Cosa sta succedendo a Bari, tutte le accuse della destra a Decaro e le risposte del sindaco
Da alcuni giorni, la polemica su Bari ha acceso il confronto politico, soprattutto dietro la spinta delle forze di centrodestra. In pochi giorni sono arrivate diverse accuse rivolte al sindaco Antonio Decaro e alla sua amministrazione, che hanno ricevuto varie risposte. I toni sono diventati talmente duri da creare anche una spaccatura in Forza Italia: alcuni degli esponenti di spicco, come Licia Ronzulli e Giorgio Mulè, hanno richiamato i compagni di partito allo spirito di garantismo lasciato in ‘eredità' da Silvio Berlusconi.
L'inchiesta dell'antimafia e la commissione per lo scioglimento del Comune
Il caso è iniziato quando, una settimana fa, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha nominato una commissione d'accesso – arrivata in città ieri – che avrà il compito di stabilire se sia necessario intervenire con lo scioglimento del Consiglio comunale di Bari per infiltrazioni mafiose. A fine febbraio, un'inchiesta della Dda ancora in corso su presunto voto di scambio aveva portato agli arresti una consigliera, Maria Carmen Lorusso, eletta nel 2019 con il centrodestra, e all'amministrazione giudiziaria per l'azienda municipalizzata dei trasporti, Amtab.
Nonostante l'indagine sia ancora aperta, il ministro ha deciso di nominare la commissione. Il sindaco Decaro ha reagito immediatamente, diffondendo la notizia e parlando di una "dichiarazione di guerra". Nei giorni successivi, il primo cittadino barese ha continuato a contestare la misura, affermando che Piantedosi ha agito solo a causa delle pressioni di alcuni parlamentari del centrodestra.
Il motivo per cui le procedure sono state così accelerate, ha sostenuto Decaro, è che la maggioranza ha un obiettivo politico: mettere in discussione il sindaco in vista delle elezioni comunali, che si terranno a giugno, per guadagnare voti. Al momento il centrosinistra non ha ancora il candidato per prendere il posto di Decaro, dato che le primarie si svolgeranno ad aprile, ma i primi sondaggi a febbraio davano comunque in forte svantaggio il centrodestra.
Le parole di Emiliano su Decaro "affidato" alla sorella del boss
Sabato, a Bari, diverse migliaia di persone sono scese in piazza per mostrare solidarietà al sindaco. In quell'occasione ha parlato anche il presidente pugliese Michele Emiliano, che però con un passaggio del suo discorso ha aperto la strada a nuove accuse.
Emiliano ha riportato un aneddoto di quando era sindaco di Bari, e Decaro suo assessore. Dopo essere stato minacciato con una pistola, Decaro ne avrebbe parlato con Emiliano, che ha raccontato: "In due andammo a casa della sorella di Antonio Capriati, che era il boss di quel quartiere, e andai a dirle che ‘questo ingegnere è assessore mio e deve lavorare, perché c’è il pericolo che qui i bambini possano essere investiti dalle macchine. Quindi, se ha bisogno di assistenza, te lo affido‘".
Quella conversazione, soprattutto con l'uso della parola "affidare", ha scatenato polemiche dal centrodestra, che ha accusato il sindaco e il presidente di avere rapporti dubbi con esponenti del mondo mafioso. Decaro ha smentito l'aneddoto, dicendo di non essere mai stato a casa della donna in questione, Lina Capriati (incensurata). La stessa Capriati ha detto che non è mai accaduto.
Oggi Emiliano è tornato sull'evento in un'intervista al Fatto quotidiano: "I miei ricordi sono puntuali, esatti. ‘Affidare?' Possiamo discutere intorno all’appropriatezza del verbo". E sulla smentita di Decaro: "È altamente probabile che non conoscesse i volti che per me erano invece familiari, come è possibile che, abitando nei bassi che danno sulla strada, io mi sia fermato a parlare con la sorella e lui sia stato chiamato da qualcuno nei paraggi".
La foto del sindaco con due donne, parenti dei Capriati
L'ultima parte delle accuse rivolte a Decaro riguarda una foto pubblicata sui social nel 2023 e ripresa da alcuni giornali. Si tratta di un'immagine che ritrae il sindaco con due donne, inizialmente descritte come "la sorella e la nipote del boss Capriati". Di nuovo, dalla maggioranza sono partiti degli attacchi, chiedendo al primo cittadino di spiegare la fotografia.
Sono poi emersi dei particolari aggiuntivi, però. Nell'immagine non c'era Lina Capriati (la sorella del racconto di Emiliano), ma Annalisa Capriati, un'altra sorella. La donna, anche lei incensurata, gestisce con la figlia un negozio in Bari Vecchia, e la foto era stata scattata in occasione della festa patronale di San Nicola. Le due hanno protestato per l'attacco mediatico, e hanno sottolineato che la famiglia è molto ampia, considerando che ci sono undici tra fratelli e sorelle del boss.
Le donne hanno detto di aver chiesto una foto al sindaco vedendolo passare in occasione della festa, e di non averlo più incontrato né prima né dopo. Lo stesso Decaro ha poi affermato che per capire chi fossero le persone nella foto ha dovuto interpellare le autorità locali e il parroco: "Abbiamo capito tutti insieme che sono due persone che diciamo sono parenti del boss Capriati, ma che non hanno nulla a che fare con il resto della famiglia".
La spaccatura in Forza Italia, Mulè: "Diamoci una calmata, non abbandoniamo il garantismo"
Negli ultimi giorni anche nel centrodestra sono emerse tensioni sulla gestione del caso. In particolare sembrano esserci divisioni all'interno di Forza Italia, dove Maurizio Gasparri è tra i più attivi critici di Decaro e altri esponenti del partito invitano invece alla calma e al garantismo.
Gasparri è tra i parlamentari che secondo Decaro avrebbe insistito con il ministro Piantedosi per la creazione di una commissione d'accesso. Nei giorni scorsi ha dichiarato che il caso è "peggio della trattativa Stato-mafia, perché la presunta trattativa si è chiusa con la sentenza della Cassazione che dimostrato che non c'era alcuna trattativa", mentre "questa vicenda di Decaro è peggiore e dimostra un contatto anomalo".
Dall'altra parte, già sabato scorso la vicepresidente del Senato Licia Ronzulli è intervenuta chiedendo un approccio più garantista: "Mi interrogo sui modi da far west, che non approvo". Poi ha specificato che non è contraria alla commissione d'inchiesta nominata da Piantedosi, ma al "metodo adottato nello sbandierare la richiesta di accesso agli atti e alcuni toni" degli esponenti del suo partito.
In un'intervista al Foglio, il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè ha ribadito: "Io non tifo ‘Gogna Italia’. Non raccogliamo le pietre che sono servite a lapidarci", e ha espresso "disagio" per l'approccio della maggioranza: "A Bari non vanno declamate le parole della Procura. Forza Italia porta sul suo corpo le cicatrici del becero giustizialismo. Diamoci una calmata. Io non ammaino la bandiera del diritto, né voglio un uso politico dell’antimafia".