Cosa cambia con la separazione delle carriere e perché i magistrati stanno protestando
Il governo Meloni ha varato, nel Consiglio dei ministri di ieri, una riforma della giustizia che porterebbe alla separazione delle carriere dei magistrati, allo sdoppiamento del Csm e alla nascita di una nuova Alta corte per i provvedimenti disciplinari verso la magistratura. Un cambiamento che il ministro della Giustizia Nordio e la presidente del Consiglio Meloni hanno definito "epocale", annunciato a pochi giorni dalle elezioni europee, destinato anche a dividere le opposizioni. L'iter del testo sarà decisamente lungo, e potrebbe terminare tra oltre un anno con un eventuale referendum. Ma, secondo diverse ricostruzioni apparse sui quotidiani, il governo avrebbe accelerato in modo da mettere in cantiere la riforma poco prima delle elezioni. In questo modo, tutti i tre partiti della maggioranza hanno una loro ‘bandiera' da sventolare: il premierato per Fratelli d'Italia, l'autonomia differenziata per la Lega, e la separazione delle carriere per Forza Italia.
In cosa consiste la separazione delle carriere per i magistrati
Concretamente, la riforma consiste nella modifica di diversi articoli della Costituzione per fare sì che i magistrati con funzione giudicante (cioè i giudici) e quelli con funzione requirente (cioè i pm, che svolgono le indagini) siano del tutto separati: carriere diverse fin dall'inizio, senza la possibilità di passare da un ruolo all'altro. Una modifica che secondo molti esponenti della magistratura non è necessaria, o perlomeno non urgente: infatti, già oggi il cambio di carriera è consentito solo una volta, solo entro i primi dieci anni dopo il superamento del concorso, e una percentuale bassissima di magistrati lo fa.
Come cambia il Csm per le toghe
Un altro intervento della riforma Nordio prevede che il Consiglio superiore di magistratura sia sdoppiato. Attualmente c'è un solo organo per l'autogoverno di tutti i magistrati, mentre ne nascerebbero uno per i giudici e uno per i pm, con composizione identica, ed entrambi sotto la presidenza del presidente della Repubblica (come avviene oggi).
Cambierà anche il modo in cui vengono scelti i membri dei due Csm, che saranno sia togati (cioè magistrati), sia laici (ovvero esperti di diritto esterni alla magistratura). Quelli togati non saranno più eletti dagli stessi magistrati, per contrastare la dinamica delle correnti, ma sorteggiati. Anche quelli laici saranno sorteggiati, ma con un particolare che renderà comunque possibile un certo grado di controllo politico: il sorteggio, infatti, avverrà all'interno di un elenco di persone scelte dal Parlamento, tra professori di diritto e avvocati con lunga esperienza.
In più, nasce un nuovo organo per le misure disciplinari contro i magistrati. Sarà una Alta corte composta da quindici giudici in tutto: tre saranno laici scelti dal presidente della Repubblica, tre dal Parlamento (anche qui, sorteggiati da un elenco), tre saranno magistrati e sei giudici (tutti sorteggiati tra chi ha una certa anzianità). Il presidente della Corte sarà un laico, quindi tra quelli scelti dal capo dello Stato e dal Parlamento.
Perché i magistrati protestano contro la riforma della giustizia
Come detto, i tempi della riforma sono ancora lunghi. Non solo il testo dovrà partire dal Parlamento e passare da tutto l'iter di una riforma costituzionale, ma anche qualora dovesse essere approvato, l'ultimo articolo prevede che Camera e Senato formulino le leggi più dettagliate sul Csm e sulle procedure disciplinari "entro un anno". L'aspettativa, quindi, è che difficilmente la riforma – anche se procedesse senza intoppi – potrà entrare in vigore prima del 2026.
Anche per questo, l'Associazione nazionale magistrati ha contestato i tempi rapidi con cui il testo è stato approvato. Solo martedì, si era svolto un incontro al Quirinale tra il presidente Mattarella e il ministro Nordio. Dopo il faccia a faccia ci sarebbero state diverse modifiche al testo, che comunque è poi arrivato già mercoledì al Cdm, in tempo per le elezioni. L'Anm ha scritto in una nota che la "logica di fondo" del ddl segue una " volontà punitiva nei confronti della magistratura ordinaria", portando a una "riforma ambigua che crea un quadro disarmante".
Le critiche si rivolgono soprattutto allo "svilimento del ruolo e della funzione di rappresentanza elettiva dei togati del Csm", e alla decisione di sottrarre le "prerogative disciplinari" che vengono affidate a una nuova Alta corte. Il timore dei magistrati è che la nuova riforma abbia l'intenzione di indebolire la categoria, togliendole indipendenza e mettendo le basi per un controllo del governo sulla magistratura.