Cosa ci sarà nella Manovra 2025, gli impegni del governo Meloni su stipendi e sanità
Il taglio del cuneo fiscale sarà non solo confermato di anno in anno, ma reso strutturale – ovvero stabile, senza bisogno di continui rinnovi e sempre a rischio di sparire. Lo stesso succederà con la riforma dell'Irpef. Nel frattempo, la spesa sanitaria non scenderà mai sotto una certa soglia e gli stipendi pubblici continueranno a crescere al ritmo dell'inflazione. Sono questi i principali impegni che il governo Meloni intende prendersi non solo nella legge di bilancio per il 2025, ma per i prossimi anni.
Questa è la linea che seguirà il Piano strutturale di bilancio, secondo fonti di Palazzo Chigi. Il Psb è il documento che il governo deve presentare all'Unione europea perché ha un deficit troppo alto, e quindi si trova nel mezzo di una procedura d'infrazione. In sostanza, visto che i bilanci italiani non rispettano i paletti messi dal nuovo regolamento Ue sui conti pubblici, con il Piano strutturale il governo deve spiegare cosa intende fare nei prossimi sette anni per correggere la situazione.
Il Piano è già stato presentato in Consiglio dei ministri, e dopo l'intervento dell'Istat sul Pil sarà integrato con i numeri più aggiornati. Il testo sarà poi presentato al Parlamento dopo il prossimo Cdm. Ciò che già si sa, stando a fonti di governo, è che sono soprattutto quattro le aree su cui si concentreranno le riforme: la giustizia, la Pubblica amministrazione (con un taglio delle spese), le imprese e il fisco.
Ma soprattutto, l'esecutivo ha detto quali sono le sue priorità sul piano economico. Si parla innanzitutto di rendere strutturali il taglio del cuneo fiscale e la riforma dell'Irpef. Questo sarebbe un passaggio importante, perché finora queste due misure sono state prorogate solo per un anno. Entrambe scadranno a fine 2024, e il governo dovrà trovare circa 15 miliardi di euro per rinnovarle solo per il 2025.
Renderle strutturali significherebbe, invece, trovare i soldi per garantire che queste restino in vigore ogni anno, senza bisogno di rinnovi (e quindi senza rischi che spariscano se il governo di turno non trova i miliardi necessari). Non è chiaro, però, se l'intenzione è di rendere questi due interventi strutturali già da quest'anno, o se sia un obiettivo di lungo termine.
Sempre per quanto riguarda gli stipendi, nel Psb si prevederebbe di farli salire – nel settore pubblico – in linea con l'inflazione, quindi circa del 2% all'anno. Una previsione che però sembrerebbe non tenere conto del fatto che negli ultimi anni, quando l'inflazione ha toccato picchi dell'11%, il potere d'acquisto di molti lavoratori è calato decisamente. Dunque, tornare ad aumenti che seguano l'andamento dei prezzi ora sembrerebbe significare che non si intende recuperare quel potere d'acquisto perduto.
Infine, un altro tema su cui l'esecutivo ha detto di volersi impegnare è la sanità. Qui, va detto, l'intenzione dichiarata non è molto ambiziosa: si parla infatti di tenere la spesa sanitaria sopra l'1,5% del Pil in media per i prossimi sette anni. Considerando che la richiesta di molti nel settore è di arrivare al 7% del Pil di spesa sanitaria, il fatto che il governo si limiti a dire che non scenderà sotto una certa soglia (piuttosto bassa) e non parli di aumenti potrebbe non soddisfare i critici.
Un aspetto da considerare è che restano diversi ambiti che il governo non ha inserito in questo elenco informale di impegni. E che quindi, evidentemente, non sono considerati una priorità allo stesso modo. Tra questi, ad esempio, spicca il tema delle pensioni, che le fonti di Palazzo Chigi non hanno mai citato.