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Guerra in Ucraina

Cosa dice la mozione sulla guerra in Ucraina che il Pd presenterà in Parlamento

In un’intervista a Fanpage.it il senatore Enrico Borghi anticipa il contenuto della mozione che il Pd depositerà in Parlamento, per chiedere al governo di riferire in Aula sull’orientamento che intende seguire rispetto alla guerra in Ucraina.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il Partito Democratico intende presentare una mozione, per chiedere al governo di riferire in Parlamento sulla posizione che l'Italia intende assumere nel conflitto in Ucraina. Due giorni fa il Movimento Cinque Stelle ha depositato una differente mozione, che verrà discussa in Aula il prossimo 29 novembre.

In quel testo il M5s chiede di "illustrare preventivamente alle Aule parlamentari l’indirizzo politico da assumere in occasione di consessi di carattere internazionale riguardanti il conflitto Russia – Ucraina, compreso quello concernente l'eventuale invio di forniture militari", che sarebbe il sesto invio da parte dell'Italia. Inoltre chiede di rafforzare gli sforzi diplomatici per raggiungere un immediato cessate il fuoco e l'avvio di negoziati di pace. Cosa chiede invece il Pd?

Il testo ancora non c'è, verrà messo nero su bianco in una riunione lunedì. Ma il senatore e responsabile Sicurezza del Pd Enrico Borghi anticipa a Fanpage.it i punti principali della mozione che i dem presenteranno. La base di partenza per un cessate il fuoco e per una conferenza di pace è innanzitutto il riconoscimento degli attori in campo: c'è un invasore, la Russia, e c'è uno Stato che l'ha subita, l'Ucraina. "Da quanto il governo si è insediato – osserva Borghi – non c'è mai stato un momento di confronto e dialogo tra i nuovi gruppi parlamentari su questi temi. Non vi è stato alcun atto di indirizzo del Parlamento nei confronti dell'esecutivo, ed essendo la nostra una Repubblica parlamentare non è una banalità".

"Siamo all'inizio della legislatura, visto che è cambiato il governo appare naturale e scontato dal punto di vista sostanziale, oltre che formale, che il nuovo esecutivo riferisca alle Camere sul proprio orientamento in materia – dice Borghi a Fanpage.it – In secondo luogo bisogna fare un ragionamento che parta dalla testa e non dalla coda. Ridurre la discussione al concetto ‘armi sì armi no', trasformando quindi il confronto parlamentare in una sorta di derby tra chi è favorevole e chi è contrario, è un'operazione che non consente di cogliere la portata effettiva della situazione. Non possiamo ridurre una questione di questa natura a uno scontro tra tifoserie".

"La nostra opinione è che si debba fare una sessione parlamentare dedicata alla collocazione internazionale dell'Italia, nella quale tutti i partiti dicano qual è il loro giudizio circa il ruolo dell'Italia in questo contesto, che è duplice. Perché ci sono gli effetti della guerra in Ucraina sul nostro Paese, ma non si può non tenere conto della vicenda del Mediterraneo e del rapporto con l'Africa, che per molti aspetti è una faccia della stessa medaglia. Pensiamo ad esempio al ruolo della Russia nella colonizzazione o nella subordinazione di pezzi interi di Continente africano, dai quali partono flussi migratori verso l'Italia. La riflessione dunque deve essere a 360 gradi e il momento indicato per farlo è questo perché siamo all'inizio della legislatura".

C'è poi un ulteriore elemento, ci dice ancora Borghi, che è dato dalle conclusioni del G20 di Bali. "Ci sono stati tre passaggi istituzionalmente rilevanti. Il primo è la dichiarazione di quasi tutti i Paesi di condanna dell'invasione russa, un fatto politicamente rilevante, perché alcuni di questi Paesi in sede Onu avevano assunto posizioni diverse, più attendiste. Dato che la costruzione della pace è un processo in cui bisogna sempre mettere un passo dietro l'altro, qui c'è stato un passo avanti". sottolinea Borghi.

"Il secondo punto è il disgelo, la prova di dialogo fra Stati Uniti e Cina, suggellata nell'incontro tra Biden e Xi Jinping, che è un altro fattore di novità. Il terzo elemento istituzionalmente significativo è stato il bilaterale tra Biden e Giorgia Meloni. Questi tre eventi di per sé giustificano ampiamente che il governo venga in Parlamento a riferire, e giustificano ampiamente che vi sia un dibattito tra le forze parlamentari, dal quale si desuma un indirizzo".

"Accanto a questo – aggiunge Borghi – c'è un altro elemento importante, che è l'incontro che c'è stato la scorsa settimana ad Ankara tra il direttore della Cia e il suo omologo russo, che è stato reso pubblico. Russi e americani, sotto l'egida turca, stanno dicendo che dialogano. Questo comporta l'esigenza di avere il più rapidamente possibile il Copasir funzionante. In quella sede poi, i vertici dell'intelligence italiana devono venire a riferire sui contenuti e le implicazioni di tutte queste attività".

Per Borghi quindi bisogna fare un doppio passaggio: un dibattito parlamentare sulla collocazione internazionale, da cui discende la decisione sul sostegno militare in Ucraina, e un'operazione di chiarificazione rispetto a quanto sta avvenendo nel dialogo russo-americano.

Rispetto alla mozione del M5s Borghi ribadisce che il Pd presenterà la sua proposta, e poi in sede parlamentare si confronterà con tutte le altre forze, di opposizione e maggioranza, e con il governo: "Gli elementi che non saranno pregiudizialmente contrastanti con le nostre finalità troveranno il nostro supporto. Ma non saremo subalterni a nessuno".

L'Italia invierà nuove armi all'Ucraina?

La questione del sesto decreto per l'invio di nuove armi in Ucraina è ancora aperta. Se infatti lo scorso 4 novembre il ministro della Difesa Crosetto annunciava un imminente invio, dicendo che "Se non cambierà la situazione in Ucraina ci sarà un sesto decreto per un nuovo invio di aiuti militari", oggi la sua posizione sembra leggermente ammorbidita: "L'autorizzazione agli invii di armi – ricorda Crosetto – scade nel 2022 e va prorogata nel 2023. La linea da seguire per un eventuale sesto invio di armi la deciderà il governo, non io da solo", assicurando comunque che si passerà prima dal Parlamento.

"A maggior ragione, se prendiamo per buone queste ultime dichiarazioni di Crosetto, serve una sessione parlamentare, perché così si può fare un ragionamento più approfondito e più ampio, dal quale poi desumere una prospettiva su un eventuale nuovo invio", commenta Borghi. "Diversamente si rischia di comprimere la discussione".

La guerra in Ucraina è in una fase nuova?

Questa mattina il consigliere presidenziale ucraino Mykhail Podoplyak ha detto che "La guerra con la Russia può finire anche prima della liberazione totale dei territori ucraini occupati". Che peso bisogna dare a queste parole?

"Dal punto di vista tattico militare – spiega Borghi – c'è stata la liberazione di Kherson, che psicologicamente e strategicamente è un passaggio fondamentale. Poi stiamo entrando in inverno e quindi anche le condizioni logistiche rendono più difficoltosa l'attività sul terreno, e può essere il tempo in cui la comunità internazionale interviene sui fattori nuovi".

"Non sottovalutiamo il fatto che Zelensky, nel messaggio inviato al G20 ha posto i termini di un negoziato. È la prima volta che questo elemento viene introdotto nella discussione, al di là del merito. È importante sottolineare il fatto che l'Ucraina ha aperto a un negoziato. La risposta a questo sono stati i 90 missili su Kiev e sull'Ucraina da parte della Russia, il giorno dopo, a G20 in corso. Dunque la situazione è ancora molto complessa. Ma la pace è appunto un processo, bisogna cogliere anche gli elementi di piccola dimensione che vanno in questa direzione. Tutto questo, insieme alla frase del consigliere presidenziale ucraino, dimostra che si sta iniziando ad aprire una possibilità per la fine delle ostilità".

Secondo l'ex presidente russo Medvedev le elezioni di Midterm hanno dato forza ai repubblicani, e questo porterà il Congresso Usa a sospendere il sostegno all'Ucraina. Borghi però non la vede così: "Le elezioni di Midterm sono state, nell'ordine, la sconfitta di Trump, la vittoria di Biden al Senato e la vittoria, in modo risicato, dei repubblicani alla Camera. Questi tre elementi ci fanno ritenere che la postura degli Stati Uniti non cambierà".

La crisi con la Francia è rientrata dopo la vicenda della Ocean Viking?

Il Partito democratico è preoccupato da quello che Borghi definisce la "polacchizzazione" dell'Italia: "Sembra uno Stato fortemente proattivo su scala Nato e fortemente critico con i propri partner europei. Per noi il tema della Nato e dell'Unione europea è complementare. I primi passi compiuti dal governo, l'aver incrinato da subito i buoni rapporti cin Parigi e con Berlino, non sono stati una buona mossa. Rischiamo l'isolamento. La discussione in sede parlamentare è anche un modo per evitare la ‘polacchizzazione' italiana. L'Italia, per storia, natura e interessi, deve stare nel vertice dei Paesi europei. L'immagine della nostra politica estera è il treno per Kiev, con Mario Draghi insieme a Macron e Scholz. E noi riteniamo che il Parlamento debba dare questo tipo di indirizzo al governo".

Sulla vicenda della Ocean Viking "il governo italiano ha rimediato una brutta figura. La politica estera è fatta di credibilità, affidabilità e di responsabilità istituzionali. Hanno provato a buttar giù una porta con uno spintone, si sono slogati la spalla. La posizione francese sui migranti non è cambiata di un millimetro. L'Italia ha dovuto digerire il rimprovero dell'Unione europea, circa il fatto che non esiste una diversa interpretazione della natura delle navi, non c'è distinzione tra navi ong e altre imbarcazioni: quando c'è un'attività di soccorso in mare tutte le navi devono essere considerate alla stessa stregua e quindi i naufraghi devono essere sbarcati tutti".

Secondo Borghi nella gestione del caso della nave di Sos Mediterranee Meloni non si è comportata da capo del governo, "ma da capo di Fdi, e ha avuto paura di essere scavalcata a destra da Matteo Salvini, il quale del tutto impropriamente ha fatto un attacco via social alla Francia", dando avvio allo scontro con Parigi.

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