“Com'è evidente a tutti, non c'è alcuna possibilità di formare un governo nato da una maggioranza di tipo politico e sin dall'inizio ho escluso la possibilità di dar vita a un governo di minoranza perché condurrebbe inevitabilmente a nuove elezioni”. Con queste parole il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha preso atto del fallimento di tutti i tentativi di dare al Paese un governo politico, che fosse il risultato di un compromesso fra le principali forze politiche. Il Capo dello Stato ha constatato l’impossibilità di dar vita a un governo fra centrodestra e Movimento 5 Stelle, fra questi ultimi e il PD e ha spiegato di non ritenere possibile, perché sempre escluso dai dirigenti dei due gruppi, un’alleanza fra centrodestra e Partito Democratico. Dunque, che fare?
Questa mattina Salvini gli ha chiesto l’incarico per poi “cercare in Parlamento” i seggi mancanti. Un governo di minoranza, insomma, cui Mattarella ha detto di no. Le strade residue sono dunque due: o il voto subito, oppure un esecutivo “ponte”. Il Capo dello Stato auspica che si riesca a realizzare questa seconda opzione, anche perché ritiene che l’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni sia giunto al capolinea e il Paese necessiti di un governo nella pienezza delle sue funzioni, per far fronte a importanti scadenze europee (il vertice di giugno, in cui si discuterà anche della ripartizione dei richiedenti asilo) e finanziarie (la legge di bilancio, che dovrebbe impedire l’aumento dell’IVA al 25%). Il nuovo governo avrebbe un tempo limitato e, sbrigate queste incombenze, si dovrebbe dimettere entro dicembre, in modo da riportare gli italiani alle urne nel febbraio del 2019. Elezioni che ci sarebbero solo se, nel frattempo, non nascesse una nuova maggioranza politica, frutto di intese fra i partiti, che dunque consentissero la formazione di un nuovo governo.
Dunque, ricapitolando: il Capo dello Stato darà un mandato pieno a una figura “tecnica” o “semi – istituzionale”, una personalità di grande rilievo, che dovrebbe accettare l’incarico e procedere alla formazione del nuovo governo. Le personalità che andrebbero a comporre il nuovo esecutivo dovrebbero essere “di garanzia” e si impegnerebbero formalmente a non candidarsi alle prossime elezioni politiche. Questo esecutivo si recherebbe alle Camere per chiedere la fiducia: in tal senso, Mattarella fa appello allo spirito di responsabilità dei partiti, chiamati a permettere l’avvio della legislatura e poi sostenere di volta in volta le proposte in Parlamento.
Cosa accadrebbe nel caso in cui questo governo non ottenesse la fiducia in Parlamento? L’alternativa, spiega Mattarella, è il voto in piena estate, a questo punto alla fine di luglio, oppure nelle prime settimane di settembre. Nel frattempo, per prassi istituzionale, in carica per gli affari correnti resterebbe il governo cui non è stata concessa la fiducia. Non Gentiloni, dunque, ma il Presidente del Consiglio nominato da Mattarella, si troverebbe a gestire la delicatissima fase di avvicinamento al voto, senza una maggioranza a sorreggerlo.
Ora la palla passa ai partiti.