Cosa sappiamo della nuova direttiva sulle case green su cui l’Ue è vicina all’accordo finale
Non ci sarà alcuna ristrutturazione obbligatoria. Il cuore della direttiva europea sulle case green è sostanzialmente saltato nei giorni scorsi, dopo una trattativa infinita tra i negoziatori di Commissione, Parlamento e Consiglio Ue. Da un lato l'esecutivo e l'Eurcamera, dall'altro i governi degli Stati membri. La mediazione finale arriverà solo a dicembre, ma c'è chi già esulta per aver "sventato l'ennesima follia green" della Commissione. Secondo le prime informazioni che filtrano dai negoziatori, in effetti, l'obbligo di migliorare la classe energetica per tutti gli edifici – con il raggiungimento della classe E entro il 2030 e della classe D entro il 2033 – è scomparso dal testo di legge.
La parola più utilizzata da chi è informato sui negoziati è "flessibilità". Traduciamo: spetterà agli Stati membri stabilire un piano di miglioramento delle classi energetiche degli edifici, pubblici e privati, con delle tappe da rispettare nel 2030 e nel 2050. L'altra grande novità, inoltre, è che i dati verranno elaborati sull'intero parco immobiliare e non sulla singola unità. Per capirci: non verrà imposto a ogni edificio di migliorare la propria classe energetica, ma – molto probabilmente – verrà definito un percorso da rispettare a livello nazionale. Un esempio potrebbe essere: entro il 2030 il 50% degli edifici in Italia deve essere almeno in classe E, entro il 2050 il 90% almeno in classe D.
Il fatto che la stragrande maggioranza degli edifici residenziali in Italia sia tra la classe energetica F e addirittura la G, in ogni caso rappresenta un problema. Con la guerra in Ucraina si è visto come l'energia sia un tema fondamentale, che deve essere affrontato con una politica nazionale ed europea. Il risparmio energetico, in questo senso, non è solo un vantaggio a livello di emissioni, ma anche di costi.
Certo era impensabile sostenere la realizzazione di un piano di riqualificazione in meno di dieci anni per milioni di edifici residenziali in Italia: sia per una questione di costi – anche con un doveroso contributo dello Stato – che per la finalizzazione effettiva dei lavori. Ma esultare per aver fatto cancellare dall'agenda un tema così cruciale – al di là della propaganda – non sembra affatto una mossa politica lungimirante.