Cosa ci dice la vittoria di Marsilio in Abruzzo sugli equilibri politici nazionali: l’analisi del voto
Il voto alle elezioni regionali in Abruzzo è il secondo importante appuntamento elettorale in un anno costellato di appuntamenti alle urne. Abbiamo cercato di analizzare i risultati – che hanno portato alla riconferma di Marco Marsilio, storico esponente di Fratelli d'Italia – per capire che impatto hanno avuto sullo scenario politico nazionale e che cosa ci dicono degli equilibri interni tra le coalizioni: lo abbiamo fatto insieme a Gian Piero Travini, analista di Piave Digital Agency,
La vittoria del centrodestra in Abruzzo era prevista dai sondaggi o è stata una sorpresa?
Era prevista dai sondaggi pre-elettorali, con un margine anche maggiore. Chi parlava di “testa a testa” si è lasciato travolgere dal possibile ‘effetto Sardegna’, che però non c’è stato: troppo diversi i tessuti sociali delle due Regioni.
Il cosiddetto effetto Sardegna – anche se non ha portato alla vittoria – si è comunque visto?
Quello che alcuni nel centrosinistra non hanno forse compreso dell’effetto Sardegna è che non si tratta di intercettare un “trend” – una malattia che ha colpito soprattutto il PD dal post Papeete in poi, pensando che bastassero delle card sui social a creare consenso imitando Salvini -, ma di costruire un “progetto” politico e di governo vero che possa squassare gli equilibri quando l’avversario è meno che perfetto. Questa era ed è ancora la lezione sarda: a prescindere dal vento, la tempesta va affrontata con un equipaggio pronto e una nave solida. Servono progetti, non mere addizioni di consenso, soprattutto se la corsa è bipolarizzata.
Quali sono state le principali differenze dalla tornata in Sardegna? Se ci fosse stato anche in Abruzzo il voto disgiunto il risultato sarebbe stato diverso?
In Sardegna, Todde ha fatto piazza pulita a Nuoro – la sua città – e a Cagliari. In Abruzzo, D’Amico è crollato a Chieti e ha tenuto con qualche difficoltà Teramo – la città dove ha speso la sua vita -: questo è già un indicatore. Solinas usciva distrutto dal mandato – il voto disgiunto del Partito sardo d’Azione non è stata una casualità -, Marsilio non aveva subito mai scossoni. Il percorso che ha portato alla vittoria di Todde nasce dall’ultimo anno e mezzo di legislatura, quando le opposizioni di Solinas iniziano a ragionare su come riprendere la Regione proponendo soluzioni di governo: l’accordo abruzzese è stato più elettorale che strutturale. Il disgiunto non avrebbe cambiato il risultato elettorale, ma avrebbe certamente mosso un po’ le percentuali e creato forse qualche fastidio al centrodestra a livello nazionale.
La contendibilità del voto dimostra che il campo largo dovrebbe cercare l’intesa anche ai prossimi appuntamenti elettorali?
Sì, ma non è quella la chiave di volta. Non sui territori. Mi spiego meglio: il M5S non è più quello del 2019. Non si è radicato territorialmente, se non in poche realtà nel sud, che comunque sono legate molto a un voto di opinione, e non a un voto più strutturato – come l’Abruzzo -: non vuol dire che non serva ad una coalizione di centrosinistra, ma non può essere quello il fine. L’alleanza è un mezzo, il fine è la proposta vincente per i territori e per le comunità. Ovviamente, sulle Europee – che sono erroneamente percepite e raccontate come un midterm delle Politiche – il M5S ha un suo peso specifico notevole, ma Azione fatica a raggiungere un accordo con +Europa, figuriamoci con il centrosinistra.
C’è stato un traino – proprio perché era un appuntamento percepito come una battaglia aperta – anche sull’affluenza o no?
Si è ritornati a un trend già visto alle Politiche – smentito dalla Sardegna, che però fa storia a sé -: l’astensionismo ha iniziato a punire anche il centrosinistra, non solo il centrodestra. Il centrosinistra con il M5S perde il 5,0%. Ma il PD guadagna 9,1 punti, mentre il M5s ne perde 12,7: questo dato deve far riflettere più Conte che Schlein. Non credo sia a rischio un accordo politico, ma si torna al tema: insieme per forza o insieme perché si può fare una proposta politica più forte, più credibile, più votabile?
Il voto in Abruzzo rischiava di avere effetti anche sul governo nazionale? Se Marsilio non avesse vinto la maggioranza di Giorgia Meloni sarebbe stata a rischio?
Secondo la nostra media dei sondaggi, il centrodestra è al 44,5%: sarebbe da suicidi mettere in dubbio un accordo strutturale – non solo elettorale – per una Regione persa. Avrebbe creato problemi a Giorgia Meloni, ma ne crea comunque: la conferma di Marsilio vale la possibilità a Salvini di far valere le sue ragioni sul terzo mandato ai presidenti di Regione, a maggior ragione dopo la sconfitta in Sardegna. A questo punto, chissà che Meloni non apra eventualmente all’estensione di legislatura dei presidenti per Covid, come già fatto con i sindaci eletti in pandemia…
Cosa ci dice il voto in Abruzzo, per quanto riguarda le percentuali dei singoli partiti di centrodestra?
A livello di voti Meloni non arriva al risultato di oltre 165mila preferenze della Lega nel 2019, e prende 8 consiglieri (la Lega ne prese 10). Forza Italia cresce di più di 4 punti percentuali (sostanzialmente quelli che mancano a Fratelli d’Italia per fare da pigliatutto), la Lega è sotto l’8%… è quanto abbiamo visto in Sardegna. Sul nazionale siamo ancora lontani dal sorpasso, ma sui territori è forse uno dei pochi dati di fatto nelle regioni del centro e del Sud: certo, se succedesse anche alle Europee, le dinamiche di governo sì che si accenderebbero. E Tajani, senza picchi e sussulti, sta tenendo in pista una macchina che pensavano tutti saltasse per aria dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi.
E per quanto riguarda gli equilibri interni all'opposizione?
In Abruzzo il Movimento 5 Stelle ha perso 12,7 punti percentuali, laddove il PD ne ha guadagnati ‘solo’ 9,1. Soprattutto in una corsa come le Regionali conta il candidato, ma anche la proposta progettuale: le addizioni non bastano, nonostante un 6,81% complessivo dell’ex Terzo polo e una civica da quasi 8 punti percentuali. D’Amico nelle cinque più grandi città abruzzesi prende circa il 49,6%, fuori dalle città il 45,3%: in Sardegna fare benissimo in due capoluoghi ha consegnato a Todde la vittoria. Ad esempio a Collecorvino, 5mila abitanti nel Vestino – uno dei distretti del pescarese – D’Amato ha perso con il 20,3%: per recuperare un dato così bisogna andare a vincere molto bene 4-5 sezioni in una grande città, e il 28,4% del PD a Pescara non basta per sfondare, anche se parliamo di un +12,2% rispetto al 2019. Ovviamente alle elezioni amministrative il “campo largo” può fare la differenza: appunto a Pescara, dove Costantini può essere fiducioso in base a questi dati. C’è poi il dato di Chieti che deve far riflettere: il centrosinistra ha perso 7,5 punti percentuali… sono più di 3mila voti. E nel distretto di Marrucino perde quasi il doppio. Malissimo, per un territorio solitamente più di sinistra. Male anche le Montagne aquilane e i distretti di Pelino e Sangrino.