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Crisi di governo 2019

Cosa c’è e cosa manca nel programma del governo Conte bis

Partito Democratico e Movimento 5 Stelle hanno terminato il lavoro sul programma del Governo Conte bis. Si parte da 29 punti programmatici, senza però un’agenda dettagliata che abbia anche le tempistiche di attuazione e con dei buchi piuttosto grandi su alcune questioni cardine, come la revisione dei decreti sicurezza.
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Finalmente abbiamo il testo del programma del Conte bis, il nuovo governo che dovrebbe essere sostenuto sostenuto da Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Liberi e Uguali. Il documento si compone di 29 punti e appare più stringato del contratto di governo siglato da Lega e Movimento 5 Stelle per dar vita al primo governo Conte. Si tratta del risultato del tavolo di lavoro fra le delegazioni del PD e del M5s, mentre non risulta che gli esponenti di LeU o di altri gruppi parlamentari che pure dovrebbero sostenere l’esecutivo siano stati coinvolti nelle contrattazioni (il confronto, ci fanno sapere fonti dei 5 Stelle, è stato delegato direttamente a Giuseppe Conte). Nei giorni scorsi i due partiti avevano diffuso una loro base programmatica, sintetizzandola in “punti imprescindibili” (10, poi 20, per il M5s, 5 per il PD) che hanno più o meno trovato posto nel documento unitario.

Non si tratta però di un contratto di governo, formula avversata dal segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti, quanto piuttosto di linee programmatiche comuni, sulle quali calibrare i provvedimenti che dovrebbero essere impostati nei prossimi mesi della legislatura. Rispetto al (già piuttosto vago) contratto gialloverde, questo documento lascia maggiori margini di manovra ai partiti, vincolando l’azione di governo ad alcuni principi di carattere generale. E, salvo due eccezioni, non ci sono scadenze di carattere temporale.

Cosa c'è nel programma del governo Conte bis

Il primo punto è dedicato alla imminente legge di bilancio e alla spada di Damocle del possibile aumento dell’IVA se non si troveranno i 23,1 miliardi di euro necessari a disinnescare le clausole di salvaguardia. Ecco, il documento non spiega in che modo si intenda procedere, né dove sarà possibile recuperare tali risorse. In generale, se i temi della politica economica sembrano centrali nell’agenda del prossimo governo, non ci sono risposte specifiche alle più spinose questioni sul tappeto. E, soprattutto, manca la madre di tutte le domande: da dove arriveranno le risorse per azzerare le clausole di salvaguardia e per impostare la manovra espansiva di cui si parla diffusamente?

Sull’IVA restano tutti i dubbi e gli interrogativi noti da tempo: se è vero che ci si attendono risorse dal maggior gettito, allo stesso tempo non si capisce se le risorse arriveranno da tagli alla spesa (quali?) o da nuovo deficit (sforando i parametri?). Il Sole 24 Ore pone ad esempio con chiarezza la questione del debito:

Il Documento di economia e finanza di aprile già lo indicava per quest'anno in crescita al 132,6%, contro il 132,2% del 2018. Ma il conto poggiava su 18 miliardi di privatizzazioni, cioè l’1% del Pil, che non sono state nemmeno avviate. La Nadef, insomma, traccerà un grafico ancora più preoccupante. E uno dei primi compiti per il Conte-2 sarà quello di indicare come si inverte la rotta: compito non facile dopo il flop di quest’anno

Il punto 17 del documento è in effetti piuttosto vago: “Occorre razionalizzare la spesa pubblica, operando una efficace opera di spending review e rivedendo il sistema di tax expenditures”. Perché “razionalizzare la spesa pubblica” equivale a “tagliare” sin dalla notte dei tempi e “rivedere il sistema di tax expenditures” (detrazioni e deduzioni) significa aumentare le tasse.

Ci sono invece riferimenti all'equità fiscale e una traccia di indirizzo per rivedere "i modelli redistributivi che incidono sul commercio elettronico, sulla logistica, sulla finanza, sul turismo, sull’industria e sull’agricoltura". Si andrà avanti sul percorso dell'autonomia differenziata (salvaguardando "il principio di coesione nazionale e di solidarietà, la tutela dell’unità giuridica e economica") e torna il grande classico della "soppressione degli enti inutili".

Si lavorerà a un piano specifico per il Sud, anche "attraverso il rafforzamento dell’azione della banca pubblica per gli investimenti" e la "realizzazione di progetti strategici, tra loro funzionalmente connessi, di valorizzazione dei territori, utilizzando al meglio i Fondi europei di sviluppo e coesione".

Il taglio dei parlamentari

Discorso a parte merita il "taglio dei parlamentari", che sarà inserito "nel primo calendario utile della Camera dei deputati", ma verrà avviato "contestualmente un percorso per incrementare le opportune garanzie costituzionali e di rappresentanza democratica, assicurando il pluralismo politico e territoriale", includendo anche la riforma del sistema elettorale e "la riforma dei requisiti di elettorato attivo e passivo per l’elezione del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, nonché avviare una revisione costituzionale volta a introdurre istituti che assicurino più equilibrio al sistema e che contribuiscano a riavvicinare i cittadini alle Istituzioni".

La riduzione delle tasse e il salario minimo

Il punto 4 del documento è particolarmente rilevante, perché parte dalla riduzione del cuneo fiscale "a totale vantaggio" dei lavoratori. C’è poi il salario minimo, ma con l’estensione “erga omnes dei contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative” (simile alla proposta della CGIL); così come il “giusto compenso” per i lavoratori non dipendenti “nel rispetto dei princìpi europei e nazionali a tutela della concorrenza”. E c’è anche la partita di genere nelle retribuzioni, il sostegno all’imprenditorialità femminile e il rinnovo dell’Opzione donna.

I decreti sicurezza

Uno dei punti di maggior distanza fra il PD e il M5s sembrava dovesse essere il destino dei due decreti sicurezza che portano la firma politica del ministro dell’Interno Matteo Salvini. Il programma è chiaro: “La disciplina in materia di sicurezza dovrà essere aggiornata seguendo le recenti osservazioni formulate dal Presidente della Repubblica”.

La formula utilizzata (accettata quasi subito da entrambe le parti al tavolo) serviva a evitare polemiche e a non bloccare le negoziazioni, ma appare tutto fuorché un segnale di discontinuità rispetto al governo precedente. Applicare i rilievi di Mattarella è il minimo sindacale e significa conservare pressoché intatto l’impianto ideologico, politico e “concreto” dei due decreti sicurezza. Il Colle, infatti, aveva firmato il decreto sicurezza bis allegando due osservazioni: una legata alla inapplicabilità della causa di non punibilità per la "particolare tenuità del fatto" alle ipotesi di resistenza, violenza e minaccia a pubblico ufficiale e oltraggio a pubblico ufficiale (essenzialmente, per effetto di un decreto pensato male e scritto peggio si impedisce al giudice di valutare caso per caso per tali ipotesi di reato, “costringendo” lo Stato a perseguire in “termini rigorosi anche condotte di scarsa rilevanza che riguardare una casistica assai ampia e tale da non generare allarme sociale”); l’altra legata alla sproporzione tra sanzioni e comportamenti nel caso delle multe per la violazione del divieto di ingresso nelle acque territoriali. Questo punto è il più dirimente: Mattarella contesta l’entità della multa e la mancanza di discrezionalità nell’applicazione (come spiega Avvenire “per ipotesi, il prefetto potrebbe dare un'ammenda di 1 milione a una persona in barca a vela che è entrato in un porto senza autorizzazione salvando un solo naufrago), ma non l’impianto stesso della norma. Per dirla in altri termini, davvero il PD potrebbe avallare una legge che sostanzialmente punisce e multa chi salva delle vite in mare? Si ritengono "sufficienti" gli interventi dei giudici in relazione ai casi più eclatanti di questi ultimi mesi? E come il nuovo governo affronterà le tante problematiche legate al primo dl sicurezza, in materia di accoglienza, protezione, iscrizione anagrafica, che hanno aperto contenziosi anche alla Corte Costituzionale?

Cosa non c'è nel programma PD – M5s

L'estrema vaghezza nei propositi si riflette in modo chiaro sul tema della cultura, del contrasto alle mafie (arieccoci col dl sicurezza) e parzialmente su uno dei principi cardine dell'accordo, il green new deal. Una questione centrale su cui è lecito immaginare un surplus di investimento (e capiremo molto anche dal nome che siederà al ministero dell'Ambiente), ma sulla quale si parte con alcune ambiguità di fondo. Come nel caso degli investimenti per le grandi opere, dunque, la partita si gioca su un crinale scosceso e trovare un equilibrio tra diverse anime e impostazioni su questioni concrete non sarà affatto semplicissimo. Di Maio, ad esempio, l'ha spuntata sulle trivellazioni: "Bisogna introdurre una normativa che non consenta, per il futuro, il rilascio di nuove concessioni di trivellazione per estrazione di idrocarburi". E quasi spuntata su inceneritori: “Il Governo si impegna altresì a promuovere politiche volte a favorire la realizzazione di impianti di riciclaggio e, conseguentemente, a ridurre il fabbisogno degli impianti di incenerimento, rendendo non più necessarie nuove autorizzazioni per la loro costruzione”.

Sul tema delle concessioni autostradali, da "revoca" si passa a lavoro per la "revisione delle concessioni autostradali, confermando il piano tariffario unico".

C’è una questione che poi è abbastanza singolare, relativa al tema della vendita di armi ai Paesi in guerra. Per il Movimento 5 Stelle si trattava di un punto fermo, tant’è che era stato inserito fra i 20 su cui non si poteva trattare: “Porre fine alla vendita di armamenti ai Paesi belligeranti, incentivando i processi di riconversione industriale”. Il punto non faceva invece parte dell’accordo iniziale con il PD e non trovava spazio nelle linee di indirizzo programmatico diffuse inizialmente. Per paradossale che possa sembrare, si trattava di un tema che aveva invece trovato posto nel contratto di governo Lega – M5s, sia pure con un oscuro riferimento al terrorismo islamista: “Occorre bloccare la vendita di armi ai Paesi in conflitto, prevenire e contrastare il terrorismo internazionale anche di matrice islamista”.

Dunque, nella versione definitiva si ricorre a una formulazione piuttosto ambigua e cade la dicitura "paesi in conflitto": "Con riguardo all’esportazione di armi, occorre rendere la normativa più stringente, evitando l’esportazione delle armi e della componentistica che possano colpire la popolazione civile".

Smentiti invece rumors e indiscrezioni delle ultime ore su "svolte clamorose", ovvero: non ci sono riferimenti alla legalizzazione delle droghe leggere, alla revisione del sistema degli affidi e del mantenimento, all'eutanasia, mentre c'è un criptico rimando allo ius soli al punto 6 ("il Governo promuoverà una più efficace protezione dei diritti della persona, anche di nuova generazione").

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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