Cos’è la relazione sulla giustizia di Bonafede e perché ha accelerato la crisi di governo
Perché Giuseppe Conte ha rassegnato solo ora le dimissioni, una settimana dopo aver ottenuto la fiducia in Parlamento? Parte della risposta a questa domanda, che molti oggi si sono fatti quando Conte ha annunciato (prima in Cdm e poi al Quirinale) di voler lasciare l'incarico da presidente del Consiglio, starebbe nella relazione sullo stato della giustizia del ministro Alfonso Bonafede. Il Guardasigilli sarebbe dovuto intervenire in Aula domani per il consueto intervento annuale sul tema della giustizia. Un appuntamento che però si annunciava turbolento. Italia Viva, infatti, aveva già confermato il proprio voto contrario: con ogni probabilità si sarebbe quindi arrivati a una bocciatura del ministro pentastellato da parte dell'Aula, che avrebbe di fatto messo in discussione l'intero esecutivo.
Come avrebbe votato Italia Viva in Aula
Sarebbe stato il primo test effettivo per la maggioranza giallorossa, dopo lo strappo di Matteo Renzi. Una prova che probabilmente non sarebbe stata superata. Se in un primo momento, dopo aver incassato la fiducia a Montecitorio e Palazzo Madama, era sembrato che l'esecutivo fosse intenzionato a provare ad andare avanti, proprio la relazione di Bonafede e il suo esito pressoché scontato avrebbero e potuto spingere Conte ad accelerare i tempi.
Che cos'è la relazione sulla giustizia?
Ma che cos'è la relazione sulla giustizia? E perché avrebbe avuto un ruolo così centrale nella crisi politica? Di fato Bonafede avrebbe tirato le somme sullo stato del suo ministero nell'anno appena trascorso. Anno in cui, proprio sul tema della riforma della giustizia, non sono mancati gli scontri tra M5s e Iv, specialmente in tema di prescrizione. "Renzi ha preannunciato il voto contrario a una relazione che non ha ancora letto. Il paradosso, tra l'altro, è che la relazione verterà su quello che è stato fatto dal governo in tema di giustizia nel 2020 insieme a Italia Viva", aveva detto qualche giorno fa il Guardasigilli, puntando il dito contro l'ex alleato. Che, votando contro il ministro avrebbe dimostrato come, nonostante l'esito del voto sulla fiducia in Parlamento, la maggioranza non avesse i numeri per governare.