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Cosa cambia nel decreto migranti con cui il governo vuole salvare il piano Albania

Nella bozza del dl con cui il governo Meloni vuole blindare il modello Albania spunta una norma che consente il ricorso in Appello contro le sentenze del Tribunale sui rimpatri dei migranti. Ora il decreto passa al Quirinale, in attesa della promulgazione.
A cura di Giulia Casula
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Il testo ufficiale ancora non c'è, ma il decreto è già cambiato. Nella bozza del dl con cui il governo Meloni vuole blindare il modello Albania e che Fanpage ha potuto visionare, spunta una novità, aggiunta all'ultimo, che prevede la possibilità di ricorrere in Appello contro le sentenze del Tribunale sui rimpatri. 

Il decreto è stato varato lunedì sera dal Consiglio dei ministri, che si è affrettato a cercare una soluzione al caos giuridico sorto dopo la decisione del Tribunale di Roma di non convalidare il trattenimento dei dodici migranti in Albania. Il motivo che ha spinto i giudici a bloccare l'operazione nei cpr di Gjader e Shengjin, è stato ricordato più volte, ha a che fare con il concetto di Paese sicuro, così com'è stato definito dalla Corte di giustizia Ue. 

Per la Corte europea un Paese o è sicuro tout courtin ogni sua parte, oppure non lo è. Di conseguenza, il decreto interministeriale con cui la Farnesina aveva definito una lista di Paesi sicuri in cui rimpatriare i migranti non può essere applicato, perché in molti di questi Stati permangono situazioni di pericolo che riguardano sia parti di territorio che determinate minoranze.

Per tentare di aggirare il conflitto tra diritto italiano e normativa europea, il governo ha pensato di trasferire la lista dei 22 Paesi su un decreto legge, una fonte primaria con la stessa forza delle leggi, tagliando dall'elenco Nigeria, Colombia e Camerun. Negli altri 19 non sarebbero presenti zone di conflitto, anche se rimangono i rischi per certe categorie di persone, come ad esempio la comunità lgbtqia+.

La questione non è certamente risolta, dal momento che la sentenza della Cgue è direttamente vincolante per i 27 Stati membri dell'Unione e una larga parte della dottrina concorda nel ritenere che un giudice possa disapplicare una norma interna se in contrasto con la giurisprudenza Ue. Per il capo del Viminale, Matteo Piantedosi, "aver fissato con una norma primaria l'elenco dei Paesi sicuri potrà contribuire a una maggiore certezza applicativa di procedure importanti", ha detto intervistato dal Corriere della sera.

Cosa c'è scritto nel decreto legge sui Paesi sicuri: la norma sul ricorso in Appello

La bozza del dl presentato dal ministro dell'Interno si presenta come un testo abbastanza breve. Tre articoli, a cui però, è stata aggiunta una novità: all'articolo 2 si riconosce il ricorso alla Corte d'appello contro le ordinanze del Tribunale sul trattenimento dei migranti.

Fino a questo momento infatti, era possibile impugnare le sentenze dei giudici solamente in Cassazione, come peraltro ha deciso di fare, ieri sera, il Viminale. La norma, aggiunta in extremis, prevede anche che "la proposizione del reclamo non sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento reclamato". Tradotto, il protocollo Roma-Tirana continuerà ad essere applicato fino alla decisione della Corte, che avrà dieci giorni di tempo per pronunciarsi.

Un modo insomma per accelerare i tempi e forzare la mano sul modello Albania, vantato da Meloni e guardato con interesse fuori dai confini nazionali. Ora il decreto passerà nelle mani del Quirinale da cui si attende in giornata la promulgazione. Il Presidente della Repubblica, dopo aver analizzato il testo, deciderà se dare il suo via libera senza troppi intoppi oppure se aggiungere eventuali rilievi, come già accaduto in passato.

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