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Opinioni

Il fallimento “liberale” di Beppe Grillo (costretto ora a tornare da Farage)

Lo psicodramma in Europa, dopo il fallimento delle trattative con l’ALDE e i nuovi negoziati con Farage, è la sintesi dell’evoluzione del Movimento 5 Stelle e dei limiti di una struttura ibrida, metà partito / azienda e metà movimento dal basso.
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L'establishment ha deciso di fermare l'ingresso del MoVimento 5 Stelle nel terzo gruppo più grande del Parlamento Europeo. Questa posizione ci avrebbe consentito di rendere molto più efficace la realizzazione del nostro programma. Tutte le forze possibili si sono mosse contro di noi. Abbiamo fatto tremare il sistema come mai prima”. Comincia così lo stringato comunicato con il quale il M5s aggiorna iscritti e militanti grillini sul fallimento della trattativa con ALDE per il cambio di gruppo parlamentare in Europa. È la sintesi perfetta di una vicenda oscura e con tratti paradossali, che ha aperto una profonda frattura all’interno del M5s ma anche del gruppo dei Liberal-Democratici europei.

Per punti:

  1. Domenica 8 gennaio sul blog di Grillo compare un post in cui si invitano gli iscritti a votare per un eventuale cambio di gruppo al Parlamento Europeo: la scelta è fra la conferma dell’appartenenza all’EFDD, il passaggio nel gruppo dei non iscritti o la confluenza nel gruppo ALDE, i LibDem guidati da Guy Verhofstadt;
  2. la votazione è “a sorpresa” e spiazza persino gli europarlamentari del M5s. Qualcuno conferma le “trattative degli ultimi mesi” di cui si parla nel post di Grillo, ma la grande maggioranza (anche dei parlamentari italiani) dice di non essere mai stata a conoscenza della votazione;
    nel post si rendono note le condizioni dell’accordo con ALDE (accordo che Grillo caldeggia fortemente):
    – condivisione dei valori di democrazia diretta, trasparenza, libertà, onestà;
    – totale e indiscutibile autonomia di voto;
    – partecipazione dei cittadini nella vita politica delle Istituzioni europee;
    – schieramento compatto nelle battaglie comuni come la semplificazione dell’apparato burocratico europeo, la risoluzione dell’emergenza immigrazione con un sistema di ricollocamento permanente, la promozione della green economy e lo sviluppo del settore digitale e tecnologico con maggiori possibilità occupazionali;
    nulla è detto sulle “condizioni” poste da ALDE, invece;
  3. al voto partecipano 29.584 iscritti, con il seguente risultato:
    Gruppo EFD: 23.121 pari al 78,1%
    Non iscritti: 3.533 pari al 11,9%
    Gruppo ECR: 2.930 pari al 10%
  4. all’interno di ALDE cominciano a nascere furiose discussioni sul senso dell’accordo e sulla scelta di Verhofstadt; parallelamente Grillo incontra gli europarlamentari del M5s e il suo staff è impegnato in una serie di confronti con alcuni autorevoli parlamentari italiani, per nulla convinti del metodo e del merito della scelta;
  5. nella serata di lunedì, Verhofstadt si rende protagonista di un clamoroso dietrofront, sconfessando l’accordo preso con Grillo e chiudendo le porte all’ingresso del M5s Europa nel gruppo ALDE. Il messaggio è un capolavoro di politichese: “Sono arrivato alla conclusione che non ci sono sufficienti garanzie per portare avanti un'agenda comune per riformare l'Europa. Non c'è abbastanza terreno comune per procedere con la richiesta del Movimento 5 Stelle di unirsi al gruppo Alde. Rimangono differenze fondamentali sulle questioni europee chiave”
  6. Grillo riapre le trattative con Farage per restare in EFDD.

Qualche ora prima, Grillo e Farage si erano salutati in un modo un po' particolare, con le perplessità del britannico sul cambio di gruppo e gli auguri del capo politico del MoVimento 5 Stelle al suo ex compagno di avventura a Strasburgo.

La due giorni terribile del M5s lascia sul terreno una serie di questioni e molti punti interrogativi (sulle reali ripercussioni in termini di consenso elettorale, sinceramente, credo sia impossibile sbilanciarsi, considerando che si tratta di temi molto lontani dal sentire dell'opinione pubblica), che si inseriscono nell'accidentato percorso di trasformazione del M5s di questi ultimi mesi. La ragione del passaggio all'Alde è stata infatti oggetto di furiose polemiche interne, sia nel merito che nel metodo.

Grillo e alcuni fra gli esponenti M5s più in vista si sono trincerati dietro le "ragioni tecniche", ribadendo come non ci fosse alcuna convergenza con la linea politica dell'ALDE e come, in ogni caso, gli europarlamentari grillini potessero sempre contare sulla "totale e indiscutibile autonomia di voto". In pratica, la linea ufficiale era quella di depotenziare il valore del cambio di gruppo, come se si trattasse di una componente accessoria, importante solo perché avrebbe consentito di aumentare lo spazio e il peso degli europarlamentari 5 Stelle; al contempo si insisteva sulla necessità di rilanciare il percorso verso la costituzione di un nuovo movimento transnazionale, sotto le insegne della democrazia diretta.

La ricostruzione ufficiale fa però acqua da tutte le parti. In primo luogo perché Grillo non ha sottoposto al voto degli iscritti l'accordo già firmato con l'ALDE, diffuso poi da alcuni esponenti LibDem e circolato molto fra militanti e iscritti 5 Stelle. Poi perché il pre – accordo, firmato prima del voto della base, non è propriamente "identico" a quello riassunto sul blog di Grillo (punto 2, sopra), ma prevedeva anche alcuni passaggi molto delicati e decisamente in contrasto con la linea del MoVimento. Come notato qui da Emanuele Sabetta, ad esempio, il concetto di value for money è uno dei dogmi della dottrina liberista, per nulla condiviso dalla piattaforma economica grillina (almeno fino ad ora). Ma ancora: “Shared values and mutual trust are key for EU policies such as police and justice cooperation, asylum and refugee policies […]”. Ovvero: sull’immigrazione il M5s intende sposare la linea libdem dell’accoglienza e della solidarietà, secondo i principi del modello di integrazione europeo? (Magari, ndr…). E, sempre scegliendo fior da fiore, “the single market has to become the hub for talent, innovation, start-ups and small and medium sized enterprises as well as multinationals. At the same time a single market without internal borders clearly requires that questions of solidarity and social cohesion needs to be tackled as a priority!”. Ovvero: la globalizzazione e il mercato unico hanno bisogno solo di qualche ritocchino in chiave "solidale"; e che fine fa la decrescita felice, la lotta alle multinazionali, al capitalismo della finanza e alla tecnocrazia?

Di fronte a tali obiezioni, i 5 Stelle hanno cercato di rifugiarsi nell'aspetto tecnico dell'appartenenza a un gruppo parlamentare. Ma se dunque le ragioni politiche erano secondarie, perché Verhofstadt ha parlato di mancanza di garanzie per giustificare la sua (abbastanza ridicola, va detto) marcia indietro e lo stop all'ingresso del M5s tra le fila dell'ALDE? E se la ragione è solo tecnica, perché mai lasciare EFDD? Il gruppo non è affatto in via di scioglimento, ci sono senz'altro le condizioni per continuare fino al 2019, tanto che ciò potrebbe avvenire anche adesso, come nota Il Post:

Formalmente, il Movimento non è mai uscito dall’attuale gruppo, quindi l’alternativa più semplice è quella di non spostarsi affatto, conservando così i fondi per l’attività parlamentare, circa 680 mila euro l’anno, e tutte le altre prerogative che spettano ai membri di un gruppo parlamentare: maggiore possibilità di intervenire nei dibattiti, di coordinare le commissioni e di essere relatori di provvedimenti legislativi. In teoria, anche allo UKIP, che al Parlamento Europeo è ancora guidato dal suo storico leader, Nigel Farage, converrebbe mantenere l’attuale alleanza. Senza il Movimento 5 Stelle, il gruppo EFDD scenderebbe da 44 a 27 membri, cioè appena tre sopra la soglia minima per formare un gruppo. Venti dei 27 parlamentari che rimarrebbero sono britannici, quindi basterebbe la defezione di un unico altro parlamentare per far scendere il gruppo sotto l’altro requisito minimo: avere tra i propri membri parlamentari provenienti da almeno 7 paesi diversi.

E, in effetti, mentre scriviamo sono in corso trattative con Farage, che potrebbero portare alla conferma della rappresentanza grillina nel gruppo EFDD (previo "riassetto amministrativo", ovvero il ridimensionamento degli europarlamentari grillini "golpisti"). Un fallimento su tutta la linea, insomma, del quale Grillo e i suoi dovrebbero dar conto, evitando magari il vittimismo in stile "colpa dei poteri forti". Il problema, infatti, non è cambiare idea o posizione politica, ma cambiare semplicemente gruppo parlamentare "senza" cambiare idea o posizione politica. Il problema è replicare un modello tradizionale, fatto di strategismi e politicismi, avendo la pretesa di apparire "migliori, diversi dagli altri". Il problema è predicare trasparenza nelle scelte decisionali e non praticarla.

Il problema, in fondo, è l'oscurità della strategia di medio e lungo periodo, in un momento in cui il M5s avrebbe una prateria davanti. Che poi potrebbe essere la spiegazione ultima di un tentativo portato avanti tra molte ambiguità e poca chiarezza. Quello di continuare il percorso di legittimazione del MoVimento come forza in grado di governare il Paese, anche agli occhi degli osservatori europei. Un conto è infatti appartenere alla famiglia Libdem, un altro è essere il gruppo alleato di euroscettici e formazioni destrorse a Strasburgo. L'ombrello Libdem, insomma, per istituzionalizzare il MoVimento e prepararsi alla battaglia di giugno, mettendosi al riparo dalle critiche (spesso strumentali, per la verità) sugli imbarazzanti alleati europei.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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