Cosa c’è nella Nadef approvata dal governo e come Draghi ha commissariato la prima manovra di Meloni
La strada del governo Meloni comincia in salita. Certo, ammesso che la leader di Fratelli d'Italia sia effettivamente la prossima presidente del Consiglio. Ma su questo sembrano esserci pochi dubbi. Ieri, però, è arrivata una pessima notizia dal punto di vista economico per il prossimo governo. Chiunque lo presieda. Durante uno degli ultimi Cdm del governo Draghi è arrivato il via libera alla Nadef, la nota di aggiornamento al Def, Documento di economia e finanza. Il quadro economico che emerge dalla Nadef, però, non è affatto positivo. E su questa base il prossimo governo dovrà varare entro la fine dell'anno la legge di Bilancio, tenendo conto dei paletti contenuti proprio nella nota di aggiornamento.
Il taglio alle stime di crescita varato con la Nadef è stato importante, anche perché l'approccio del governo Draghi continua a essere prudenziale. "L’economia italiana ha registrato sei trimestri di crescita superiore alle aspettative – si legge nella nota diffusa da Palazzo Chigi – le prospettive adesso risultano meno favorevoli in ragione del marcato rallentamento dell’economia globale e di quella europea, principalmente legato all’aumento dei prezzi dell’energia, all’inflazione e alla situazione geopolitica".
Per il 2022, però, le stime non peggiorano. Anzi: "Si prevede che il livello tendenziale del prodotto interno lordo aumenti del 3,3%, dal 3,1% contenuto nello scenario programmatico del Def in aprile, grazie alla crescita superiore al previsto registrata nel primo semestre e pur scontando una lieve flessione del Pil nella seconda metà dell’anno". Insomma, il dato è positivo: "Si prevede inoltre che l’indebitamento netto (deficit) tendenziale scenda dal 7,2% del 2021 al 5,1% del 2022, un livello inferiore all’obiettivo programmatico definito nel Def, pari al 5,6%". E ancora: "Anche il rapporto debito/PIL è previsto in netto calo quest’anno, al 145,4% dal 150,3% del 2021, con un ulteriore sentiero di discesa negli anni a seguire fino ad arrivare al 139,3% nel 2025".
Poi, però, arrivano anche le stime sui prossimi anni, che non sono affatto rosee: "Nel 2023, a causa dell’indebolimento del ciclo internazionale ed europeo, la crescita tendenziale prevista scende allo 0,6% rispetto al 2,4% programmatico del Def di aprile". In sostanza le stime di crescita vengono tagliate del 75%, e con questo scenario dovrà fare i conti inevitabilmente il prossimo governo.
"L’indebitamento netto tendenziale a legislazione vigente viene previsto al 3,4%, inferiore all’obiettivo programmatico del 3,9% del Def – conclude Palazzo Chigi – Queste previsioni sono improntate, come per i precedenti documenti di programmazione, a un approccio prudenziale e non tengono conto dell’azione di politica economica che potrà essere realizzata con la prossima legge di bilancio e con altre misure".