Corruzione al ministero del Lavoro, Iervolino condannato a 4 anni di carcere: è il patron della Salernitana
Si è concluso con una condanna a quattro anni di carcere, il processo di primo grado ai danni dell'imprenditore Danilo Iervolino, proprietario della Salernitana ed ex patron dell'università telematica Pegaso, accusato di corruzione. Il procedimento, che si è svolto con rito abbreviato, ha portato alla condanna chiesta dai pm, con quattro anni di reclusione e un divieto di contrattare con la Pubblica amministrazione per lo stesso periodo di tempo.
Perché Danilo Iervolino è stato condannato a 4 anni per corruzione
L'accusa degli inquirenti era che Iervolino nel 2019 avesse assunto come docente all'università Pegaso Antonio Rossi, figlio dell'allora direttrice generale per le politiche previdenziali del ministero del Lavoro, Concetta Ferrari. L'assunzione sarebbe stato un ‘compenso' per Ferrari, che in cambio avrebbe agevolato, sfruttando il proprio ruolo di rilievo nel ministero, la scissione del patronato Encal-Inpal in due patronati: Encal-Cisal e Inpal.
La procedura, gestita con un trattamento di favore, avrebbe molto avvantaggiato economicamente i due enti. La stessa scissione era stata richiesta un anno prima, sempre al ministero del Lavoro, ma era arrivato un parere negativo.
Le condanne a Francesco Cavallaro e Mario Rosario Miele
Francesco Cavallaro, segretario generale della Cisal, è stato condannato a cinque anni di carcere con interdizione perpetua dai pubblici uffici. Sarebbe stato lui a mettere in contatto Iervolino e Ferrari, insieme a Mario Rosario Miele, collaboratore di Iervolino, che ha subito una condanna a due anni e otto mesi di reclusione. Per di più, Cavallaro si sarebbe impegnato a "intercedere presso il ministro", all'epoca Luigi Di Maio, per far ottenere alla donna un incarico "di maggiore prestigio.
Un altro degli uomini che era sospettato di aver agevolato i rapporti tra Ferrari e Iervolino, Francesco Fimmanò, direttore scientifico dell'università Pegaso, è stato invece assolto. Il pm aveva chiesto l'assoluzione derubricando il reato, da corruzione a traffico di influenze illecite, perché la Corte di Cassazione aveva dichiarato inutilizzabili alcune intercettazioni che la procura di Catanzaro aveva ottenuto.
Concetta Ferrari e Fabia D'Andrea, sua collaboratrice al ministero del Lavoro (all'epoca vice capo di gabinetto del ministro), sono ancora a processo: sono state rinviate a giudizio, e il procedimento si svolge al tribunale di Napoli. D'Andrea, in cambio dell'operazione, avrebbe chiesto dei miglioramenti di carriera per due sue conoscenti, uno all'Inps e uno in un'associazione riconducibile a Cavallaro. Anche Antonio Rossi, figlio di Ferrari, è stato rinviato a giudizio.
Cosa è successo
Come detto, i fatti risalgono al 2019. Più di un anno fa, dopo lunghe indagini, erano arrivate le richieste di rinvio a giudizio per gli indagati. Il rinvio era arrivato a fine settembre, e il tempo del processo è stato piuttosto rapido dato che si è trattato di un rito abbreviato.
Il processo abbreviato si svolge sulla base di quanto raccolto durante le indagini preliminari, e a richiederlo deve eventualmente essere l'imputato, come avvenuto in questo caso. In caso di condanna, la pena viene ridotta di un terzo di quella che sarebbe stata senza rito abbreviato. È comunque sempre possibile, per chi viene condannato, fare ricorso.
La posizione di Francesco Cavallaro e Cisal
“Apprendo con grande stupore della condanna emessa dal Gup di Napoli. E questo perché in un solo momento sono state contraddette 20 pagine di motivazione del tribunale libertà e la conforme pronuncia resa dalla Corte di Cassazione, a cui aveva fatto il ricorso il pubblico ministero, che avevano accertato l'assenza a mio carico finanche dei semplici indizi di colpevolezza". Lo ha affermato Francesco Cavallaro. "È difficile comprendere come oggi quelle identiche carte abbiano potuto dimostrare la mia responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio. Aspetto quindi con fiducia con fiducia che il giudizio di appello corregga questa incredibile e inspiegabile contraddizione. Sono convinto che la giustizia non sia una lotteria che possa cambiare secondo chi sia il soggetto che estrae i dati dal bussolotto. Questo mi rende sereno e fiducioso in ordine all'esito finale del processo che è quello che conta secondo la legge e secondo i principi di civiltà della nostra società".
"In relazione a quanto disposto dal tribunale di Napoli, la Segreteria generale della Cisal conferma tutta la propria fiducia nella persona del Segretario generale Francesco Cavallaro", ha comunicato il sindacato. "In piena autonomia e libertà, la segreteria manifesta la più ampia solidarietà a Francesco Cavallaro, nella convinzione che, al termine di tutto l'iter giudiziario, ne sarà dimostrata la totale estraneità da ogni accusa".