Eravamo partiti con Il Movimento Cinque Stelle fermamente contrario, con Lega e Fratelli d’Italia che chiedevano elezioni, con il Pd che ci sarebbe stato solo dopo aver visto cosa avrebbero fatto gli altri. Siamo arrivati, nel giro di meno di una settimana al problema opposto, per il presidente incaricato Mario Draghi: il problema, ora, è l’affollamento. Ci sta il Pd, ci sta Italia Viva, ci stanno i Cinque Stelle, e ci starebbe pure Leu. Il problema è che vogliono entrare pure Forza Italia, che non piace – eufemismo – ai pentastellati. E, sorprendentemente, pure la Lega di Matteo Salvini, che non pone veti, ma non piace a tutti quelli che stanno a sinistra.
Apparentemente, non è una questione da poco. In primo luogo, perché a Draghi tocca scegliere.Se accetta di imbarcare la Lega nella sua maggioranza, dovrà di fatto rinunciare a Leu e provocare più di qualche mal di pancia nel Pd e nei suoi elettori. Così come imbarcare Forza Italia vuol dire provocare maremoti in un Movimento sull’orlo della guerra civile. Allo stesso modo, peraltro, rimane il nodo dei ministeri politici, che tutti vogliono, ma sul quale tutti presumibilmente porranno veti incrociati.
Apparentemente, dicevamo. Perché quel che ci ha raccontato questa settimana è che Mario Draghi ha il coltello dalla parte del manico, più di quanto vorrebbe far credere, e non solo per il sostegno granitico che gli garantisce il presidente della repubblica Sergio Mattarella.
Il primo motivo della forza di Mario Draghi, e non ci voleva un genio per capirlo, è che tutte le forze politiche vogliono partecipare alla spartizione dei 209 miliardi del Recovery Fund europei. Chi era in maggioranza fino a ieri, che ovviamente ci stava già lavorando, ma anche le forze di centrodestra, che governano 16 regioni su 20 e adesso possono ragionevolmente sperare di orientare gli investimenti verso i loro temi e i territori che amministrano.
Proprio perché tutti vogliono entrare e perché nessuno può permettersi di intestarsi la responsabilità di un suo eventuale fallimento, Mario Draghi – seconda arma nelle sue mani – potrà permettersi di forzare la mano quanto vuole. Può permettersi di portare avanti la sua idea di un governo quasi interamente tecnico, per depotenziare i veti incrociati delle forze politiche, che inconsapevolmente stanno inclinando il piano proprio in questa direzione. E potrà scontentare tutti, andando dritto per la sua strada, proprio per evitare di “accontentare tutti”, così come gli ha chiesto Beppe Grillo di non fare.
Il terzo motivo della forza di Draghi è che più il governo è largo, più nessuno gli chiederà misure impopolari, o di affrontare questioni spinose. L’abolizione di Quota 100 e del reddito di cittadinanza, rimarrà nel libro dei sogni di Matteo Renzi, così come lo Ius Soli in quello di Leu, e la flat tax in quello di Salvini. Ognuno si troverà il suo feticcio tra ciò che Mario Draghi deciderà in autonomia. E se lo intesterà nella campagna elettorale prossima ventura.
Il quarto punto a favore di Draghi è che ha la strada spianata per diventare Presidente della Repubblica. Un po’ perché nessuna forza che appoggia il suo governo ha motivazioni valide per dirgli di no. Un po’ perché le pressioni internazionali in tal senso, soprattutto europee, saranno fortissime. Un po’ perché giubilarlo al Colle è l’unico modo che il centrodestra ha per far finire in anticipo la legislatura, anche solo di qualche mese. Scommettiamo che sarà Salvini il principale sponsor di Draghi al Quirinale, nel giro di qualche settimana?