Malgrado le polemiche di tipo procedurale sorte nel corso dei lavori dell'Assemblea della Camera dei deputati, è innegabile che il disegno di legge per il contrasto delle discriminazioni fondate su omofobia e transfobia rappresenti un punto fermo di questa legislatura. In effetti, gioverà ricordare che le ultime due legislature non erano riuscite in quasi 10 anni di lavori ad arrivare ad una posizione comune sul tema, cosa che sembra faticosamente riuscita in questa legislatura, con l'elaborazione di un testo unificato a partire dalle proposte di legge Scalfarotto, Fiano e Brunetta.
In sostanza, come ricordato dalla comunicazione ufficiale affidata al sito della Camera, si tratta di un provvedimento volto a contrastare "le discriminazioni fondate su omofobia e transfobia intervenendo sulle due leggi – una del 1975 e l’altra del 1993 – che attualmente costituiscono l’ossatura della legislazione italiana di contrasto alle discriminazioni".
Vale la pena di sottolineare il compromesso faticosamente raggiunto (ed in parte ancora osteggiato in Aula) in Commissione Giustizia, con la decisione di "non introdurre specifiche definizioni di termini quali "orientamento sessuale" o "identità sessuale" e non accogliere l'ipotesi di introdurre una specifica aggravante quando delitti comuni siano commessi con finalità omofobe". Il provvedimento dunque modifica l'articolo 3 della legge di ratifica della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni Unite a New York nel 1966, inserendo "tra le condotte di istigazione, violenza e associazione finalizzata alla discriminazione anche quelle fondate sull'omofobia o sulla transfobia"; in più chiarisce che "sono applicate anche ai condannati a seguito di una condotta fondata sull'omofobia o transfobia le pene accessorie previste dalla stessa legge Mancino (obbligo di prestare un'attività non retribuita a favore della collettività; obbligo di permanenza in casa entro orari determinati; sospensione della patente di guida o del passaporto, nonché del divieto di detenzione di armi e del divieto di partecipare, in qualsiasi forma, ad attività di propaganda elettorale).
Vale la pena di sottolineare che chi "istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi fondati sull'omofobia o transfobia" rischia la reclusione fino ad un anno e 6 mesi, nonché una multa fino a 6000 euro; mentre chi "istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi" e "chi partecipa – o presta assistenza – ad organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi fondati sull'omofobia o transfobia" rischia fino a 4 anni di carcere.