"Non ne posso più di sentir parlare di espulsioni! Questa è chiaramente una dichiarazione di guerra. In questo post ci sono scritte un mucchio di cazzate. Massimo non esce. Il demente che ha scritto questo post, e posso immaginare chi è, non si ricorda che sul codice di comportamento c'è scritto che le richieste di espulsione vanno PRIMA ratificate dall'assemblea. Poi non è neanche arrivata l'email che avvisa che sul blog è in corso un sondaggio o una votazione, di solito arriva tutte le volte. Avete deciso di distruggere il M5S? Lo state decidendo VOI". Queste parole non sono di un ultras della Pd Community o di un "ribelle" grillino e nemmeno di un salviners, ma di Marco Baldassarre, deputato del Movimento 5 Stelle e traducono bene quello che è l'umore di larga parte della base (e degli eletti).
Del resto, che la politica delle espulsioni non fosse proprio la miglior strategia per rilanciare il Movimento 5 Stelle (soprattutto in un momento in cui l’azione di Governo ha marginalizzato l’efficacia dell’opposizione parlamentare e in qualche modo “congelato” la contestazione politica) è cosa tutto sommato abbastanza condivisa dalla grande maggioranza degli analisti e parte consistente dei militanti grillini. Ma evidentemente non sufficiente a convincere la catena di comando del Movimento a cambiare linea: così sulla graticola finiscono altri due deputati, Massimo Artini e Paola Pinna.
Ufficialmente l’accusa formalizzata nei loro confronti è relativa alla mancata restituzione della parte eccedente l’indennità e della quota di rimborsi non rendicontati (Artini avrebbe applicato un sistema di rendicontazione personale non utilizzando il portale online e “distraendo” circa 7mila euro; Pinna non restituirebbe le eccedenze da circa un anno). Entrambi i deputati, però, respingono le accuse. Artini ribadisce che “le dichiarazioni sulla mia rendicontazione sono false e del tutto tendenziose” e invita a controllare sul suo sito le spese sostenute e verificate, accusando a sua volta il “blog gestito dalla Casaleggio Associati srl” di aver violato il codice di comportamento (per quel che riguarda la procedura di espulsione): “Ergendosi a cattedra morale, ha chiaramente bypassato, invertendole, le regole indicate dallo stesso codice etico, che recita testualmente: “I parlamentari del M5S riuniti, senza distinzione tra Camera e Senato, potranno per palesi violazioni del Codice di Comportamento, proporre l’espulsione di un parlamentare del M5S a maggioranza. L’espulsione dovrà essere ratificata da una votazione on line sul portale del M5S tra tutti gli iscritti, anch’essa a maggioranza”. E’ evidente che chi dovrebbe assumere, esclusivamente, il ruolo di “fornitore di servizi informatici”, oggi si diletta a pronunciare editti privi di ogni fondamento e irrispettosi della dignità di ogni singola persona, sia essa attribuita a un cittadino o a un cittadino portavoce”.
La Pinna, invece, oltre a ribadire il mancato rispetto del regolamento nella procedura di espulsione, attacca: “Non è vero che mi son tenuta i soldi ma ho versato la parte prevista dal codice di comportamento al Fondo di garanzia per le PMI e i risparmi sui rimborsi forfetari di soggiorno a Roma alla Caritas. […] Sul sito tirendiconto abbiamo deciso di non pubblicare in 18 perché ci sono troppi dubbi sulla gestione e attendiamo delle risposte. Tutti abbiamo pubblicato i rendiconti sui nostri blog”. E a riprova di quanto detto mostra anche le ricevute dei bonifici:
Va detto che in questi giorni circola una mail di una "militante" che ricorda come ci siano ancora "20 portavoce inadempienti rispetto agli impegni presi per quel che concerne la rendicontazione delle spese" (malgrado le proroghe rispetto alle scadenze). Tra questi Pinna e Artini sarebbero "in arretrato" di 6 mesi, mentre altri (fra cui Bechis, Bernini, Daga, Cariello, Prodani, Rostellato, Segoni, Terzoni e Turco) di "soli" 3 mesi.
Fin qui poco o nulla di inconsueto: solite diatribe su scontrini e rendicontazioni, soliti dubbi sulla trasparenza del sistema messo in piedi da Casaleggio, solite critiche alla struttura verticistica, solite perplessità sulla democrazia interna, solita guerra tra bande a mezzo social network tra i militanti e gli attivisti. Ma dal dibattito in corso emergono alcuni particolari decisamente significativi del clima che si respira all’interno del Movimento 5 Stelle e soprattutto delle “reali” ragioni dietro la scelta di chiedere ai militanti di espellere i due deputati.
Scrive ad esempio Paola Carinelli, parlamentare “integralista”: “Mi sono rotta la palle del buonismo, per cui mi tolgo un paio di "sassolini dalle scarpe" sui due personaggi in questione. Oltre a non VOLER rendicontare, Una ha assunto come collaboratore un giornalista vicino al #PD, al quale potrebbe (?) passare informazioni. L'altro ha avuto accesso al server del gruppo e con la sua azione ha esposto tutto il gruppo parlamentare a rischi penali (oltre ad aver accesso alle nostre corrispondenze personali) http://goo.gl/86tf5W. Non pago, ha clonato il portale a fini presumibili di phishing (che è reato). Per me da tempo queste due persone NON sono più del #M5S. Altrove sarebbero state sbattute fuori con una firma, da noi decidono gli iscritti”. Accuse abbastanza gravi (assunzioni pilotate, informazioni riservate passate di nascosto ad altri partiti, manipolazioni informatiche, phishing), alle quali non rispondono gli interessati, ma un’altra parlamentare grillina, Patrizia Terzoni, con un commento in cui sostanzialmente ribalta le accuse e insinua che dietro il tentativo di espulsione vi sia la longa manus dello staff di Casaleggio:
La perplessità comune è infatti quella relativa al metodo: perché usare una corsia preferenziale per sbattere fuori Pinna e Artini? Che modo per difendersi dalle accuse hanno avuto i due? Perché ancora una volta la catena di comando del Movimento 5 Stelle utilizza una posizione di forza per intervenire nella vita dei gruppi parlamentari? Perché nessuno si rende conto che in questo modo si serve su un piatto d'argento a media ed oppositori politici l'immagine di un gruppo diviso su questioni tutto sommato futili e nemmeno tanto chiare?
Sulla stessa linea anche il capogruppo a Parma, Bosi: ”Ci sono documenti che provano restituzione dei soldi, hanno pubblicato sul loro sito e sul profilo fb. Hanno rendicondato non sul sito ufficiale e hanno chiesto chiarimenti su chi gestisce il sito del movimento tirendiconto.it. A mio parere qui si tratta di dissapori politici che nulla hanno a che vedere con la rendicontazione".
E infatti, mai come questa volta, la spaccatura è profonda e sono in tanti a solidarizzare con i due "imputati":
Poi, ovviamente, c'è Crimi che invece se la prende con i giornalisti: