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Cos’è il reato di abuso d’ufficio cancellato dal ddl Nordio, quando si configurava e cosa cambia ora

Il ddl Nordio, che abolisce l’abuso d’ufficio, è legge. Il reato, previsto dall’articolo 323 del Codice penale, punisce con la detenzione fino a 4 anni un pubblico ufficiale, ad esempio un sindaco, che abusa del suo potere per procurare a sé o a altri un vantaggio o un danno. Vediamo cosa cambia con la sua abrogazione.
A cura di Giulia Casula
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Con il via libero definitivo della Camera al ddl Nordio, è stato abolito l‘abuso d'ufficio. Il reato, previsto dall'articolo 323 del Codice penale, punisce chi, in qualità di pubblico ufficiale, abusa del suo potere per procurare a sé o a altri un ingiusto vantaggio oppure un danno.

Per fare un esempio, un sindaco o un funzionario pubblico che si avvaleva dei propri poteri per assegnare appalti ad amici o assumere un familiare dentro la pubblica amministrazione, rischiava di incorrere nella reclusione fino a 4 anni. Con l'entrata in vigore della nuova disciplina, successiva alla pubblicazione della legge in Gazzetta Ufficiale, il reato verrà ufficialmente eliminato dal nostro ordinamento.

Cosa si intende per abuso d'ufficio

Per abuso d'ufficio si intende una fattispecie di reato prevista dall'articolo 323 del codice penale, che recita:

Salvo che il fatto non costituisca un piu' grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione ((di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalita')) ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a se' o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto e' punito con la reclusione da uno a quattro anni. La pena e' aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravita'.

Quando si configurava il reato di abuso d'ufficio

L'abuso d'ufficio si configurava nel caso in cui un pubblico ufficiale, per esempio un amministratore locale o un funzionario governativo, nello svolgimento delle sue funzioni, procurava per sè o per altri un vantaggio patrimoniale ingiusto o, allo stesso modo, arrecava danno ad altri. Va precisato, l'abrogazione del reato scatterà ufficialmente dopo l'entrata in vigore della legge.

In sostanza, si tratta di un reato che punisce chi, ricoprendo un incarico pubblico, abusa del proprio potere per favorire o svantaggiare sé stesso o altre persone. A sostenerne l'abolizione, in questi anni, sono stati soprattutto i sindaci italiani, critici nei confronti della norma dai margini ritenuti "troppo ampi". Spesso infatti, l'abuso d'ufficio ha rappresentato il primo anello di una catena di reati, più gravi, rilevati contestualmente dai giudici nell'ambito di indagini svolte nei confronti di amministratori locali e pubblici uffici.

In genere dunque, alla rilevazione dell'abuso d'ufficio seguiva l'imputazione di tutti gli altri reati. Una prassi che negli anni -sostiene chi ne chiedeva l'abolizione – aveva innescato nei sindaci la cosiddetta "paura della firma", cioè il timore di porre la propria firma su atti suscettibili di impugnazione per abuso d'ufficio.

Quali erano le pene previste

L'articolo 323 del Codice penale, ancora formalmente presente nel nostro ordinamento, punisce l'abuso d'ufficio con la detenzione 1 a 4 anni. Al secondo comma, si legge inoltre, che "la pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante gravità". La decisione spetta, naturalmente, a un giudice che non può però disporre la custodia cautelare per il reato, in quanto non prevista dall'ordinamento.

Cosa cambia dopo l'approvazione del ddl Nordio

Con l'entrata in vigore del ddl Nordio, l'abuso d'ufficio è destinato a sparire una volta per tutte dall'ordinamento italiano. Con la sua abrogazione, il rischio più volte sottolineato dalle opposizioni è che alcune condotte illecite messe in atto da pubblici funzionari restino impunite. L'abuso d'ufficio in questo senso, costituiva una sorta di "reato-spia" che consentiva ai giudici di rilevarne di altri più gravi, come ad esempio l'associazione mafiosa, nel corso delle loro indagini.

La sua abolizione comporterà, presumibilmente, una riformulazione dell'impianto accusatorio. Da qui, l'appello del procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi: "Non privateci della possibilità di perseguire certi reati, dateci gli strumenti per combattere la mafia. Io non mi preoccupo del problema se abrogare o meno un reato ma determinati reati non sono fattispecie ‘spia' ma reati ‘fine' dell'associazione mafiosa", ha spiegato. "Nessuno cestinerà le denunce che arrivano in procura ma il rischio non è che non ci accorgiamo dei reati spia, il punto è che non ci accorgiamo dei reati ‘fine' dei clan", ha aggiunto.

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