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Cos’è la pace contributiva 2024 e cosa bisogna fare per andare in pensione prima

Nel 2024 torna la pace contributiva, che permette di riscattare i periodi di buco contributivo lunghi fino a cinque anni. Così, si può anticipare l’arrivo della pensione, oppure rendere l’assegno più sostanzioso. La possibilità è riservata a chi ha iniziato a versare i contributi dopo il 1995.
A cura di Luca Pons
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Nel 2024 tornerà la cosiddetta pace contributiva, il sistema che permette di riscattare i propri ‘buchi' contributivi, cioè i periodi in cui per qualche motivo non si sono versati contributi, e anticipare così il momento della pensione (o l'importo dell'assegno). Si tratta di un meccanismo simile a quello del riscatto della laurea. Era già stato sperimentato dal 2019 al 2021, e il governo Meloni l'ha inserito nella manovra per il prossimo anno.

Possono approfittare della pace contributiva solo coloro che rientrano nel sistema contributivo puro, ovvero quei lavoratori e quelle lavoratrici che hanno iniziato a versare i contributi dopo il 1995. Dal 1° gennaio 1996, infatti, ha avuto in via in Italia il sistema contributivo, che calcola l'assegno della pensione sulla base dei contributi versati. Ha sostituito il sistema retributivo, che invece determinava l'assegno pensionistico sulla base degli ultimi stipendi ricevuti prima di lasciare il lavoro.

Lo scopo della pace contributiva è piuttosto chiaro: pagando, è possibile recuperare quegli anni in cui non si è lavorato, o comunque non si sono versati contributi, e in questo modo anticipare il momento in cui si maturano i requisiti per la pensione. Oppure, più semplicemente, aumentare il cumulo dei contributi versati e potersi così godere un assegno più sostanzioso quando si lascia il lavoro. È possibile riscattare fino a cinque anni di contributi, dal 1° gennaio 1996 al 31 dicembre 2023. I cinque anni non devono per forza essere continuativi.

Per sapere quanto costa la pace contributiva, è sufficiente fare un calcolo. Si prende l'aliquota contributiva di finanziamento che è in vigore nella gestione previdenziale di cui si fa parte (ad esempio, il 33% per i lavoratori dipendenti, il 24% circa per i lavoratori autonomi, il 25% circa per gli iscritti alla gestione separata Inps), e la si applica all'imponibile dell'ultimo anno. In pratica, si calcolano i contributi che si sarebbero versati negli ultimi 12 minuti, e poi si moltiplica questa somma per il numero di anni che si vogliono riscattare.

Il costo da pagare si può dividere in rate mensili, per un periodo massimo di 10 anni. Si parla quindi di 120 rate mensili, senza interessi. In più, la somma che si paga per la pace contributiva dà diritto a una detrazione fiscale pari al 50% del totale, che si può ammortizzare in cinque anni, con cinque rate di pari importo scalate dall'Irpef. Ad esempio, chi deve pagare 12mila euro può scegliere di pagare 100 euro al mese per dieci anni, e allo stesso tempo potrà detrarre 6mila euro (il 50% del totale) dalla propria Irpef, scalando 1.200 euro all'anno per cinque anni dai propri versamenti al Fisco.

La possibilità di utilizzare la pace contributiva è rivolta a praticamente tutte le gestioni previdenziali più diffuse. Possono approfittarne gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria, quelli al Fondo pensione lavoratori dipendenti, ma anche la gestione speciale Commercianti e il Fondo speciale della previdenza degli artigiani. E ancora, il Fondo speciale dei coltivatori diretti, degli imprenditori agricoli professionali, dei coloni e dei mezzadri, i Fondi esonerativi dell’Ago, le forme sostitutive ed esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria, e infine alla gestione separata

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