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Cosa c’è nel Def 2016 e perché la cosa riguarda tutti

Cosa c’è nel Def, il Documento di Economia e Finanza che guiderà le scelte del Governo in materia di politica economica e fiscale.
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Il Consiglio dei ministri n.101 ha licenziato il testo del DEF, il Documento di Economia e Finanza. Si tratta di un testo che sarà sottoposto al Parlamento e che contiene sostanzialmente la strategia economica e di finanza pubblica nel breve e medio periodo. Come vi abbiamo spiegato in questa scheda, il Def “contiene le previsioni aggiornate relative alle principali grandezze del quadro macroeconomico e al quadro di finanza pubblica a politiche invariate e a legislazione vigente, oltre a definire gli obiettivi programmatici sia macroeconomici sia di finanza pubblica e l’articolazione degli interventi che il governo ritiene necessari per correggere gli andamenti tendenziali allo scenario programmatico”.

È un testo dalla valenza centrale, perché vi trovano posto le previsioni, gli obiettivi in termini di crescita, inflazione e occupazione, nonché di deficit e debito pubblico, ma anche gli scostamenti rispetto alle previsioni precedenti e il cammino verso la manovra economica di fine anno. Ogni programmazione copre un periodo di tre anni e gli obiettivi sono da considerarsi “vincolanti” per le scelte future.

La prima parte del Def è curata direttamente dal Dipartimento del Tesoro e contiene (qui la scheda completa):

  • gli obiettivi di politica economica e il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica almeno per il triennio successivo e gli obiettivi articolati per i sotto settori del conto delle amministrazioni pubbliche;
  • l'aggiornamento delle previsioni per l'anno in corso, evidenziando gli eventuali scostamenti rispetto al precedente Programma di stabilità;
  • l'evoluzione economico-finanziaria internazionale, per l'anno in corso e per il periodo di riferimento; per l'Italia, le previsioni macroeconomiche, per ciascun anno del periodo di riferimento, con evidenziazione dei contributi alla crescita dei diversi fattori, dell'evoluzione dei prezzi, del mercato del lavoro e dell'andamento dei conti con l'estero;
  • le previsioni per i principali aggregati del conto economico delle amministrazioni pubbliche;
  • gli obiettivi programmatici, indicati per ciascun anno del periodo di riferimento, in rapporto al prodotto interno lordo, tenuto conto della manovra, per l'indebitamento netto, per il saldo di cassa, al netto e al lordo degli interessi e per il debito delle amministrazioni pubbliche.

La seconda sezione è invece curata dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato e contiene una serie di analisi di carattere più generale:

  • il conto economico e del conto di cassa delle amministrazioni pubbliche nell'anno precedente e degli eventuali scostamenti rispetto agli obiettivi programmatici indicati nel DEF;
  • le previsioni tendenziali, almeno per il triennio successivo, del saldo di cassa del settore statale e le indicazioni sulle correlate modalità di copertura;
  • le informazioni di dettaglio sui risultati e sulle previsioni dei conti dei principali settori di spesa, almeno per il triennio successivo.

La terza sezione, curata dal Tesoro e dal Dipartimento delle politiche europee rappresenta una sorta di fotografia dello stato dell’arte:

  • lo stato di avanzamento delle riforme avviate;
  • gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività;
  • le priorità del Paese e le principali riforme da attuare, i tempi previsti per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nella prima sezione del DEF

Cosa c'è nel DEF 2016

Per capire i contenuti del Def 2016, il terzo predisposto dall’esecutivo in carica, è necessaria una piccola contestualizzazione. Che è quella che fa proprio il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, con una specie di premessa al Def che parte dal contesto esterno e dal bilancio dei primi anni di Governo. Padrona spiega che l’Eurozona resta “caratterizzata da un’ineguale distribuzione della crescita e dell’occupazione che la espone periodicamente a shock, con seri rischi per la sostenibilità del progetto europeo” e che ci sono delle vere e proprie sfide sistemiche da vincere, in primo luogo quella legata all’emergenza immigrazione.

L’economia italiana nel 2015 è tornata a crescere, +0,8 in termini reali, + 1,5 in termini nominali, con la riduzione del tasso di disoccupazione, l’aumento della produzione industriale e l’aumento dei consumi interni. Il Governo ha messo in campo per il passato e intende proseguire a farlo una serie di strumenti in grado di stimolare i consumi, aumentare gli investimenti privati, razionalizzare i meccanismi della pubblica amministrazione, riformare la giustizia, stabilizzare il sistema bancario, innovare e modernizzare nei campi della produzione e della ricerca scientifica.

Il punto, spiega il ministro, è che l’andamento della finanza pubblica è soggetto a una serie di vincoli, su tutti l’esigenza di ridurre il debito pubblico in percentuale del PIL. L’intenzione del Governo è quella di proseguire con una politica di bilancio in linea con quella adottata negli ultimi due anni:

Nel 2015 il rapporto debito/PIL si è sostanzialmente stabilizzato; per il 2016 si prevede una discesa dal 132,7 al 132,4 per cento; per il 2019 si prevede un valore pari al 124,3 per cento. L’inversione della dinamica del debito è un obiettivo strategico del Governo. Dopo aver raggiunto nel 2015 l’obiettivo prefissato di riduzione dell’indebitamento netto al 2,6 per cento del PIL, nel 2016 il disavanzo scenderà ulteriormente al 2,3 per cento. Negli anni successivi spazio di bilancio addizionale verrà generato da maggiori entrate e risparmi di spesa – realizzati mediante un ampliamento del processo di revisione della spesa.  L’effetto congiunto di queste misure assicurerà la riduzione dell’indebitamento netto all’1,8 per cento del PIL nel 2017.

Il problema resta sempre il debito pubblico, “la cui gestione è divenuta più difficile con la perdita di prodotto causata dalla recessione e per via delle spinte deflazionistiche”. Ma il ministro dell’Economia è convinto che la politica di bilancio possa favorire la crescite se accompagnata da un processo di revisione della spesa razionale ed efficace. A tale processo dovrebbero contribuire anche la riforma della PA (sul punto ci sono molte critiche) e quelle istituzionali (legge elettorale, riforma Costituzione, eccetera).

Le previsioni del Governo per l'Italia

L’aspetto più rilevante del Def è legato agli indicatori di finanza pubblica, in particolare alle stime del Governo sull’andamento del Pil e delle altre variabili. I dati da tenere in considerazione sono quelli “tendenziali” (le stime a legislazione vigente, ovvero i risultati che si determinerebbero se il Governo non intervenisse) e quelli “programmatici” (che cioè includono le stime degli effetti delle leggi future), sempre considerando le stesse variabili.

Come spiega Daveri su LaVoce.info, “le 155 pagine della sezione I del Def (e tutti gli allegati e appendici varie) sono dunque essenzialmente un impegno relativo all’andamento del deficit e del debito pubblico per l’anno in corso e per il 2017”, perché “il Def non è il documento in cui il governo parla di come riformare le pensioni o di quanti dipendenti pubblici intenda assumere”. Il punto sarà capire “come” il Governo intenderà raggiungere gli obiettivi proposti nel Def.

Che, sostanzialmente, sono riassunti dalla Tavola 1.1

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La scelta più rilevante sembra essere quello di portare il deficit all’1,8% del Pil nel 2017 (e non all’1,4% come da quadro tendenziale), con lo spostamento del pareggio di bilancio al 2019 (inizialmente la precisione era per il 2018). Un ulteriore margine di manovra che significa, sostanzialmente, uno sforamento rispetto agli impegni presi in precedenza che consentirà di reperire qualche risorsa da destinare alla stimolazione della crescita economica.

Come riassume sempre Daveri, insomma, la “scommessa di Matteo Renzi è dunque quella di proseguire il calo del deficit senza austerità, anzi con una politica fiscale moderatamente espansiva”. Anche l’aumento del Pil, fissato al 2,2% (1,2 + 1 di inflazione) sembra una previsione “ottimistica”, che però corrisponde alla “linea disegnata” da Renzi e Padoan.

Ma non basta, perché come spiega IlSole24Ore, con il Def il Governo “conferma poi l’intenzione di usare «tutti i margini di flessibilità consentiti» dal Patto di stabilità e crescita e di portare avanti la richiesta, in sede tecnica, per l’adozione di metodologie di calcolo del prodotto potenziale più flessibili rispetto a quelle della Commissione Ue e in base alla quale si ottiene un output gap per il 2016 di soli 1,5 punti percentuali (winter forecast) che si chiuderebbe già nel 2018”.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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