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Perché il vincolo di mandato introdotto dal M5S è incostituzionale e antidemocratico

Riccardo Magi, deputato di +Europa e leader dei Radicali italiani, ha organizzato una tavola rotonda alla Camera per sottoporre a studiosi di diritto costituzionale alcune questioni sul vincolo di mandato introdotto nello statuto del M5S.
A cura di Annalisa Cangemi
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Riccardo Magi, deputato di +Europa e leader dei Radicali italiani, ha posto la questione del vincolo di mandato, contenuto nello Statuto del M5S, inviando una lettera al presidente della Camera Roberto Fico. Secondo Magi la norma sarebbe in aperto contrasto con l’articolo 67 della Costituzione che stabilisce il divieto di mandato imperativo. L'articolo recita così: "Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato". Fico aveva risposto alla missiva, dicendo sostanzialmente di avere le mani legate: il presidente della Camera ha spiegato di essere incompetente sulla questione per mancanza di uno specifico potere di controllo sugli statuti dei gruppi. Il Movimento ha inserito il vincolo di mandato nel suo statuto, approvato il 27 marzo scorso, introducendo una multa da 100mila euro per quel parlamentare che abbandoni il gruppo per qualsiasi motivo, per espulsioni o per un'incompatibilità ideologica. Soldi che il parlamentare dovrebbe versare al Movimento.

Come aggirare questa norma e tutelare l’insindacabilità delle opinioni (Articolo 68 della Costituzione), pur tenendo presente il fenomeno del "transfughismo" che tra i gruppi parlamentari italiani è un fenomeno molto diffuso? Se ne è parlato durante una tavola rotonda a Montecitorio questa mattina, a cui hanno partecipato alcuni costituzionalisti, tra cui Roberta Calvano, Augusto Cerri, Raffaele Chiarelli, Francesco Clementi, Salvatore Curreri, Giorgio Grasso, Claudio Martinelli, Andrea Morrone, invitati a esporre il proprio parere.

Il leader dei Radicali sottolinea innanzi tutto che la stesura e la potenziale applicazione di disposizioni di Statuti dei gruppi, quindi con regole di diritto privato, si trovano in contrasto con la Costituzione e con il Regolamento. Chiede Magi in modo provocatorio: "Cosa succederebbe se le norme statutarie di un Gruppo vietassero alle deputate che vi appartengono di prendere la parola in Aula o di presentare proposte di legge?". A questo proposito studiosi intervenuti concordano sul fatto che la Carta costituzionale è appunto superiore ai gruppi parlamentari. Il Movimento 5 Stelle, Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia hanno poi più volte annunciato in campagna elettorale di voler modificare l’articolo 67 della Costituzione. Ma secondo gli esperti quest'ipotesi non sarebbe percorribile, e si tratterebbe di un paradosso. Una delle possibilità per intervenire e fare chiarezza sul rapporto tra Statuti dei gruppi parlamentari e Costituzione è quello di sollevare il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. 

È emerso anche un altro tema, che potrebbe risultare determinante alla luce dei passaggi decisivi che si stanno verificando in queste ore e che potrebbero portare presto alla nascita di un governo: "Può il Capo dello Stato nominare Ministro un parlamentare (del Movimento 5 Stelle) vincolato da un "contratto privato" in contrasto non solo dell'articolo 67, ma anche con il giuramento prestato di fronte allo stesso Presidente della Repubblica di esercitare le proprie funzioni nell'interesse esclusivo della nazione?". Secondo i relatori la risposta è che appunto nemmeno i ministri possono essere sottoposti a vincoli, per cui un impegno preso nei confronti di associazioni private potrebbe essere sanzionato.

Il principio di libero mandato parlamentare, secondo i costituzionalisti, potrebbe essere compromesso da un "assoggettamento" dei gruppi al partito, in questo caso al M5S, che va stigmatizzato e contrastato politicamente. Fico, che ad oggi ha sottoscritto quella norma, avrebbe potuto indirizzare i deputati, ad esempio con una circolare, per porre il problema di questo tipo di clausola vessatoria negli statuti associativi. Magi riconosce che la via della modifica del Regolamento della Camera, in modo da correggere le prerogative del Presidente, attribuendogli poteri di controllo sugli statuti dei Gruppi, è sicuramente la più lunga e accidentata, ma potrebbe essere l'unica strada per evitare conflitti nelle prossime legislature. 

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