"Voglio raccontare il Corpo Alpino dello Stato Italiano", ho pensato prima di partire per Rimini per seguire la Festa degli alpini, la prima da oltre due anni.
Volevo raccontare quel Corpo dello Stato che ho ritrovato talvolta negli hub vaccinali oppure durante i terremoti dell'Aquila e di Amatrice. Volevo raccontare quel Corpo dello Stato capace di costruire una mulattiera in due settimane.
Questo era il mio spirito: andare alla Festa degli Alpini di Rimini con l'intenzione di divertirmi, perché per me, raccontare una festa, significa da sempre parteciparvi.
Non è andata così, ed è stato un incubo.
Ero appena arrivato e mi ha scritto una ragazza, era ancora mattina, raccontandomi quello che le era accaduto la sera prima. Poi mi ha scritto un'altra, poi hanno iniziato a fermarmi per strada raccontandomi cosa stava accadendo nella piazza e nella via principale, a tutte le ore e in maniera angosciante dalle 19:00 fino a notte fonda.
Sono maschio, sono bianco, ho una certa capacità di difesa fisica e sono etero. Sono sostanzialmente un privilegiato. Soprattutto, ero un giornalista facilmente riconoscibile e con una vistosa telecamera in mano, avevo anche un grosso pass rosso e bianco che mi aveva rilasciato l'organizzazione, sempre appeso al collo.
Nonostante tutto questo è stato facile, direi quasi banale anche per me accorgermi della pratica consolidata, continua e vomitevole, degli atteggiamenti molesti. Camminando in piazza, o per le vie centrali della città di Rimini, era un profluvio di fischi, bestemmie usate come richiamo e apprezzamenti volgarissimi.
Sia chiaro: non si è trattato di un gruppetto di molestatori, quelli che ho visto rappresentavano la stragrande maggioranza delle persone in piazza, che quando non direttamente impegnate nelle molestie, tacevano o ridevano, perché era semplicemente impossibile non accorgersene. Alcuni alpini potranno non aver visto i palpeggiamenti, ma era impossibile non udire le urla e non vedere i passi affrettati di ragazzine minorenni a cui giovani e anziani – moltissimi gli anziani – si approcciavano in modo pesante e sistematico.
Ho provato a intervistare alcune delle ragazze coinvolte, quando è stato possibile, quando già non stavano correndo via impaurite, e in quel caso le ho accompagnate con lo sguardo, perché i racconti che stavo ricevendo riguardavano anche inseguimenti, strattonamenti e donne tenute con forza per i polsi.
Il racconto di quello che stava accadendo si è trasformato di fronte a me, non era più una festa dove qualcuno beve e magari alza un po' il gomito. Anche io amo bere, più o meno tutti i miei amici amano bere, ma le persone civili non vagano come un'orda a cui tutto è concesso, se solo sei in gruppo e tutti indossano il cappello con la piuma d'aquila in testa.
E' necessario dirlo chiaramente: quello che è avvenuto la sera, quello che ho visto con i miei occhi, quello che ragazze anche minorenni hanno testimoniato di aver subito – palpeggiamenti pure sotto la gonna, dolore fisico per le trattenute, urla in faccia – non è ammissibile in una società civile.
Ed è inammissibile che i vertici istituzionali tacciano. E' inammissibile che a partire dall'alpino e generale Figliuolo, presente a Rimini e a cui per due volte ho chiesto una parola sulle molestie che stavano avvenendo, scelga il silenzio perché "è in ritardo" e doveva entrare a teatro.
Non ha senso niente, se un Corpo dello Stato italiano non riesce a condannare ed emarginare episodi così reiterati e organizzati di violenza, catcalling e molestie sessuali.
I baci non si strappano girando alle ragazze con forza il volto mentre passeggiano, come mi ha raccontato una ragazzina minorenne di fronte alla telecamera.
"Potremmo essere le vostre nipoti, neanche le vostre figlie, fate schifo, smettete di toccarci il culo", mi ha ripetuto un'altra, sempre in video.
Gli alpini non sono solo questo ma tocca a loro dimostrarlo, innanzitutto non continuando a tacere, perché il silenzio è complice e corresponsabile.