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Speciale Europa e Parlamento Ue

Cosa sta succedendo in Ue sulla nomina di Fitto e perché il voto sulla Commissione europea è slittato

Tra Ppe e socialisti si intensifica lo scontro sulla nomina di Raffaele Fitto, che per S&D sposterebbe troppo a destra la maggioranza Ursula. In Italia FdI accusa il Pd di non difendere l’interesse nazionale, rivendicando invece l’appoggio dato a Gentiloni nel 2019. Ma i dem smentiscono: “Meloni organizzava le piazze contro la sua nomina”.
A cura di Giulia Casula
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La nuova Commissione europea resta in stand-by. Tra popolari e socialisti, i due gruppi principali all'interno della maggioranza che a luglio ha dato l'ok alla presidenza di Ursula von der Leyen, è in corso un braccio di ferro in cui nessuno pare intenzionato a cedere.

La questione ruota attorno alla vicepresidenza esecutiva di Raffaele Fitto, che il gruppo di S&D ha detto chiaramente di non voler appoggiare. Il motivo è che il politico fa parte di Ecr, il gruppo dei Conservatori europei che a Bruxelles siede a destra dell'Eurocamera e che non fa parte della cosiddetta maggioranza Ursula, formata da Ppe, Renew e socialisti appunto.

L'impasse sulla nomina di Raffaele Fitto alla vicepresidenza esecutiva in Ue

Accettare la nomina di Fitto, per i S&D, significherebbe spostare a destra l'asse della coalizione europea. Ieri sera i socialisti, al termine di una riunione, hanno confermato che la linea sarà quella di appoggiare un pacchetto di soli cinque vicepresidenti e non sei, tenendo fuori quindi Fitto.

La vicepresidenza dell'italiano non pare essere negoziabile, così pure la promozione del commissario ungherese Oliver Varhelyi, che fa parte dell'estrema destra dei Patrioti Europei e le cui deleghe "devono essere riviste" a ribasso, come ha ribadito anche l'europarlamentare dem Brando Benifei. 

A innalzare il livello di tensione si è aggiunto anche lo scontro attorno alla vicepresidente socialista Teresa Ribera, contro cui si sono scagliati i popolari spagnoli per via della gestione dell'alluvione a Valencia.

Le reazioni della politica italiana

Pse e Ppe insomma, sono ai ferri corti, mentre in Italia è esploso lo scontro tra maggioranza e opposizione. Meloni ha attaccato duramente il Partito democratico, che rappresenta la delegazione più numerosa all'interno dei socialisti, accusando i dem di non difendere l'interesse nazionale. 

Cosa che invece, Fratelli d'Italia rivendica di aver fatto nel 2019 quando in ballo c'era la nomina del dem Paolo Gentiloni.  "Ricordo come se fosse oggi quando Fratelli d'Italia chiese al gruppo dell'Ecr di votare a favore del Commissario italiano", ha dichiarato ieri il ministro della Difesa Guido Crosetto. "Era Paolo Gentiloni, uno degli esponenti di maggior spicco del Pd, già ministro degli Esteri e presidente del Consiglio in diversi Governi dei quali FdI era il maggior, se non l'unico, oppositore. Ma si trattava, in quel caso, del rappresentante dell'Italia in senso alla Commissione Europea e il nostro unico obiettivo, oltre che dovere, era quello di tutelare l'Italia prima del partito e lo si poteva e doveva fare votando per lui. Non ci pensammo nemmeno un minuto. Oggi, a parti invertite, il Pd non solo non vota per Raffaele Fitto, ma chiede di non dargli un ruolo importante. Un ruolo importante per l'Italia, non per Raffaele", ha proseguito.

Dal Pd però, smentiscono, chiamando in causa un vecchio tweet con cui Meloni invitava i suoi a protestare in piazza contro la designazione di Gentiloni a commissario europeo. "Ora Meloni basta con le favolette. Nel 2019 eri contro la nomina di Gentiloni a commissario europeo e organizzavi addirittura una protesta davanti a Palazzo Chigi", ha ricordato Dario Nardella. "Oggi ci vuoi dire che bisogna votare Fitto senza sé e senza ma perché altrimenti siamo contro l’interesse nazionale. Gli Italiani sono stanchi di queste prese in giro", ha aggiunto l'europarlamentare.

Mentre le polemiche non si placano, la maggioranza Ursula sembra sempre più in bilico e probabilmente toccherà direttamente alla numero uno della Commissione Ue scendere in campo, entro il 27 novembre, data del voto, per sciogliere tutti i nodi e pacificare gli alleati.

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