Cosa succede se le agenzie di rating declassano i titoli di Stato italiani
Entro il 17 novembre le quattro principali agenzie di rating pubblicheranno le loro valutazioni sulla stabilità finanziaria dell'Italia. Il giudizio degli istituti si baserà soprattutto sulla Nota di aggiornamento al Def e sulla manovra finanziaria, che proprio questa mattina è stata approvata dal Consiglio dei ministri. A influenzare le scelte degli investitori saranno anchele modalità di implementazione del Pnrr e lo spread, che attualmente può essere un problema per il governo Meloni: dopo il picco toccato in seguito alle elezioni dell'anno scorso (più di 250 punti base), la differenza di rendimento tra i nostri titoli a lunga scadenza e quelli tedeschi si era stabilizzato intorno ai 180, per poi risalire nell'ultimo mese e arrivare ai 200 di media.
I giudizi delle agenzie di rating fanno da bussola agli investitori nel mercato dei bond: orientano chi vuole comprare i titoli in base al grado di rischio. Infatti, se gli istituti ritengono che un Paese non sia in grado di restituire i soldi (con i relativi interessi) ai creditori, gli investitori potrebbero decidere di non assumere il rischio e optare per altri bond. Quindi, nel caso in cui le agenzie di rating declassassero i Btp italiani ci potrebbe essere una fuga degli investitori, che venderebbero i propri titoli causando un ulteriore aumento dello spread.
La prima ad aggiornare i propri giudizi sarà Standard & Poor's, che attualmente classifica i nostri Btp con un Bbb con outlook stabile: per S&P significa che l'Italia è nella fascia cosiddetta investment grade, quindi un investimento relativamente sicuro, e che la qualità dei nostri bond non prospetta né declassamenti, né promozioni. Se l'agenzia decidesse di aggiornare l'outlook da stabile a negativo, nei mesi successivi potrebbe peggiorare il proprio giudizio nei confronti dell'economia italiana, di fatto portando i nostri titoli a livello di quelli speculativi, cioè quelli a maggiore rischio.
A seguire saranno poi Dbst (27 ottobre) e Fitch (10 novembre), che attualmente valutano la finanza italiana con un Bbb con outlook stabile come S&P, e per ultima Moody's (17 novembre), la quale dà un voto di Baa3 negativo ai nostri titoli, esattamente un gradino sopra quelli che vengono definiti "junk", cioè spazzatura. Infatti, se l'Italia passasse a Ba1 entrerebbe nella fascia degli "non investment grade", cioè gli investimenti sconsigliati.
L'aggiornamento delle valutazioni da parte delle agenzie di rating – come hanno già fatto sapere – terrà conto degli impegni che l'Italia prenderà per ridurre il proprio debito e stimolare la crescita economica. Le stime che il governo Meloni ha inserito nella Nadef parlano di un aumento del Pil dello 0,8% nel 2023, dell'1,2% nel 2024 e dell'1,4% nel 2025, ma le previsioni pubblicate da Bankitalia sono più contenute: +0,7% quest'anno, +0,8% il prossimo e +1,0% nel 2025.
Durante la conferenza stampa per presentare la legge di Bilancio per il prossimo anno, il ministro dell'Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha voluto tranquillizzare gli investitori: “Il nostro sistema bancario, già con gli stress test dell'Eba fatti questa estate, è tra i più solidi a livello europeo. E dopo gli interventi del governo italiano, tanto criticati, diventerà il più solido”. Ora starà alle agenzie di rating a valutare se la nostra economia garantirà una sicurezza finanziaria nei prossimi anni.