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Così i tecnici all’ombra di palazzo Chigi gestiranno il Recovery Fund

Nel decreto Semplificazioni è definita la governance del Piano di Ripresa e Resilienza italiano. Si tratta dei soggetti chiamati a gestire i 209 miliardi del Next Generation Eu per la ripartenza dopo la crisi Covid. A guidare la macchina sarà la cabina di regia politica di premier e ministri. Ma all’ombra di palazzo Chigi si insedieranno anche due organismi composti da tecnici, che avranno un ruolo cruciale per decidere come spendere i soldi europei.
A cura di Marco Billeci
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Il decreto Semplificazioni che approda oggi in Consiglio dei Ministri contiene, tra l’altro, le misure che definiscono la governance del Piano di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Si tratta, in sintesi, dell’insieme di soggetti che dovranno gestire i progetti finanziati dai soldi europei, per il rilancio dell’economia dopo la crisi Covid. La struttura di base prevede tre livelli. Il primo è la cabina di regia politica composta dal presidente del Consiglio e dai ministri competenti per le diverse materie. Il secondo è  formato da due uffici appositi insediati al ministero dell’Economia con i compiti di monitoraggio, rendicontazione e controllo. Infine, ci sono le amministrazioni centrali e locali che dovranno concretamente realizzare i progetti del piano.

Non è tutto, però. Secondo quanto previsto dal decreto, infatti, a palazzo Chigi, saranno costituiti altri due organismi, di natura tecnica, che potrebbero avere in mano una buona fetta del destino di soldi e progetti del Recovery Plan italiano. Entrambi questi soggetti hanno una caratteristica comune che li mette in una posizione privilegiata all’interno dello schema di governance: sono destinati a sopravvivere più a lungo del governo che li istituirà. Le due strutture tecniche, infatti, opereranno fino al completamento del piano, nel 2026. Tradotto, quando un nuovo governo si insedierà nel 2023, per conoscere tutti i dettagli dei progetti in corso dovrà bussare alle porte di questi uffici.

Il potere di sostituire gli amministratori troppo lenti

L’istituzione di questi due organismi risponde a un’esigenza abbastanza logica: il Pnrr ha un orizzonte di cinque anni, quindi serve qualcuno che tenga le fila dei progetti per tutta la durata del piano, al di là delle maggioranze politiche del momento. Tuttavia, le competenze che sono attribuite ai tecnici sono così ampie che il loro ruolo non sembra limitarsi al supporto delle scelte politiche, ma racchiude in sé poteri molto più ampi. Vediamo quali sono nel dettaglio. Il primo dei due soggetti in questione è la segreteria tecnica presso la Presidenza del Consiglio. Sarà costituita da personale e dirigenti distaccati da diverse amministrazioni pubbliche, ma potrà servirsi anche di consulenti ed esperti esterni. La segreteria tecnica aiuterà l’attività della cabina di regia politica, raccoglierà i dati ed elaborerà rapporti sull’avanzamento dei progetti, evidenzierà le criticità. Soprattutto, però, avrà due compiti cruciali.

Il primo è quello di segnalare al presidente del Consiglio i casi in cui esercitare i cosiddetti “poteri sostitutivi”. In pratica, si tratta delle situazioni in cui si reputa che gli enti locali non stiano rispettando tempi e obiettivi dei progetti che dovrebbero realizzare. In questi casi, i tecnici proporranno al premier di commissariare l’ente inadempiente, per superare ritardi e difficoltà. Altro snodo cruciale che passerà dalla segreteria tecnica riguarda i meccanismi per il superamento del dissenso. Nel caso in cui organi statali o locali compiano azioni che si valuta mettano rischio la realizzazione degli interventi del piano, la segreteria porterà il fatto all’attenzione del governo. Anche in questo caso la procedura si può concludere con l’utilizzo dei poteri sostitutivi.

Riscrivere le leggi che ostacolano il piano

L’altra struttura tecnica con una funzione chiave nell’attuazione del Pnrr è l’Unità per la Qualità della regolazione, sempre sotto l’ombrello della Presidenza del Consiglio. Il suo scopo è valutare gli ostacoli che le leggi possono opporre alla realizzazione del piano e proporre soluzioni. Quest’unità avrà a disposizione una serie di strumenti molto ampia, ma soprattutto, potrà sottoporre al governo tutte le riforme della normativa che riterrà necessarie a superare questi ostacoli, preparando dei veri e propri schemi di disegni di legge.

Intendiamoci, è ingenuo pensare che il governo possa gestire 209 miliardi di fondi senza un supporto adeguato. E d’altra parte, va sottolineato che per buona parte delle funzioni che abbiamo descritto, il potere di scelta finale rimane almeno formalmente in capo alle autorità politiche. C’è però il rischio che proprio a causa della durata del piano e della complessità dei suoi meccanismi, i tecnici diventino gli unici in grado di tenere in mano i fili degli interventi, finendo per sostituire la politica nelle decisioni. Per evitare che ciò accada, serve innanzitutto assicurare il massimo della trasparenza e possibilità di monitoraggio degli atti di questi organismi. Perché, certo, quella del Recovery Plan è un’opportunità che non possiamo sprecare. Ma, è altrettanto vero che già troppo spesso in nome dell’emergenza, si sono sacrificati i meccanismi fondamentali di funzionamento e controllo democratico.

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