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Opinioni
Elezione del Presidente della Repubblica 2022

Cosa succederà al governo Draghi con la crisi dei partiti innescata dal Mattarella bis

La rielezione di Mattarella ha aperto ferite e fratture a più livelli: nei partiti, nelle coalizioni e forse anche nel governo. Hanno perso praticamente tutti, ma tutti dicono di aver vinto. E intanto è cominciato lo scontro, che si consumerà nell’anno di campagna elettorale all’orizzonte.
A cura di Tommaso Coluzzi
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La resa dei conti è cominciata. L'elezione del Presidente della Repubblica è stata l'innesco, la miccia, il detonatore. Come, tra l'altro, ci si aspettava apertamente alla vigilia dell'appuntamento, quando l'esito più prevedibile era però un altro: l'ascesa di Mario Draghi al Quirinale. Poi una serie di complicati eventi ha portato al Mattarella Bis. È stata una settimana che ha visto dei leader politici cadere, altri sprofondare, altri ancora annaspare. C'è chi ha firmato la propria condanna col sorriso. Con un unico filo conduttore: alla fine, sul carro dei vincitori, ci sono saliti praticamente tutti. Quando sono finiti l'euforia e lo spumante, però, sono cominciati i guai. Dentro i partiti, dentro le coalizioni. E perché no: anche dentro al governo Draghi. Il prossimo anno sarà caratterizzato da due parole: campagna elettorale. In un poema epico che potrebbe portarci alle elezioni politiche del 2023 con un quadro molto diverso da quello attuale.

Centrodestra e centrosinistra, capitolo 1: le coalizioni d'argilla

La rielezione di Mattarella si sta già traducendo in diverse spaccature. La prima, e la più evidente, è nel centrodestra. Tra Meloni e Salvini sono volati gli stracci. La presidente di Fratelli d'Italia ha annunciato la fine della coalizione, ma anche la volontà di ricostruirla non si sa bene su che basi. Nella Lega è stato convocato un consiglio federale, ma il segretario del Carroccio è senz'altro il leader uscito peggio dalla corsa al Colle. Salvini ha fallito su tutta la linea, sia a livello comunicativo che politico, conducendo delle trattative spasmodiche e schizofreniche, ingoiando il bis di quello che non era il suo Presidente e ponendosi ora in una posizione di debolezza nei confronti di Meloni. Forza Italia deve decidere cosa sta diventando, e l'erosione della coalizione di centrodestra potrebbe essere il passo decisivo per la svolta centrista, con Matteo Renzi che aspetta a braccia aperte e con il sorriso soddisfatto di chi alla fine ha sempre ragione.

Il centrosinistra giallorosso, ora vale la pena di dirlo, non si capisce se sia mai esistito veramente. La linea comune tra Enrico Letta e Giuseppe Conte sul Quirinale è naufragata su Elisabetta Belloni, annunciata dal leader del Movimento 5 Stelle come cosa fatta ma affossata – tra gli altri – anche dal Partito Democratico. Erano giorni, però, che Conte cercava di rimettere in piedi l'asse gialloverde. Dire che le sue mosse non siano passate inosservate al Nazareno è un eufemismo. Dem e pentastellati dovranno capire nei prossimi mesi se e dove vogliono camminare insieme, ma soprattutto come non pestarsi i piedi. Questo, in verità, lo deve capire soprattutto il Movimento, che continua a perdere consensi in favore del Pd. Il rischio, più che concreto, è tornare a essere un partito marginale nell'equilibrio parlamentare.

Conte, Di Maio e il processo a Salvini, capitolo 2: gli eredi al trono

C'è un altro livello di spaccatura, che supera le coalizioni e si insinua nei partiti. Due in particolare: il Movimento 5 Stelle e la Lega. Che tra Conte e Di Maio non corra buon sangue non è un segreto, da mesi ormai i grillini sono divisi in due correnti. Ora, però, sembra essere partita la resa dei conti. Il ministro degli Esteri è uscito dalla Camera sabato sera con una folta delegazione alle spalle – come a dire "questi stanno con me" – per dire che urge un chiarimento. Conte ieri ha rilanciato, perché il chiarimento l'ha chiesto prima lui. Insomma, dopo aver bruciato il largo consenso che aveva, dopo non aver dato una forma e una direzione al partito, la leadership del Movimento è ufficialmente in discussione.

Nella Lega, intanto, si è aperto ufficialmente il processo a Salvini. Il congresso federale di domani è un passaggio importante. La gestione della trattativa che ha portato alla rielezione di Mattarella è stata un disastro, inutile nasconderlo. Salvini si è arreso platealmente, mostrandosi stremato di fronte alle centinaia di telecamere che hanno presidiato Montecitorio per una settimana. Ha provato il colpo di coda, rivendicando un risultato che mai si sarebbe augurato alla vigilia. Ma non è servito a nulla. Le elezioni, anche se il governo Draghi dovesse durare fino al 2023, sono vicine e Meloni ha in mano un jolly per la campagna elettorale: sono l'unica di cui potete fidarvi. E datele torto.

Draghi e Mattarella bis, capitolo 3: il ritorno dei re

Più che il ritorno dei re, in realtà, è la stasi dei re. Sergio Mattarella è rimasto al Quirinale – tempo di un doppio trasloco lampo e via – rispondendo con responsabilità alla profonda crisi della classe dirigente dei partiti. Mario Draghi, per ora, resta a Palazzo Chigi, dopo aver alzato la voce per farsi eleggere Presidente della Repubblica e aver capito di non avere l'appoggio – soprattutto in Parlamento – continuerà a guidare un governo che già comincia a scricchiolare. Le dimissioni di Giorgetti, poi ritirate, sono un caso. Certo Salvini, dopo la figuraccia, non potrà pretendere il Viminale. Ma nei prossimi mesi, al più tardi a partire dall'estate, i partiti che sostengono il governo dovranno marcare le differenze. E se le coalizioni non esistono più tanto peggio: il Partito Democratico dovrà attaccare sì la Lega, ma anche differenziarsi dal Movimento 5 Stelle. Stesso discorso vale per Salvini e per gli eredi di Berlusconi. Per Draghi non sarà facile tenere tutti insieme, ma ha una carta da giocarsi ora: visto che non mi avete fatto Presidente, o si fa come dico io o me ne vado. Lo farebbe, e loro lo sanno.

Cosa succederà al governo e ai partiti, epilogo

Una settimana fa si pensava che l'elezione del capo dello Stato sarebbe stata una svolta, con Draghi al Colle e un governo da reinventare. E invece resta tutto com'è, si potrebbe dire ora. Sbagliato. È tutto uguale ma tutto diverso. Gli equilibri sono da ritrovare, le ferite sono aperte e il residuo di calma che c'è è solo apparente. Sulle spalle di quasi tutti i leader pesa un grande fallimento, da riscattare con una campagna elettorale col botto. Sarà un'estate di comizi, di dita puntate e di tutti contro tutti. Perché, alla fine, la politica è anche questo: un poema epico, mentre fuori ci sono emergenze reali che avrebbero bisogno di una risposta.

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Giornalista, mi occupo di politica su Fanpage.it. Appassionato di temi noiosi, come le storie e i diritti degli ultimi: dai migranti ai giovani lavoratori sfruttati. Ho scritto "Il sound della frontiera", un libro sull'immaginario americano e la musica folk.
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