Dopo un lunghissimo Consiglio dei ministri, il governo ha varato il piano di emergenza per far fronte all'epidemia da Coronavirus che ha colpito il nostro Paese. Un evento eccezionale, cui l'esecutivo intende replicare con misure drastiche, secondo una logica prudenziale che è caldeggiata da alcuni dei più importanti esperti della materia. La decisione è giunta dopo un confronto allargato alle opposizioni e alle due Regioni maggiormente coinvolte, Veneto e Lombardia: una scelta che riflette la gravità del momento, ma anche la necessità di evitare polemiche e strumentalizzazioni, come chiesto anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
In sintesi, il governo ha disposto una sorta di isolamento totale delle aree-focolaio e impedirà ai cittadini interessati dal provvedimento di lasciare i propri Comuni. Le aree saranno isolate e non sarà permesso di entrarvi, per un periodo ancora non specificato. In dieci Comuni del lodigiano e uno del Veneto, saranno sospese tutte le attività lavorative, annullate le manifestazioni sportive e culturali, chiuse le scuole e gli uffici pubblici. Il piano sarà attuato con l'aiuto delle forze di Polizia, ma anche con il ricorso alle Forze Armate, sperando che non si verifichino altri casi come quello di queste ore, con una famiglia che ha lasciato spontaneamente la quarantena per tornare in Campania.
Resta poi il blocco dei voli da e per la Cina, diventa un obbligo la quarantena di chi è recentemente tornato dalla Cina (come a Prato, dove la misura passa da "volontaria" a "obbligatoria") e i ministri Spadafora e Azzolina hanno ottenuto la possibilità di bloccare, rispettivamente, le manifestazioni sportive e le gite scolastiche. Non solo, perché lo schema di decreto dà ai ministri competenti, di concerto con il Presidente del Consiglio, la possibilità di attivare, ove necessario, ulteriori misure di contenimento:
- blocco dei trasporti;
- divieto di accesso ai musei;
- sospensione delle attività lavorative;
- chiusura di tutte le attività commerciali;
- sospensione dei concorsi;
- chiusura di tutte le scuole, di ogni ordine e grado.
Uno sforzo imponente, che per ora sembra essere sostenuto ai più alti livelli istituzionali e politici. E, si spera, non seguito da polemiche e strumentalizzazioni di basso livello.
Il clima, tuttavia, non è affatto sereno e la preoccupazione è tanta. Tutto ruota intorno al fatto che, dopo due giorni di tentativi, ancora non si sia riuscito a capire da dove sia partito il contagio. O meglio, i contagi. Mancano all'appello i due "pazienti zero" e, nel caso di Codogno, ci sono parecchi tasselli che mancano per il completamento del puzzle (come ha confermato il viceministro Sileri, in queste ore si è perso sostanzialmente tempo con il "manager di ritorno dalla Cina", né contagiato né infetto). La sensazione è che il Paese potrebbe essere più esposto di quanto non sia emerso finora e il timore è che le strutture organizzative e sanitarie possano non reggere a una pressione molto elevata. Conte e Speranza in conferenza stampa hanno rivendicato di aver messo fin da subito in campo strumenti eccezionali ("fra i più rigidi al mondo"), ma sostanzialmente non sono stati in grado di spiegare come mai l'Italia sia teatro di una così eclatante ondata di contagi, ipotizzando solo che l'elevato numero di controlli possa aver prodotto più riscontri positivi. L'unica decisione chiara e netta, per ora, è su Schengen: nessuna possibilità, al momento, di sospendere la libera circolazione, visto che si tratterebbe di una scelta sproporzionata rispetto ai dati in possesso e con conseguenze economiche non sostenibili.
Con questo tentativo, il governo prova a fare quadrato e a chiedere al Paese uno sforzo straordinario, nel segno dell'unità e della determinazione a fare piccoli ma necessari sacrifici. Sperando sia sufficiente.