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Cosa vuole fare il governo Meloni per provare a salvare i soldi del Pnrr

Oggi in Parlamento ci saranno due passaggi importanti per il futuro del Pnrr italiano: viene trasmessa la relazione semestrale del governo, che fa il punto sull’attuazione del Piano, e arriva in Aula il decreto Pa, che elimina il controllo concomitante della Corte dei conti.
A cura di Luca Pons
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Il governo Meloni ha chiarito da qualche tempo, anche se in termini vaghi, la sua strategia per il Piano nazionale di ripresa e resilienza: cancellare gli obiettivi del Piano che non sono più attuabili (perché sono cambiate le condizioni economiche, con la crisi energetica e la guerra in Ucraina) e sostituirne altri, utilizzando anche altri fondi europei. Le trattative con la Commissione europea si incentreranno, tra le altre cose, anche su questo. E il governo punterà molta della sua credibilità, nei prossimi mesi, sull'esito di queste trattative.

Ci sono 120 progetti del Pnrr che hanno dei problemi

Oggi, il Parlamento riceverà la relazione semestrale sul Pnrr, in ritardo di diverse settimane. È un documento in cui il governo fa il quadro sui progetti in attuazione, sui ritardi e anche sulle eventuali modifiche: nei prossimi giorni l'Aula dovrebbe tenere un dibattito sul tema. Secondo quanto emerso dal documento – presentato in conferenza stampa e fatto circolare come bozza – sarebbero 120 gli interventi che hanno qualche debolezza.

Sono 120, quindi, i progetti che rischiano di essere rivisti o cancellati, nella proposta che il governo farà a Bruxelles. I ministeri più coinvolti sono quello di Trasporti e Infrastrutture (guidato da Matteo Salvini) e quello dell'Ambiente (di Gilberto Pichetto Fratin), seguiti poi da Cultura (Sangiuliano) e Istruzione (Valditara). Ad esempio, per la riduzione del rischio idrogeologico ci sono 1,2 miliardi di euro che faticano a essere spesi per interventi concreti.

Secondo l'analisi del governo ci sono quattro possibili criticità che ciascuno di questi 120 progetti ha (in molti casi più di una contemporaneamente): l'aumento inaspettato dei costi, la differenza eccessiva tra domanda e offerta, le difficoltà nell'aspetto di amministrazione e gestione, e gli errori commessi nell'allinearsi alle norme tecniche europee.

La soluzione del governo Meloni

Dunque, 120 progetti hanno uno o più di questi problemi. Il piano del governo è di presentare alla Commissione europea un nuovo piano in cui questi vengono in parte modificati, in parte sostituiti e in parte spostati su un altro piano europeo: il RepowerEu. Si tratta di un fondo parallelo, che ha scadenze più lunghe rispetto a quella del Pnrr (30 giugno 2026). Quindi l'idea sarebbe che i fondi che non si riescono a spendere entro il 2026, invece di andare perduti, potrebbero essere spostati sul RepowerEu ed essere utilizzati negli anni successivi.

Questa proposta deve arrivare a Bruxelles entro il 31 agosto, ma l'Ue ha fatto capire più volte che è meglio che sia consegnata prima, per avere più tempo per intavolare le trattative. Anche perché, nel frattempo, ci sono altre scadenze in arrivo (entro il 30 giugno vanno raggiunti nuovi target, mentre non è ancora stata sbloccata la terza rata del Pnrr, legata ai progetti in scadenza a dicembre 2022). Il governo Meloni vorrebbe dirottare i fondi che rischiano di essere inutilizzati e puntare su alcuni progetti con le grandi aziende energetiche (Eni, Enel, Snam, Terna), dato che il RepowerEu è previsto come fondo per le politiche green. Oggi il Repower per l'Italia prevede 2,7 miliardi di euro, ma potrebbero diventare molti di più (riducendo i 192 miliardi del Pnrr) se Bruxelles accettasse il piano italiano.

Polemica sulla Corte dei conti, oggi il decreto Pa alla Camera

L'altro punto discusso negli ultimi giorni è stato il controllo della Corte dei conti sul Pnrr: il governo ha intenzione di eliminare il controllo concomitante, cioè quello a progetti in corso, e lasciare solo quello a opere terminate. Lo farà con il decreto Pa, in arrivo oggi alla Camera. Le polemiche sulla misura negli ultimi giorni hanno coinvolto anche la stessa Commissione europea: il ministro degli Esteri Antonio Tajani oggi ha detto al Corriere della Sera che i commenti di Bruxelles erano "sbagliati anche nel merito", ma che la discussione è stata sostanzialmente un "fraintendimento", e che dal governo non c'è "nessun attacco alla Corte". Ci si aspetta comunque che l'esecutivo metterà la fiducia sul provvedimento, per blindarlo dalle polemiche dell'opposizione.

Così, oggi inizierà la discussione e poi il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, porrà la questione di fiducia. Probabilmente questa verrà votata domani, e il voto finale arriverà tra domani e mercoledì. Dopodiché, finirà ufficialmente la possibilità della Corte dei conti, un organismo autonomo e super partes, di effettuare controlli contabili sui progetti del Pnrr per verificare gli eventuali ritardi, errori e incongruenze.

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