigare il rischio tramite il contenimento del contagio, che essenzialmente ruotano intorno alla limitazione degli spostamenti e delle interazioni sociali, oltre che al rispetto delle pratiche di igiene, autovigilanza e distanziamento. Ricorso massiccio allo smart working, utilizzo delle Ffp2, cancellazione degli eventi che determinano assembramenti, protocolli rigidi e controlli efficienti sulle attività a rischio, implementazione dei sistemi di autotest e monitoraggio, ripristino delle quarantene, messa in sicurezza di scuole, ospedali e uffici pubblici: interventi fondamentali, che i governi dovrebbero trovare la forza di attuare. Per non trovarci a dover ricominciare tutto dall'inizio ogni volta.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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