Cosa vuole fare il governo di Giorgia Meloni per limitare gli sbarchi di migranti in Italia
Ripresa del dialogo con il governo francese, ma nessun passo indietro rispetto alla linea dei giorni scorsi sulla gestione dei flussi di ingresso dei migranti nel nostro Paese. È questa la linea dettata da Giorgia Meloni e condivisa dai suoi ministri, in particolare da Matteo Salvini e Matteo Piantedosi. L’Italia continuerà a dichiararsi indisponibile a essere considerata “il primo Paese” di sbarco e intende adottare tutte le contromisure necessarie a ostacolare le attività delle organizzazioni non governative che non siano state “concordate” con la centrale di soccorso marittimo di Roma. Resterà in piedi anche il meccanismo "selettivo" nella gestione delle evacuazioni, malgrado le polemiche e le contestazioni degli ultimi giorni. Non è escluso, inoltre, che si varino nuovi provvedimenti per contrastare l’operato delle Ong, sulla scia di quelli contenuti nei decreti sicurezza che portano il nome di Matteo Salvini. Allo stesso tempo, al Viminale si studiano le mosse più efficaci per monitorare gli sbarchi fantasma, da cui dipende la gran parte dei migranti che raggiungono il nostro Paese.
Intanto, il governo ritiene di aver già raggiunto un risultato importante, con la dichiarazione congiunta dei ministri dell'interno di Italia, Malta e Cipro e del ministro della migrazione e dell'asilo della Grecia in cui si ribadiva la necessità di ripensare un modello che vede i “paesi di primo ingresso in Europa sostenere l’onere più gravoso della gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo”. Una lettera con cui si stigmatizzava il comportamento degli altri Stati Ue incapaci di rispettare gli accordi sulla relocation dei migranti e si condannava “il modus operandi di queste navi private (le Ong, ndr) non è in linea con lo spirito della cornice giuridica internazionale sulle operazioni di search and rescue, che dovrebbe essere rispettata”.
In sostanza, anche se non è chiarissimo come i governi di Italia, Grecia, Malta e Cipro intendano farlo date le norme internazionali, si cercherà di spingere gli Stati Ue a esercitare “la piena giurisdizione e il controllo sulle navi battenti la propria bandiera”. Una linea che ad esempio non è condivisa dalla Spagna, che ha già fatto sapere di non poter “sostenere proposte che premierebbero i Paesi che non rispettano i loro obblighi in termini di diritto marittimo internazionale e che andrebbero a discapito di quelli che, come la Spagna, rispettano i loro obblighi internazionali e salvano vite con risorse pubbliche”.
Anche considerando tali difficoltà, Giorgia Meloni intende presentare un pacchetto di riforma complessivo dei meccanismi di gestione europea del flusso di migranti. Resta sul tavolo la proposta di una missione comune in Nord Africa, che consenta di effettuare un primo controllo sui flussi in maxi hotspot sul modello di quelli gestiti dalla Turchia sulla rotta balcanica. Un’ipotesi non priva di complessità e di insidie, su cui però Meloni intende impostare la sua interlocuzione con le autorità europee.