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Cosa succederà ai bambini messi in carcere con il nuovo pacchetto Sicurezza del governo Meloni

Stop al divieto di mandare in carcere le donne incinte o con figli fino a un anno di età. La nuova norma proposta dal governo Meloni nel ‘pacchetto Sicurezza’ prevede che in caso di condanna anche una donna con figlio piccolo possa finire in un Icam. L’associazione Antigone ha chiarito a Fanpage.it cosa succederebbe concretamente, e perché ad andarci di mezzo sarebbero i bambini.
A cura di Luca Pons
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Il governo Meloni ha annunciato la scorsa settimana un nuovo ‘pacchetto Sicurezza‘, con varie norme che inaspriscono le punizioni per i reati esistenti o ne creano di nuovi. Un intervento in particolare è quello che, se il disegno di legge venisse approvato dal Parlamento, permetterà di mandare in carcere le donne incinte o con figli piccoli, fino a un anno di età.

Oggi, è obbligatorio per il giudice rinviare la pena in caso di condanna, mentre l'esecutivo vuole renderlo solo facoltativo. Concretamente quindi una donna condannata potrebbe finire in carcere, o meglio in un Icam (Istituto a custodia attenuata per le madri), anche se è incinta o ha un figlio piccolo. Il governo ha detto esplicitamente che è una norma per colpire le donne incinte che effettuano scippi sui mezzi di trasporti. Michele Miravalle, ricercatore che cura il rapporto sulle condizioni della detenzione in Italia per l'associazione Antigone, ha spiegato a Fanpage.it che effetti avrebbe il ddl se diventasse legge.

Chiariamo, innanzitutto: in quali casi in Italia un bambino piccolo può finire in carcere?

Avviene se non c'è nessuna alternativa di affidamento: altro genitori, nonni, famiglia allargata… Se nessuno può prendersi cura del bambino, resta con la mamma.

Oggi quanti ce ne sono?

I dati del ministero della Giustizia più aggiornati sono di poche settimane fa [31 ottobre, ndr], parlano di 22 donne con 23 figli al seguito. Negli scorsi anni i numeri erano stati tra i 50 e i 60, poi c'è stato un calo.

Con il nuovo ddl del governo Meloni il numero aumenterà?

Va fatta una premessa generale: è un intervento che vuole mandare dei messaggi securitari, di ‘mano dura', senza occuparsi minimamente degli effetti concreti di queste norme. Intanto, giustamente la discrezione resta al giudice. C'è il rischio che avremo un nuovo ‘caso Apostolico', per cui il primo giudice che deciderà di non incarcerare la donna verrà attaccato dal governo? In ogni caso, spesso la nuova norma non sarà applicata e basta.

E nei casi in cui venisse applicata?

Gestire in carcere una donna incinta, prossima a partorire, oppure un bambino piccolo, significa innanzitutto fare un enorme danno al bambino e alla donna, ovviamente. E poi creare un grande problema per il carcere e gli operatori penitenziari che ci lavorano. Perché le carceri non sono luoghi adatti ai bambini. Serve un'organizzazione, una presenza di personale sanitario ed educativo, che le carceri italiane non hanno. Non ce l'hanno oggi, che i bambini sono meno di 30, figuriamoci se diventano di più.

Però il governo ha insistito che non andranno in carcere, ma in Icam, gli Istituti a custodia attenuata per detenute madri.

Negli Icam non si va in automatico, dipende dai contesti. È possibile che ci siano alcuni uffici giudiziari particolarmente efficienti, dove in contemporanea arrivano l'ordine di carcerazione e l'ordine di trasferimento in Icam. Ma non è assolutamente la norma.

Quindi cosa succede concretamente alle donne e ai figli?

Un esempio è a Torino, dove si trova uno dei pochi Icam in Italia: c'è sempre un momento di carcerazione ‘vera', nelle cosiddette "celle-nido", che peraltro a Torino sono di fronte alle celle psichiatriche. Questo dà un'idea delle effettive, concrete difficoltà organizzative. Dopo qualche giorno, o se va male dopo alcune settimane, arriva l'ordine di trasferimento in Icam. In ogni caso, l'impatto con la detenzione c'è sia per la donna che per il bambino,

E una volta nell'Icam, come funziona la vita?

L'Icam è una soluzione di custodia attenuata, ma pur sempre di custodia. Sicuramente le condizioni sono migliori, sono strutture più simili a quello che ci si può immaginare per una comunità di accoglienza. Ci sono operatori, anche di cooperative sociali, che aiutano a prendersi cura del bambino. Banalmente, per chi ne ha l'età, lo accompagnano a scuola e lo riportano in carcere. Gli spazi non sono detentivi in senso stretto, ma le sbarre esistono comunque, anche se sono meno evidenti. Il bambino nella maggior parte dei casi non può uscire se non per andare a scuola.

Quanti Icam ci sono in Italia?

Quattro operativi (a Milano, Torino, Venezia e Lauro, in Campania), più un quinto a Cagliari che di fatto è inutilizzato. Nel complesso si parla di una cinquantina di posti, almeno sulla carta. Durante il governo Draghi l'intenzione era quella di cambiare il sistema, passare dagli Icam alle case famiglia. Sarebbe stato uno spazio esterno al carcere, anche perché gli Icam sono formalmente fuori dalle carceri, ma di fatto in molti casi sono attaccati, si entra dalla stessa porta.

Si parla comunque di un numero molto basso di posti, no?

Sì, infatti è una norma che sarà attuata pochissimo, ma per quei pochissimi farà grandi danni. Non capisco che vantaggio porti passare da 20 bambini in carcere a 60-70, invece di cercare di scendere a zero. Cosa ci guadagna un Paese di 60 milioni di abitanti, in termini di sicurezza? Nella migliore delle ipotesi, danneggeremo la vita di qualche decina di bambini. Non so se sia un obiettivo del legislatore, ma nel caso auguri.

C'è un messaggio politico dietro questo intervento?

Si porta avanti l'idea che nei confronti di certe situazioni, il carcere sia l'unica soluzione. È almeno il terzo intervento di questo tipo, dopo il decreto Rave e il decreto Caivano. Chi commette il tipo reati che ha in mente il governo, come gli scippi in metro, necessariamente continuerà a entrare e uscire da strutture detentive. Quando invece si potrebbero immaginare percorsi di reinserimento sociale vero. Invece si perde un'occasione e ci si accontenta del populismo penale.

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