Il clima è quello dei film western di serie B, con il classico stallo alla messicana, in cui nessuno può muoversi, perché qualunque cosa faccia rischia di saltare in aria. Il più in difficoltà è però Giorgio Napolitano, che tecnicamente non dovrebbe nemmeno partecipare a tattiche ed alchimie e che invece si trova costretto a gestire la fase post voto (come voleva), senza alcun tipo di possibilità di garantire stabilità e governabilità al Paese (come non osava nemmeno temere). Del resto, il Capo dello Stato non può nascondere (non a Bersani, almeno) le sue responsabilità nella gestione della crisi politica del post Berlusconi IV: quando, in nome della stabilità e della governabilità, decise di non affidare agli italiani la scelta del nuovo esecutivo e regalò le chiavi di Palazzo Chigi a Mario Monti. Con risultati al limite del paradossale: Monti scende in campo "da politico", il Pdl risorge dalle sue ceneri, Il Pd paga (forse anche oltre misura) l'abbraccio mortale all'esecutivo tecnico, il Movimento 5 Stelle (il "pericolo numero uno", secondo la visione del Capo dello Stato) diventa il primo partito e il Paese è sostanzialmente ingovernabile.
Insomma, forse qualcuno tra Quirinale, Palazzo Chigi, Nazareno e via dell'Umiltà ha sbagliato qualche calcolo. Ed ora, ovviamente, non ha la minima idea di come venirne fuori. Se non ricorrendo alla "specialità della casa": il compromesso al ribasso. Le varianti sono tante e la prima coinvolge direttamente il segretario del Partito Democratico Pier Luigi Bersani. Il candidato che ha vinto perdendo (o perso vincendo, fate voi) ha messo in campo 8 punti, intorno ai quali spera (vanamente?) di costruire una maggioranza al Senato della Repubblica, con l'appoggio decisivo ed essenziale del Movimento 5 Stelle. In soldoni, l'idea è quella di un Governo appeso al filo dei desiderata a 5 Stelle, retto da un patto d'onore fra "i morti che camminano" e "chi sa solo distruggere" (ovviamente le citazioni sono "incrociate"). Ipotesi che difficilmente si concretizzerà, almeno considerando la ritrosia con la quale Napolitano darebbe il via libera ad un esecutivo senza una maggioranza certa.
La seconda ipotesi è in realtà debolissima: un esecutivo di scopo che faccia la nuova legge elettorale e riporti subito il Paese alle urne (settembre?). Conterebbe anche relativamente il nome del Presidente del Consiglio, in realtà, ma il punto è che non si capisce per quale motivo un Governo raffazzonato dovrebbe riuscire laddove hanno fallito maggioranze ben più ampie (nella modifica della legge elettorale, appunto). Senza contare le altre improrogabili scadenze da affrontare.
Terzo scenario: il governissimo. È la prospettiva che trova maggiori consensi nelle retrovie dei due schieramenti (sono in molti i parlamentari che non vedono di buon occhio l'idea di tornare subito al voto, per ovvie ragioni). Si tratterebbe di un vero e proprio suicidio politico, che replicherebbe su scala più ampia il disastro del Governo Monti e consegnerebbe definitivamente il Paese nella mani del Movimento 5 Stelle (il cui capo politico non attende altro).
Quarto scenario: la transizione morbida. C'è però un modo per nascondere il governissimo dietro la maschera della responsabilità e della stabilità. Si tratta dell'eterno ritorno dei tecnici, con il Paese affidato nelle mani di personalità (stavolta si spera) super partes che cerchino di volta in volta in Parlamento il sostegno necessario. Un Governo di salvezza nazionale che potrebbe procedere facendo ampio uso del voto di fiducia, sfruttando il terrore di Pd e Pdl di un nuovo ritorno alle urne, ma che soprattutto potrebbe durare ben più di pochi mesi. Il nome è quello di Anna Maria Cancellieri, mentre, a parere di chi scrive, difficilmente Fabrizio barca accetterà di "bruciarsi" legandosi ad un progetto che si annuncia complesso e non necessariamente fruttifero.
Quinto scenario: la prorogatio ed il voto. È il modello belga, in sostanza. Una parentesi che garantisca l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica (attenzione perché il centrosinistra potrebbe avere i voti necessari ad eleggerlo "in autonomia") e riporti il Paese alle urne, anche con questa legge elettorale. Tecnicamente presenta qualche ostacolo e non è ben vista in casa democratica, eppure si tratta di uno scenario che per molti versi convince sia il centrodestra che il Movimento 5 Stelle.