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Cosa cambia con il nuovo codice antimafia

Ieri sera la Camera dei deputati ha approvato la riforma del Codice Antimafia con nuove regole sui beni confiscati. Ora il testo passerà al vaglio del Senato. Tra le novità, sequestri anche per corrotti e caporalato, divieto di nomine ai parenti e un fondo per la ripresa delle aziende sequestrate.
A cura di Claudia Torrisi
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Commissione antimafia candidati impresentabili

La Camera ha dato il via libera alla riforma del Codice Antimafia (in vigore dal 2011) che ridisegna le regole sulla gestione dei beni confiscati. Il testo – approvato con 281 voti favorevoli, 66 contrari tra Forza Italia e Movimento 5 stelle  e due astenuti – dovrà adesso passare all'esame del Senato. Il provvedimento è nato dalla proposta di legge di iniziativa popolare per cui numerose organizzazioni sociali raccolsero centinaia di migliaia di firme più di due anni fa. Il testo è stato poi integrato dal lavoro della commissione parlamentare Antimafia, presieduta da Rosy Bindi, che ha definito il voto di ieri sera "un primo importante passo, lungamente atteso. La Camera ha dato un segnale forte della volontà di rendere più incisiva la lotta alle mafie, in un settore cruciale come quello della gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata".

La riforma approvata ieri si compone di 30 articoli e ha l'obiettivo di velocizzare e rendere più efficaci le misure di prevenzione patrimoniale come sequestro, controllo giudiziario delle aziende o la confisca, e rendere più trasparente la scelta degli amministratori giudiziari.

Misure per corrotti e per caporalato

Il provvedimento allarga la cerchia dei possibili destinatari di misure di prevenzione. Oltre a chi è indiziato per aver aiutato latitanti di associazioni a delinquere, la riforma inserisce anche chi commette reati contro la pubblica amministrazione, come peculato, corruzione – anche in atti giudiziari – e concussione. Nel testo si propone anche di introdurre misure di contrasto al fenomeno del caporalato: confisca obbligatoria (compresa quella allargata) "delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro". La confisca – che sarà operativa dopo la condanna definitiva – potrà riguardare anche il prezzo o il profitto del reato o anche beni diversi del colpevole per un valore equivalente. Se il reato è commesso da un dipendente nell'interesse dell'impresa, ne risponderà anche la società, con una sanzione pecuniaria.

Procedimenti più veloci, sequestro e confisca più efficaci

L'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali è reso "più veloce e tempestivo", attraverso la previsione di una "trattazione prioritaria" dei procedimenti. Verranno istituite sezioni o collegi specializzati nei tribunali del capoluogo dove ha sede la corte d'Appello chiamati a trattare in via esclusiva i procedimenti previsti dal Codice antimafia.

Norme riguardano anche in maniera specifica il sequestro, che sarà effettuato dalla polizia giudiziaria. Se l'immobile è occupato dalle persone colpite dal provvedimento, il giudice può chidere al tribunale lo sgombero – che in alcuni casi può essere differito. Gli immobili potranno essere concessi in locazione alle forze di polizia o alle forze armate e ai vigili del fuoco. Gli affittuari potranno anche provvedere a proprie spese a ristrutturarli se le amministrazioni assegnatarie non dispongano delle risorse necessarie (previa approvazione del progetto esecutivo dei lavori e del piano dettagliato di spesa). In questo caso sarà possibile una compensazione delle spese per la ristrutturazione sostenute dagli agenti, dai militari o dai funzionari assegnatari sul canone di affitto.

Il testo propone di estendere i casi già previsti di confisca allargata, quando viene accertato che il patrimonio dell'autore del reato è sproporzionato rispetto al reddito e il condannato non è in grado giustificare la provenienza dei suoi beni. Quando non viene applicata la confisca, si può avere l'amministrazione giudiziaria e il controllo giudiziario. Per alcuni ecoreati e per l'autoriciclaggio, invece, la confisca allargata diventa obbligatoria e si applica anche in caso di amnistia, prescrizione o morte di chi l'ha subita. Se viene revocata e nel frattempo il bene è stato destinato a finalità di interesse pubblico, verrà restituito al proprietario per equivalente.

Controllo giudiziario delle aziende se c'è rischio infiltrazione

Viene introdotto l'istituto del controllo giudiziario delle aziende in caso di pericolo concreto di infiltrazioni mafiose che ne condizionino l'attività. Il controllo è previsto per un periodo che va da un anno a tre anni e può anche essere chiesto volontariamente dalle imprese.

Niente più incarichi ai parenti

La riforma vuole garantire una "maggiore trasparenza nella scelta degli amministratori giudiziari, con garanzia di competenze idonee allo svolgimento dell'incarico e di rotazione negli incarichi". Viene modificato il procedimento di nomina e revoca dell'amministratore giudiziario di beni confiscati alla mafia: l'incarico non potrà essere dato ai parenti, né ai "conviventi e commensali abituali" del magistrato che lo conferisce.

La previsione è la cosiddetta "norma Saguto", dal nome dell'ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, sospesa e indagata per corruzione proprio per aver nominato il marito coadiutore in diverse amministraazioni. Sulla questione degli amministratori, ha fatto discutere maggioranza e M5s un emendamento presentato dal governo che prevede che i giudici dei tribunali di prevenzione possano nominare come amministratori giudiziari anche dipendenti di Invitalia, l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa (società per azioni partecipata al 100% dal ministero dell'Economia). Il governo è poi delegato a impegnarsi a disciplinare un regime di incompatibilità da estendere ai curatori fallimentari: anche qui stop a chi ha rapporti di parentela, affinità, convivenza o assidua frequentazione con uno qualunque dei magistrati dell'ufficio giudiziario che conferisce l'incarico.

Sostegno per le aziende sequestrate

Uno dei propositi è favorire la ripresa delle aziende sottoposte a sequestro. Si prevede, in particolare, l'istituzione di un fondo per il credito alle aziende sequestrate da 10 milioni di euro all'anno e altre misure per aiutare la prosecuzione delle attività e la salvaguardia dei posti di lavoro. Verranno istituiti tavoli permanenti nelle prefetture e il governo sarà delegato a disciplinare "misure di sostegno in favore delle aziende sequestrate e confiscate". Gli imprenditori del settore matureranno, dopo un anno di collaborazione, un diritto di prelazione in caso di vendita o affitto dell'azienda e la possibilità di un supporto tecnico a titolo gratuito.

Agenzia per i beni confiscati ridisegnata

Il provvedimento riorganizza l'Agenzia nazionale per i beni confiscati, ponendola sotto la vigilanza della presidenza del Consiglio. La sede centrale sarà a Roma e avrà un direttore – non necessariamente un prefetto – che si occuperà dell'amministrazione dei beni dopo la confisca di secondo grado. Vengono ridefiniti i compiti, potenziata l'attività di acquisizione dati e il ruolo in fase di sequestro con l'obiettivo di consentire un'assegnazione provvisoria dei beni e delle aziende. L'Agenzia ha anche la possibilità di destinare beni e aziende direttamente a enti territoriali e associazioni.

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