Cosa prevede il protocollo tra Italia e Albania per i centri migranti e cosa succede ora
Il Consiglio dei ministri ieri ha approvato un disegno di legge che ha lo scopo di ratificare l'accordo tra il governo italiano e quello albanese. L'obiettivo di questo protocollo d'intesa, annunciato da Giorgia Meloni e dal primo ministro di Tirana Edi Rama a inizio novembre, prevede che in Albania vengano costruiti due centri migranti per trattenere fino a 3mila persone. Le due costruzioni, così come la gestione delle persone al loro interno, ricadrebbero sotto giurisdizione italiana, e sarebbe il governo italiano a pagare tutte le spese dell'iniziativa. In sostanza, quindi, per il governo è un progetto per portare alcune persone migranti in Albania e spostare lì il ‘problema' della loro accoglienza, almeno temporaneamente.
Dopo le proteste delle opposizioni, il governo Meloni aveva deciso che l'accordo sarebbe stato sottoposto alla ratifica del Parlamento: proprio a questo serve il disegno di legge varato ieri. Così, i parlamentari potranno discutere dell'iniziativa e poi votare per approvarla. Il ddl presentato dal governo aiuta anche a spiegare per bene cosa c'è nel protocollo d'intesa tra Italia e Albania, e che effetti dovrebbe avere.
Innanzitutto, in Albania diventerà possibile svolgere le procedure accelerate di frontiera (la registrazione, la presentazione della domanda d'asilo…). Le due strutture che l'Italia costruirà a sue spese saranno una come un hotspot e l'altra come un Centro di permanenza per il rimpatrio (o Cpr). In Albania potranno essere portate le persone soccorse dalle autorità italiane, come Guardia costiera o Guardia di finanza, e non quelle salvate dalle ong che operano nel Mediterraneo. In più, c'è un aspetto cruciale: ci potranno andare solo le persone soccorse in acque internazionali. Per i salvataggi in acque italiane sarà obbligatorio portare i migranti in un centro italiano.
Ci sono poi gli aspetti tecnici. Una volta arrivate nei centri albanesi, le persone migranti avranno gli stessi diritti che avrebbero in Italia, come quello a un avvocato che segua la loro situazione. La comunicazione, però, avverrà con tutta probabilità a distanza, in videochiamata. Nei centri albanesi ci sarà un nucleo di polizia penitenziaria italiana, coordinato dalla Questura di Roma. Chi commette un reato all'interno delle strutture sarà giudicato secondo la legge italiana, a meno che non sia un reato ai danni di un cittadino dell'Albania o dello Stato albanese.
Nel suo comunicato dopo il Consiglio dei ministri, Palazzo Chigi ha evitato di sottolineare quali saranno i costi dell'accordo con l'Albania. Alcuni elementi sono già noti, e gli altri lo saranno quando il testo del ddl sarà pubblicato. Per il momento si sa che l'Italia rimborserà alcune spese al governo albanese (l'utilizzo di mezzi e personale di Tirana, i costi sanitari per i servizi non forniti dalle autorità italiane…) versando 16,5 milioni di euro all'anno, ogni anno.
In più ci saranno i costi di costruzione. Il governo Meloni si è impegnato a edificare i due centri migranti, oltre a pagare vitto, alloggio e servizi per i detenuti. Ma dovrà anche pagare il personale italiano che risiederà in Albania e quindi dovrà avere un surplus di stipendio perché si troverà in missione.