Cos’è questa storia dello stop al taglio dei vitalizi per i senatori
Il Consiglio di garanzia del Senato il 5 luglio ha cancellato il taglio ai vitalizi parlamentari che era stato approvato nel 2018 su spinta del Movimento 5 stelle. È insorto Giuseppe Conte: "Ripristinati alla chetichella i vitalizi per i senatori delle passate legislature", ha scritto sui social. Non si tratta, però, di una mossa del tutto a sorpresa. La delibera che nel 2018 aveva ridotto i vitalizi per i senatori con almeno cinque anni di mandato precedenti al 2012 aveva già portato a contenziosi legali: nel 2020, i vitalizi erano tornati ad aumentare in parte. Ora, per avere un nuovo taglio servirebbe con tutta probabilità una legge del Parlamento.
Come funzionava il taglio dei vitalizi approvato nel 2018
La delibera 6 del 2018, approvata il 16 ottobre ed entrata in vigore dal gennaio 2019, riguardava i senatori che hanno svolto almeno cinque anni di mandato prima del 31 dicembre 2011. Si riferiva, quindi, soprattutto al taglio dei vitalizi degli ex senatori. Fin dal 2012, infatti, i vitalizi erano stati eliminati per i nuovi parlamentari: al loro posto erano state create delle normali pensioni, con il sistema contributivo, in cui l'assegno si calcola sui contributi versati, e non sullo stipendio ricevuto.
Oggi quindi i vitalizi non esistono più, se non per chi ha svolto almeno cinque anni di mandato prima del 2012. A questa platea guardava la delibera promossa dal M5s, che nel 2018 ha stabilito che lo stesso sistema contributivo andava applicato anche a tutti quegli assegni maturati prima il 31 dicembre 2011. Insomma, tutti gli ex senatori che ricevevano il vitalizio l'hanno visto fortemente ridotto, in media del 20%, in alcuni casi fino al 60%. Non si trattava di una legge, però, ma solo di una delibera interna. Questo ha causato parte dei problemi successivi.
Il primo "stop" parziale al taglio è arrivato già nel 2020
A giugno del 2020, la Commissione contenziosa – un altro organo del Senato che si occupa dei ricorsi dei senatori – ha deciso di annullare la delibera del 2018 e ripristinare i vitalizi. A detta dell'avvocato che aveva seguito la questione, Maurizio Paniz, era principalmente per tre motivi: non si poteva intervenire su una sola categoria (cioè gli ex parlamentari), non si potevano ridurre retroattivamente dei diritti già acquisiti, e il taglio era molto ingente (in alcuni casi fino all'80% dell'assegno, affermava). In più, trattandosi di una delibera e non di una legge, non poteva durare per sempre ma doveva avere una durata limitata ad alcuni anni.
In quell'occasione, il taglio è stato ridotto ma non cancellato. Si è deciso, infatti, che il ricalcolo con il sistema contributivo sarebbe stato fatto partire dal 2018, invece che dal 2012. In questo modo non si trattava più di una decisione retroattiva. Il risparmio per Camera e Senato, con questa modifica, è passato da 60 a 40 milioni di euro all'anno circa.
Cosa succede adesso ai vitalizi dei senatori
Il Consiglio di garanzia del Senato, che si è riunito il 5 luglio 2023 per eliminare la delibera del 2018, è un organo che decide sui ricorsi contro le decisioni della Commissione contenziosa. Il 5 luglio era l'ultima seduta del Consiglio con i componenti della scorsa legislatura, prima di essere sostituito da quelli nuovi. A presiedere l'incontro c'era Luigi Vitali, ex senatore di Forza Italia. Il suo vice era Ugo Grassi, ex M5s poi passato alla Lega e infine al gruppo Misto, non rieletto. Gli altri membri del Consiglio erano Alberto Balboni (senatore di Fratelli d'Italia), Pasquale Pepe (ex Lega) e Valeria Valente (Pd). Il regolamento prevede che i componenti debbano essere persone con esperienza nel campo giuridico.
Secondo quanto emerso, Balboni e Pepe avrebbero votato contro la decisione, mentre Vitali (il cui voto vale doppio in quanto presidente) e Grassi a favore. Si sarebbe astenuta, invece, Valente. Con la loro decisione – che non è più appellabile – la delibera del 2018 viene cancellata del tutto. I vitalizi torneranno a 851 ex senatori ed ex senatrici e 444 familiari di senatori scomparsi.
"La delibera era stata fatta male. Se questo Parlamento vuole tagliare i vitalizi occorre fare una legge, non una semplice delibera", ha spiegato Vitali a Repubblica. "Secondo le indicazioni del Consiglio di Stato e della Corte costituzionale, i tagli alle pensioni d’oro devono prevedere un tempo limitato di riduzione. Anzi, secondo questi criteri il taglio non potrebbe superare tre anni. Noi siamo arrivati a cinque anni e da ottobre 2022 diciamo basta".
Vitali si è augurato che questa decisione "farà giurisprudenza", e presto anche la Camera farà la stessa cosa. In quel caso, i vitalizi per i vecchi parlamentari – sempre solo per chi ha completato un mandato prima del 2012 – torneranno come prima del 2018. Se si decidesse di tornare ad abbassarli, è probabile che il Parlamento dovrà intervenire con una legge.
"Si sancisce così che esiste una categoria più privilegiata delle altre allontanando così l’idea giustizia sociale", ha commentato Roberto Fico, presidente della Camera quando il taglio dei vitalizi fu introdotto. "Leggo del rammarico di (alcune) forze di maggioranza. Ma una soluzione c’è: presentino in Consiglio di Presidenza un nuovo testo, anche più duro del mio. Fate in fretta però".