Cosa dice il Piano strutturale di bilancio del governo Meloni, perché è importante e cosa succede ora
Il Consiglio dei ministri che si è riunito oggi ha discusso anche del Piano strutturale di bilancio, il documento che il governo Meloni dovrà consegnare all'Unione europea per chiarire il suo programma economico nei prossimi sette anni. Il Psb contiene la linea dell'esecutivo sulle questioni strettamente economiche (il debito, il deficit e la spesa pubblica), ma anche i suoi impegni su una serie di settori, dagli stipendi alla sanità.
Dato che dal prossimo anno scatteranno le nuove regole europee sui bilanci degli Stati, e che l'Italia ha un deficit (cioè il debito accumulato in un anno) troppo alto rispetto al Pil, il governo Meloni si trova adesso a gestire una procedura d'infrazione per deficit eccessivo da parte dell'Ue. Proprio per questo, il Piano strutturale si è reso necessario: l'Italia deve dimostrare che ha un programma per ritornare in regola.
Il testo avrebbe dovuto essere mandato alla Commissione europea entro il 20 settembre, ma non si trattava di una scadenza stringente. Il governo perciò ha aspettato che l'Istat aggiornasse alcuni dati, e poi ha stilato una versione completa del Piano. Il testo sarà consegnato oggi pomeriggio al Parlamento, e arriverà in Aula l'8 ottobre per la discussione. Dopodiché, una volta arrivata l'approvazione delle Camere, l'esecutivo potrà inviarlo a Bruxelles.
Il ministero dell'Economia ha fatto sapere che il ministro Giorgetti ha presentato il Piano al Consiglio dei ministri, e che al suo interno "si conferma il sostegno al potere d'acquisto delle retribuzioni" e anche e "l'impegno all'attuazione della legge delega di riforma del fisco". Parlando di numeri, invece, si prevede che nei prossimi sette anni la spesa primaria netta (un nuovo dato che la Commissione europea sorveglierà per controllare che i bilanci restino in ordine) aumenterà di circa l'1,5% all'anno, come richiesto dalle regole Ue.
Il Piano, ha detto il Mef, "si ispira a una linea seria, prudente e responsabile, coerentemente con l'azione che il governo porta avanti fin dall'inizio". Questo significherà anche ridurre il deficit, cioè quanto lo Stato si indebita in un singolo anno. Questo varrà il 3,8% del Pil quest'anno, poi scenderà 3,3% nel 2025 e al 2,8% nel 2026. Per uscire dalla procedura d'infrazione, l'Italia deve restare stabilmente sotto il 3%.
In questo periodo, il governo dovrà tagliare la spesa pubblica di circa 11-12 miliardi di euro all'anno. Non è ancora chiaro come lo farà mantenendo anche le sue promesse elettorali, ma è ciò che viene richiesto dalle regole europee (approvate anche dal governo Meloni). Nel frattempo, dovrà scendere anche il debito pubblico: oggi vale il 134,8% del Pil, e oltre un punto è dovuto ai bonus edilizi come il Superbonus.
Il debito pubblico continuerà salire leggermente (in proporzione al Pil) nei prossimi due anni proprio in conseguenza del Superbonus, secondo le stime del ministero: "L'andamento del rapporto tra debito e Pil nei prossimi anni continuerà a essere fortemente condizionato dall'impatto sul fabbisogno di cassa delle compensazioni d'imposta legate ai Superbonus edilizi. Invece "dal 2027 inizierà un percorso di discesa". A quel punto, il compito sarà di tagliarlo di un punto percentuale all'anno, anche dopo essere usciti dalla procedura per deficit eccessivo.