Cosa succede il 21 giugno e perché il governo Draghi è a rischio
Da qualche tempo c'è una data cerchiata in rosso sul calendario del governo e delle varie forze politiche: il 21 giugno. Si potrebbe parlare di resa dei conti, di test, di passaggio chiave, ma molto probabilmente sarà l'ennesima curva da cui l'esecutivo targato Draghi uscirà indenne o con qualche graffio. Ma c'è un però. Il 21 giugno il presidente del Consiglio tornerà in Parlamento per riferire alle Camere in vista del successivo Consiglio europeo. Questa volta, però, ci sarà un voto e il rischio è che l'occasione si trasformi in una sorta di referendum parlamentare sulla questione delle armi all'Ucraina.
Da mesi, infatti, il governo prende le sue decisioni su mandato del Parlamento, che approvò una risoluzione all'inizio di marzo. Nel tempo, soprattutto da parte del Movimento 5 Stelle e del suo presidente Giuseppe Conte, è stato criticato l'atteggiamento dell'esecutivo e chiesto di tornare in Aula per un nuovo voto sull'invio delle armi. Poi anche il leader della Lega, Matteo Salvini, ha alzato il tiro, portando avanti una linea parallela che è sfociata nel viaggio che stava organizzando a Mosca per parlare di pace, non si sa bene con quali esponenti del governo russo.
Le comunicazioni di Draghi riguarderanno ovviamente la guerra in Ucraina e la maggioranza, che comprende Lega e Movimento 5 Stelle, dovrà votare una nuova risoluzione. "Cosa faranno Lega e 5 Stelle bisogna chiederlo a Salvini e Conte – ha commentato pochi giorni fa il ministro Giorgetti – Credo che sia un passaggio rischioso ma il presidente Draghi persegue l'obiettivo della pace". Poi ha sottolineato: "Non so cosa proporrà il premier ma il Parlamento è sovrano e quindi se non la pensa come il premier bisognerà trarre le conseguenze".
Insomma, bisognerà capire come arriveranno le forze politiche all'appuntamento e con che intenzioni. Palazzo Chigi proverà a mediare già nei prossimi giorni, in modo da non arrivare impreparati al 21 giugno ed evitare colpi di scena. "Il problema non è il Pd ma la maggioranza nel suo complesso, noi abbiamo tenuto una linea concordata con il resto dell'Unione europea e credo che, qualunque sia la posizione nel Parlamento, ci debba essere una linea in continuità con l'alleanza europea – ha chiarito oggi Enrico Letta al Forum Ansa – Quella discussione in Parlamento non può che essere in continuità, a meno che il 21 giugno succeda qualcosa che cambia tutto".
Lo spettro di una crisi di governo esiste, è inutile nasconderlo, ma al momento i toni sono anche esacerbati dalla campagna elettorale in corso per le amministrative – che è solo l'assaggio di quella per le politiche del 2023 – in cui i partiti, che si trovano tutti insieme a sostenere l'esecutivo, hanno la necessità di distinguersi. Inoltre, più o meno dalla sua nascita, il governo Draghi ha vissuto a fasi alterne tensioni importanti per via dell'eterogeneità della maggioranza che lo sostiene. Che il 21 giugno possa essere un punto di svolta non c'è dubbio, ma non è detto che la profezia di Di Maio si avveri. Il ministro degli Esteri, infatti, lo ha già detto chiaramente: siamo vicinissimi a un Papeete due.