Cosa dice il voto dei fuori sede alle Europee: Fratelli d’Italia prende il 3% e Avs il 40%
La sperimentazione del voto per i fuori sede ha mosso i primi difficili passi: sono stati solo 23mila gli studenti a iscriversi in tempo e ancor meno quelli che poi effettivamente hanno deciso di usufruire della possibilità di votare lontani dal proprio Comune di residenza (poco più di 17mila). Pochi, considerando che si tratta a mala pena del 4% del totale: in Italia gli studenti fuori sede sono 591mila.
Ma questa sperimentazione, nonostante tutte le difficoltà, ha portato a delle sorprese nella notte: su 17mila voti, il 40% è andato ad Alleanza Verdi-Sinistra. Una lista che al livello nazionale può contare sul 6,7% dei voti, e già questo è un risultato superiore alle aspettative. Fratelli d’Italia ha sfiorato il 30% in tutta Italia: tra i fuori sede ha poco più del 3%. La Lega non arriva a cento voti.
Clima, green influencers e Ilaria Salis: ecco perché i fuori sede hanno votato Avs
Non c’è da stupirsi, però: "Si tratta di studenti, e i giovani sono più attenti alla questione climatica – ha spiegato a Fanpage.it Fabio Rotondo di The Good Lobby, l’associazione che si è battuta per anni per il vuoto fuorisede e che ne ha ottenuto la sperimentazione per queste europee – Hanno premiato il partito che più parla di clima". E non si è trattato solo di temi, hanno contato anche le candidature: "Giovanni Mori è un green influencer molto conosciuto, proveniente dall’esperienza dei Fridays For Future, lo stesso vale per Benedetta Scuderi – ha spiegato Rotondo – E poi c’è Ilaria Salis, che è stata votata in massa nelle circoscrizioni in cui era candidata". Una delle due circoscrizioni erano le Isole (da cui provengono molti fuori sede) per le origini sarde dell’insegnante detenuta a Budapest.
Burocrazia e ostruzionismo del Viminale: perché così pochi fuori sede hanno usato la sperimentazione
"C’erano i 3.700 Comuni al voto che ovviamente influiscono – ha commentato Rotondo – La sperimentazione del voto fuori sede valeva solo per le europee, molti sono dovuti comunque tornare a casa a votare". Ma non si è trattato solo di una questione logistica: molti studenti non sapevano neanche ci fosse questa possibilità, aperta a metà aprile e scaduta ai primi di maggio. "Da parte del ministero c'è stata scarsa informazione. Ho girato tutta Italia nelle università per convincere i ragazzi e spiegar loro come funzionasse il voto fuori sede, ma molti non sapevano nulla, non avevano neanche ricevuto la comunicazione che gli atenei avrebbero dovuto inviare – ha continuato l’attivista di Good Lobby – E molti non avevano la tessera elettorale, che avevano lasciato nel proprio comune di residenza. Quindi magari si sono iscritti ma non hanno potuto votare. Avevamo sollecitato il ministro Piantedosi su questo punto, chiamandolo tutti i giorni: ha detto che avrebbe preso in considerazione la possibilità di far votare i ragazzi anche senza tessera, ma alla fine non ha fatto nulla".
Alcuni presidenti di seggio hanno "disobbedito", altri no: "So che per studenti del Politecnico di Milano ci sono stati presidenti di seggio che hanno accettato lo stesso i fuori sede senza tessera elettorale – ha raccontato Rotondo – Ma ho ricevuto testimonianze, per esempio, da Venezia Mestre, dove hanno rimandato indietro gli studenti che non avevano la tessera. Regnava la paranoia che i fuori sede potessero votare più volte, ma non potevano, perché sull’attestazione erano segnati seggio e indirizzi, ed erano presenti sui registri: se avessero provato a votare altrove li avrebbero rispediti indietro". La burocrazia ha messo ostacoli su ostacoli, ma il voto dei fuori sede, seppur marginale, alla fine c'è stato. E ha portato a risultati sorprendenti.