Ci sono pochi dubbi sul fatto che, ancora una volta, il Presidente del Consiglio sia riuscito ad imporre a media ed opinione pubblica la sua “narrazione” dei fatti: l’immagine di tecnici e ministri che “scovano tra le pieghe del Def” un tesoretto (anche se lui insiste a chiamarlo bonus) di 1,6 miliardi di euro, per quanto irrealistica, è stata infatti lo spot migliore per il varo definitivo del Documento di Economia e Finanza, provvedimento cruciale per la politica economica dell’esecutivo. Così, l’annuncio che in soli tre giorni, dalla presentazione della prima bozza del martedì al varo definitivo del mercoledì, si sia riusciti a recuperare risorse consistenti, invece che essere accompagnato da scetticismo e disillusione, è stato applaudito a scena aperta dalla maggioranza e “metabolizzato” anche dalle opposizioni. Che, anzi, si stanno praticamente azzuffando sulla destinazione finale del tesoretto.
Insomma, una ulteriore dimostrazione della capacità del Presidente del Consiglio di “scegliere” come e dove indirizzare la discussione: non sulle incongruenze del Def, non sulle fallaci previsioni degli anni scorsi, non sulla distanza fra le dichiarazioni (“tagliate le tasse per 18 miliardi di euro) e i numeri, non sulla ripresa che (ancora) non c’è e sull’occupazione che ristagna, ma sul “tesoretto” o bonus che dir si voglia.
Così è partito il trenino delle proposte, cui si sono accodati un po’ tutti. Matteo Salvini, pur dicendosi piuttosto scettico sull’esistenza di tali risorse, propone di “destinarli alle vittime della Legge Fornero, esodati, disoccupati o mancati pensionati”, oppure alla cancellazione dell’Imu agricola (su cui peraltro non sono esclusi interventi, probabilmente quando si imposterà la legge di stabilità). Sinistra Ecologia e Libertà pensa alla sperimentazione del reddito di cittadinanza “come chiedono movimenti e associazioni”, nonostante si parli di cifre ancora molto basse (ricordiamo che la proposta di reddito di cittadinanza, che poi è un reddito minimo garantito, del Movimento 5 Stelle vale tra i 17 ed i 20 miliardi di euro l’anno). Forza Italia parla di “abbassare tasse a famiglie ed imprese”, spingendo magari su “eliminazione dell’Imu agricola e di quella sui macchinari, l’abbassamento dell’Iva sul pellet aumentata a dismisura, dalle accise sulle bevande” (Palese).
La minoranza del PD parla di estendere il bonus degli 80 euro ai pensionati (misura molto cara allo Spi, componente maggioritaria del Sindacato), o in ogni caso di pensare ad introdurre “un criterio di flessibilità nel sistema previdenziale” (Damiano). La Cgil parla di “investimenti per la creazione di nuovi posti di lavoro”. Il Codacons chiede aiuti alle famiglie, ma anche alle stesse associazioni a difesa dei consumatori “che a causa dei provvedimenti adottati da Tremonti prima e dal governo Renzi poi, hanno subito lo scippo dei fondi provenienti dalle multe dell'Antitrust, vedendo così ridotta la propria capacità di intervento”.
Renzi e Padoan per il momento prendono tempo, come da copione. In attesa di "vedere le carte", però, c'è più di un indizio sulla destinazione delle risorse o almeno sulle prossime mosse dell'esecutivo. Prima di tutto, appare assai arduo pensare ad interventi "frammentari", considerando che l'effetto "dispersione delle risorse" comporterebbe anche una diminuzione dell'impatto "comunicativo" della misura e anche un aumento del tasso di litigiosità interno, con ministri e capicorrente a litigare magari per un singolo intervento: un "rischio" che difficilmente Renzi accetterà di correre, soprattutto a poche settimane dalle elezioni regionali. Difficile pensare anche a nuovi interventi nel settore della tassazione degli immobili (come pure chiede Ncd), perché di confusione sul tema ce n'è fin troppa e il Governo pensa sempre ad una riforma "organica" che spazzi via interventi estemporanei.
In più ci sono le parole di Padoan, non casuali: "La logica di un intervento contro le povertà sarebbe la stessa che ci ha portato a introdurre il bonus degli ottanta euro. L'evidenza empirica dice che dove la distribuzione della ricchezza è più equa, anche la crescita è migliore". Insomma, la logica che ha portato agli 80 euro guiderà anche la scelta dell'assegnazione del bonus. Come? Difficile che la misura riguardi gli incapienti, perché le risorse sono oggettivamente poche rispetto alla vastità della platea e alla necessità di un aiuto "sostanziale" alle famiglie in difficoltà (anche se sul contrasto alla povertà il Governo sa di aver fatto poco…). Più probabile che la somma sia destinata all'allargamento del bonus ai pensionati, come primo passaggio di quel "piano contro la povertà" annunciato qualche settimana fa dal ministro Poletti e per ora rimasto lettera morta. "Estendere il bonus a pensionati e indigenti è un tema su cui si è ragionato. Avendo le risorse, io lo farei senza esitare", disse Poletti. Ecco, parte di quelle risorse ora c'è. O almeno, dovrebbe esserci.