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Covid 19

Cosa sappiamo dei 5 parlamentari che hanno chiesto il bonus Covid da 600 euro

Sono 5 i deputati che hanno richiesto il bonus Covid-19 da 600 euro, erogato dall’Inps, nonostante uno stipendio da 12mila euro al mese: si tratta di tre parlamentari della Lega, uno del Movimento 5 Stelle e uno di Italia Viva. Non sono ancora note le loro identità, nonostante le richieste di dimissioni e di restituire la cifra.
A cura di Stefano Rizzuti
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Cinque deputati. Iscritti in tre partiti diversi: tre nella Lega, uno rispettivamente nel Movimento 5 Stelle e in Italia Viva. Finiti sotto accusa per aver richiesto (e ottenuto) il bonus Inps da 600 euro previsto durante l’emergenza Covid-19 per aiutare le partite Iva e i lavoratori autonomi in difficoltà. La notizia è emersa da ormai più di 24 ore, ma dei nomi dei cinque parlamentari non c’è ancora alcuna traccia. È stata rivelata solamente la loro appartenenza ai tre gruppi politici. Questi cinque deputati hanno richiesto il bonus introdotto dai decreti Cura Italia e Rilancio nonostante uno stipendio da 12mila euro. E così hanno ricevuto i 600 euro di marzo e aprile, mentre è più difficile che siano riusciti a usufruire anche del bonus di 1.000 euro previsto a maggio, considerando che può essere ottenuto solo nel caso in cui sia possibile dimostrare un calo del fatturato.

Chi sono i 5 deputati che hanno chiesto il bonus Covid

I nomi, come detto, ancora non ci sono. Ma quello che si è scoperto nella giornata di ieri è che non ci sono solo cinque deputati a richiedere il bonus, ma anche – per esempio – un conduttore tv. E, ancora, la lista comprende ben 2.000 amministratori locali, tra assessori e consiglieri regionali, sindaci e consiglieri comunali e persino presidenti di Regione. In realtà, nel caso dei consiglieri comunali di piccole cittadine la richiesta può essere legittima (moralmente, oltre che a livello legale come lo è anche per i parlamentari): i loro stipendi si configurano solamente come un gettone a presenza, che in molti potrebbero non aver percepito durante il lockdown. In alcuni di questi casi, quindi, il bisogno potrebbe essere effettivo. Anche se sicuramente non vale lo stesso ragionamento per presidenti di Regione e assessori regionali.

La richiesta di dimissioni: è una vergogna

La conseguenza inevitabile di questo polverone è la richiesta, rivolta ai cinque parlamentari protetti dalla privacy, di autodenunciarsi. O, anche, di dare i soldi indietro e dimettersi. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, condanna duramente il loro comportamento e annuncia: “Gli italiani hanno diritto di sapere chi sono. Se serve assumiamo ogni tipo di iniziativa parlamentare”. Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, scrive sui social: “Posso dire che è una vergogna?”. La presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, lancia un’iniziativa: “Visto che l’Inps pone una questione di privacy, invito ogni parlamentare a dichiarare #Bonus Inps io no!”, in modo da trovare i responsabili per esclusione. All’attacco anche il leader della Lega, Matteo Salvini: “Chiunque siano, immediata sospensione”, afferma dopo aver parlato di una “vergogna”.

Dello stesso parere il presidente della Camera, Roberto Fico: “Questi deputati chiedano scusa e restituiscano quanto percepito. È una questione di dignità e di opportunità. Perché in quanto rappresentanti del popolo, abbiamo degli obblighi morali, al di là di quelli giuridici”. Un’idea potrebbe essere quella di convocare il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, in commissione per rivelare le identità. Intanto Andrea Ruggeri, di Forza Italia, annuncia che presenterà un’interrogazione alla ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, chiedendo di fare i nomi dei “cinque miserabili che hanno umiliato milioni di partite Iva a rischio sopravvivenza causa pandemia”.

Bonus 600 euro a 5 deputati, ancora nessun nome

Al momento nessuno dei cinque parlamentari si è fatto avanti e le loro identità sono rimaste celate. Le opposizioni, intanto, attaccano il governo ritenendo che i bonus non dovessero andare a pioggia. Dalla maggioranza, però, si risponde che era l’unica strada percorribile per erogare subito i soldi, con urgenza, a chi ne aveva davvero bisogno: effettuando le verifiche i 600 euro sarebbero arrivati tardi. Intanto l’Ufficio del Garante spiega a Repubblica perché non è possibile diffondere i nomi dei cinque parlamentari: “La diffusione di dati relativi a persone fisiche da parte dell’Inps necessita di una norma di legge o di regolamento. Restano salvi gli eventuali controlli sui beneficiari delle provvidenze da parte dei soggetti competenti e l’utilizzabilità dell’accesso documentale, esercitabile da chi ne abbia diritto”.

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