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Guerra in Ucraina

Cosa pensa il governo Meloni della controffensiva ucraina a Kursk

Sia Guido Crosetto che Antonio Tajani, rispettivamente ministri della Difesa e degli Esteri, sono intervenuti sulla controffensiva ucraina a Kursk, in territorio russo. Ecco cosa hanno detto.
A cura di Annalisa Girardi
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Il contro-attacco ucraino a Kursk non è un'invasione, ma una tattica difensiva. A dirlo è il ministro della Difesa, Guido Crosetto, parlando dell'azione militare che ha portato l'esercito ucraino oltre il confine, all'interno del territorio russo. In una lettera pubblicata sul Corriere della Sera, il co-fondatore di Fratelli d'Italia chiarisce la sua posizione sulla controffensiva di Kiev, sottolineando che non possa essere considerata come un'aggressione a sua volta: "Ho spiegato subito, di fronte a chi parlava di aggressione, che l'attacco ucraino non è un'invasione ma una tattica difensiva, un modo per allentare la tensione in Ucraina, costringere i russi a spostare i propri uomini in Russia, che si pone l'obiettivo di ottenere un maggiore equilibrio sul campo, di trovarsi più forti davanti a un futuro, auspicabile, tavolo di pace", ha scritto il ministro.

Per poi aggiungere "È stata una mossa razionale, con una logica sia di tecnica militare che di politica militare. Sulla quale ognuno di noi può avere dei propri giudizi. È difficile accettare i giudizi espressi in modo grossolano che sfociano in assurde provocazioni, maligne ricostruzioni di una Meloni che mi avrebbe chiamato per rimproverarmi". Il riferimento è ad alcune sue riflessioni, secondo cui nonostante l'azione militare a Kursk sia legittima – come ribadito nella lettera pubblicata oggi – rischi lo stesso di indebolire la causa ucraina. In un post su X alcuni giorni fa Crosetto scriveva:

Ho spiegato intanto che l’Ucraina non vuole invadere la Russia ed occuparne territori (e quindi non è paragonabile a ciò che ha fatto la Russia) ma sta adottando una tattica di difesa per obbligare la Russia a ritirare una parte di truppe dal suo territorio. Ciò premesso ho ritenuto giusto dire che, per me, l’attacco ad uno Stato sovrano, sul suo territorio, è sbagliato e condannabile in generale, chiunque lo faccia, anche in una situazione, teoricamente giustificabile, come questa. Ho aggiunto che continueremo ad aiutare l’Ucraina ed a difendere principi, valori e regole del diritto internazionale, perché non esiste altra via per contrapporsi a guerra, legge del più forte e caos. Non si deroga per nessuno, tantomeno per gli amici ai principi ed alle regole che abbiamo dichiarato di voler difendere. A Gaza come in Ucraina.

Oggi ha ribadito: "Se ho espresso un giudizio sulla tattica ucraina è perché è mio obbligo interrogarmi per chiedermi se questa scelta aiuti o indebolisca la causa ucraina. li amici, i veri amici, non dicono sempre ‘hai ragione'. E noi siamo veri amici degli ucraini". Insomma, per riassumere: secondo il ministro della Difesa, per quanto la controffensiva di Kiev sia legittima e non paragonabile a un'aggressione come quella fatta da Mosca oltre due anni fa, non è portando il conflitto dentro il territorio russo che ci si avvicinerà alla pace.

Sulla questione è intervenuto oggi anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. In un'intervista a La Stampa, rispondendo a una domanda su un eventuale disimpegno italiano dopo l'attacco nella regione di Kursk, ha tagliato corto: "Assolutamente no". Per poi spiegare: "La linea la dà il governo – spiega – E la posizione è sempre quella esposta in Parlamento: noi siamo dalla parte dell’Ucraina, che è l’aggredito, ma non siamo – né come Paese, né come Nato – in guerra contro la Russia. Mai manderemo truppe, per intenderci. Pur comprendendone le ragioni di difesa, le armi inviate dall’Italia non possono essere usate fuori dall’Ucraina".

Nella discussione sulla controffensiva ucraina il tema delle armi fornite dall'Occidente è infatti centrale, in quanto potrebbe essere causa di un allargamento del conflitto. "Ci sono accordi e protocolli scritti che accompagnano queste forniture. È previsto, anche a livello di Ue, che ogni singolo Stato possa decidere autonomamente i limiti nell’utilizzo di queste armi. Servono delle specifiche autorizzazioni a un uso diverso, che è quello che infatti sta chiedendo il presidente Volodymyr Zelensky. Gli americani, per esempio, hanno dato un loro via libera ma limitato ad alcune operazioni. L’Italia invece non permette di usarle fuori dal territorio ucraino. Ce lo dovrebbero chiedere, e lo sanno", ha spiegato Tajani.

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