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Superbonus 110, le ultime notizie

Cosa non torna nei conti del governo Meloni sul Superbonus

Da giorni il governo Meloni ripete che il Superbonus è stato smontato perché troppo oneroso per lo Stato, sostenendo che sia costato duemila euro a italiano. Ma le stime del ministro Giorgetti sono parziali, perché non tengono conto dei ritorni economici. Abbiamo provato a fare i calcoli confrontando gli studi di settore, per capire quale sia stato l’impatto reale dell’incentivo all’edilizia.
A cura di Redazione
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di Marco Billeci e Tommaso Coluzzi

Conviene o costa troppo? Va reso strutturale o cancellato contenendo i danni? Il recente intervento del governo Meloni ha riacceso il dibattito sul Superbonus edilizio. Ognuno dice la sua, tirando puntualmente fuori dal cilindro il dato parziale di cui c'è bisogno per confermare una tesi. Ad esempio, che l'incentivo sia costato duemila euro a testa per ogni italiano – come detto dal ministro Giorgetti nella conferenza stampa post decreto – non è vero. Il Tesoro stima la spesa complessiva dello Stato per tutti i bonus edilizi degli ultimi anni (e non solo quello al 110 percento) intorno ai 120 miliardi. Da qui i duemila euro a persona citati dal ministro dell'Economia: basta dividere per i 59 milioni di italiani. Un'operazione fin troppo semplice. Peccato non funzioni così: senza calcolare il ritorno economico qualsiasi misura è a perdere. Proviamo a fare i conti con degli studi di settore.

I calcoli di Nomisma e Ance

L'ultimo studio uscito, in ordine di tempo, è quello di Nomisma, che – su tutti – dà due numeri molto precisi: il costo sostenuto dallo Stato per finanziare il Superbonus fin qui è di 71,8 miliardi euro, l’impatto economico complessivo sull’economia nazionale è di 195,2 miliardi di euro. Quasi tre volte tanto. Inoltre gli economisti citano studi precedenti, secondo cui il disavanzo per lo Stato sarebbe stato colmato dall'aumento del Pil – che effettivamente in questi anni è stato da crescita record, soprattutto se rapportato al resto del mondo – e poi riassorbito a livello strutturale in quattro o cinque anni.

Non si tratta dell'unico dato da considerare: c'è l'incremento del valore degli immobili, che resta un valore assoluto. Ma soprattutto il passo verso una politica green – direzione intrapresa con forza anche dall'Unione europea – e la diminuzione delle emissioni, che tradotto significa anche risparmio energetico. Non sono parole vuote, per Nomisma si tratta di 29 miliardi di euro all'anno che restano in tasca alle famiglie. Mediamente 964 euro per chi ha usufruito del Superbonus.

Uno studio dell'Associazione nazionale costruttori edili conferma gli stessi dati e sottolinea: l'ultima stima della crescita del Pil italiano nel 2022 è del più 3,9 percento, quello cinese – per capirci – del 3,0 percento. Un terzo della crescita italiana, secondo l'Ance, è dovuta ai bonus edilizi. E non solo: lo Stato ha incassato 45 miliardi di extragettito tra gennaio e novembre dello scorso anno, con cui ha potuto sostenere la spesa energetica delle famiglie. Gli edili registrano anche la creazione di 250mila posti di lavoro nelle costruzioni negli ultimi due anni, di cui 170mila grazie ai bonus. Infine l'aspetto energetico: secondo Ance il risparmio garantito con gli interventi eseguiti in tutta Italia finora corrisponde a circa due miliardi di metri cubi di gas, ovvero i due terzi di ciò che – nel piano Cingolani dell'agosto scorso – si prevedeva avrebbe dovuto risparmiare l'Italia per rispondere all'emergenza energetica.

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I dubbi di Bankitalia

Più prudente l'analisi sull'impatto del Superbonus da parte di Banca d'Italia. Nell'audizione del 21 febbraio 2023, davanti alla commissione Finanze del Senato, i tecnici di via Nazionale hanno sì parlato di "un impatto assai significativo sul settore delle costruzioni", con un aumento degli investimenti in abitazioni, nei primi tre trimestri del 2022, pari al 40 percento rispetto al 2019 e un incremento in termini di valore aggiunto e occupazione, rispettivamente  del 27 e del 18 percento.

Gli esperti di Banca d'Italia però hanno sottolineato come solo il 50 percento degli interventi non sarebbe stato effettuato in assenza di incentivi fiscali. Un elemento che di conseguenza ridimensiona le stime sull'incidenza del Superbonus. E in ogni caso – prosegue l'analisi – "anche tenendo conto delle imposte e dei contributi sociali versati a fronte dell’aumento dell’attività del settore, gli oneri della misura per il bilancio pubblico restano comunque ingenti".

In uno studio, pubblicato nell'ottobre 2022, gli esperti di Bankitalia avevano espresso dubbi anche sulle conseguenze dell'incentivo in termini di riduzione delle emissioni. Prendendo in esame una parte delle spese sostenute per il Superbonus – ovvero i 14 miliardi stanziati dal Pnrr -, l'analisi concludeva che l'investimento si ripagherebbe, in termini di riduzioni di CO2, solo dopo il 2100. Nelle stime degli autori della ricerca, per raggiungere un equilibrio tra costi e benefici, la percentuale di sconto andrebbe ridotta al 40 percento.

Favorevoli e contrari

Tornando al lato economico, particolarmente favorevole al Superbonus è invece la ricerca condotta dal Censis. Non a caso, i numeri prodotti dall'istituto di ricerca sono quelli citati più volte negli ultimi giorni dal leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, padre della misura. Nello studio, pubblicato a novembre 2022, si valutava che i 55 miliardi investiti dallo Stato fino a quel momento avessero attivato un valore della produzione totale pari ad almeno 115 miliardi di euro, coinvolgendo 900mila unità di lavoro. Di conseguenza, il gettito fiscale prodotto ripagherebbe circa il 70 percento dei costi sostenuti dalle casse pubbliche. Va detto però che i calcoli del Censis sono stati considerati sovrastimati da diversi economisti.

Sullo stesso punto, è più cauto lo studio della Fondazione nazionale dei commercialisti, svolto sui dati del 2021. Qui si calcola un ritorno di 43,3 centesimi per ogni euro investito. Dalle tabelle conclusive della fondazione emerge che il costo netto indotto è stato di quasi 16 miliardi di euro. Parliamo di quanto ha effettivamente gravato il Superbonus sulle casse dello Stato nel 2021. Ma questo valore è semplicemente il saldo tra la spesa di oltre 28 miliardi di euro e l'effetto fiscale superiore ai 12 miliardi di euro (Iva e Irpef). Insomma: quanto è costato il bonus meno quanto ci ha guadagnato lo Stato con l'extragettito. Senza tenere conto di tutti gli altri fattori, però.

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Un'altra tabella della Fnc ci viene in soccorso: c'è un valore della produzione aggiuntivo – ovvero il totale della produzione economica generata da un’impresa – da 90 miliardi di euro, oltre a un valore aggiunto di 32 miliardi di euro.

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Tra i maggiori critici del Superbonus, troviamo invece l'ex presidente dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio, Giuseppe Pisauro. A suo giudizio, gli effetti distorsivi di un incentivo troppo generoso hanno superato i benefici e si sono rivelati insostenibili per le casse pubbliche. Tra le criticità segnalate c'è l'impennata dei costi dei lavori, perché non c'è stato incentivo per i proprietari delle case a controllare le spese, interamente rimborsate dallo Stato.

Inoltre, ha spiegato Pisauro, un mercato edilizio "dopato" dal Superbonus, ha favorito l'ingresso di aziende di ristrutturazione improvvisate e inefficienti. L'economista ha messo nel mirino anche il carattere anti-distributivo della misura, accessibile, alle stesse condizioni, da tutte le fasce della popolazione. C'è da dire però che quest'ultimo aspetto sembra accentuato dalla scelta del governo Meloni che – bloccando lo sconto in fattura e la cessione del credito – ha reso il Superbonus uno strumento utilizzabile quasi solo dai ricchi. Infine, Pisauro ha sottolineato come, di fronte a un investimento ingente, la percentuale degli immobili coinvolti nelle operazioni di ristrutturazione sia stata minima.

Su questo punto è intervenuta anche la Cgia di Mestre. Per il centro studi, il Superbonus ha interessato solo il 3,1 percento del totale degli immobili a uso abitativo, rispetto a quasi 12,2 milioni di edifici residenziali, presenti in Italia. "Questa misura ha provocato un costo in capo alla fiscalità generale spaventoso e non proporzionale al numero di edifici che sono stati efficientati”, si legge in una nota della Cgia pubblicata il 18 febbraio.

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In conclusione, possiamo dire che, per certo, il calcolo per il Superbonus di duemila euro a persona – sventolato in questi giorni dal governo – non sta in piedi, perché non considera in nessun modo i ritorni per le casse dello Stato. Più difficile valutare da che parte penda il piatto della bilancia, tra costi e benefici, poiché le analisi divergono. Rimangono alcuni punti fermi.

Da un lato il Superbonus era stato pensato come misura di emergenza, per risollevare l'economia dopo la pandemia. Dall'altro, l'efficientamento energetico degli immobili è parte fondamentale degli obiettivi della transizione ecologica, che l'Italia si è data. Anche per questo, un governo che considera gli incentivi all'edilizia green solo come un costo lascia più di un dubbio sulla visione a lungo termine per il futuro del Paese.

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