“Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione”. Nel codice civile, questo è uno dei passaggi che disciplina i diritti e doveri dei coniugi uniti in matrimonio ed è inserito nel Titolo VI assieme all’educazione dei figli, alla “questione” dei cognomi e via discorrendo.
Nelle ultime ore si è parlato molto della questione dell’obbligo di fedeltà, in relazione alla notizia della sua eliminazione dal ddl Cirinnà, che appunto disciplina le unioni civili fra persone dello stesso sesso. La versione originaria del disegno di legge, infatti, all’articolo 3 recitava: “Con la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri; dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni”.
Nel maxiemendamento interamente sostitutivo del ddl, su cui il Governo porrà la questione di fiducia, sparisce il riferimento all’obbligo di fedeltà. Tale cancellazione ha provocato non poche polemiche, considerando che in molti l’hanno vista come un modo strumentale per distinguere “ulteriormente” le unioni civili dal matrimonio tradizionale. In Senato, parlamentari del M5S e di Sel hanno parlato di “discriminazione” e di “modo subdolo per dire che gli omosessuali sono altro”, considerando tale scelta un “favore” ad Alfano e ai centristi. Secondo altri, la modifica sarebbe inutile e risponderebbe solo a un "puntiglio politico".
Il direttore di Articolo 29 nonché giudice del Tribunale di Bologna, Marco Gattuso, prova invece a dare una lettura diversa:
Non si tratta di una discriminazione, ma della presa d’atto che una regolamentazione del diritto di famiglia scritta nel 2016 può abbandonare una norma che appare come il retaggio di una impostazione arcaica. L’obbligo di fedeltà sessuale era connesso un tempo a quella norma del codice penale che puniva solo la donna adultera e non l’uomo. É legato ad una concezione illiberale del diritto: la legge regolamenti gli obblighi di mantenimento, di assistenza fra le parti, ma si lasci stabilire alle parti, e non alla Legge, in cosa consista una relazione d’amore, quali ne siano i caratteri essenziali e quali le modalità. La fedeltà nulla ha a che fare con la stabilità del rapporto ed in nulla, ma proprio nulla, rileva rispetto alla capacità genitoriale della persona, tant’è che la violazione dell’obbligo coniugale di fedeltà non ha e non deve mai avere la minima incidenza rispetto all’affidamento dei figli.
Lasciare dunque la definizione delle regole della relazione d’amore alle stesse parti del rapporto, é cosa sana e del tutto condivisibile. Anche qui, la nuova legge sulle unioni civili svela, semmai, le debolezze della regolamentazione matrimoniale rispetto ad un moderno approccio al diritto di famiglia.
Su questa linea, si registra, infine l’annuncio della presentazione di un disegno di legge che mira a cancellare l’obbligo di fedeltà anche per i matrimoni eterosessuali. Lo anticipa Ivan Scalfarotto:
La ratio della proposta è spiegata dalla senatrice democratica Cantini: “È un retaggio di una visione superata e vetusta del matrimonio e il giudice non può fondare la pronuncia di addebito della separazione sulla mera inosservanza del dovere di fedeltà coniugale. Inoltre la legge 219 del 2012 ha superato la distinzione tra figli legittimi e naturali, che rese fondamentale all'epoca l'obbligo di fedeltà tra i coniugi. Da questo punto di vista l'accordo raggiunto sulle unioni civili recepisce un modello molto più avanzato, che dovrà essere recepito dal codice civile”.