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Coronavirus, perché il progetto dei 500 posti di terapia intensiva in Lombardia rischia di fallire

Il presidente della Lombardia Fontana ha chiesto aiuto alla Protezione civile nazionale per realizzare alla Fiera di Milano un grande ospedale con 500 posti per la terapia intensiva, per accogliere i nuovi casi. Ma per il medico e consigliere regionale Michele Usuelli, contattato da Fanpage, il progetto rischia di essere solo “uno specchietto per le allodole, se non viene fatto rispettando certe condizioni, al momento difficili da creare”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il governatore della Lombardia Attilio Fontana in un video appello, pubblicato sui suoi social, si è rivolto "a tutti" chiedendo sostegno per costruire un ospedale con 500 posti di terapia intensiva nei padiglioni della Fiera di Milano. "I contagiati – dice Fontana – continuano ad aumentare. Abbiamo bisogno di aiuto, di medici, infermieri e di respiratori. Devo dire che si è già mossa una grande solidarietà e credo che grazie all'aiuto che tutti ci potrete dare riusciremo a realizzare questo nuovo grande ospedale dedicato esclusivamente ai malati di Covid-19 e riusciremo a dare a tutti una possibilità di essere opportunamente curati".

Il presidente della Regione italiana più colpita dal coronavirus ha dunque inoltrato alla Protezione civile una richiesta d'aiuto, per poter approntare la struttura. Tra poco più di una settimana il nuovo ospedale con i 500 posti letto potrebbe essere operativo.

Un progetto ambizioso che però rischia di assomigliare più a un proclama e potrebbe non essere utile allo scopo per cui è stato pensato: alleggerire le terapie intensive, i cui posti sono ormai in esaurimento. Abbiamo contattato Michele Usuelli, consigliere regionale lombardo di +Europa-Radicali, preoccupato per lo scenario che potrebbe configurarsi, se l'unico obiettivo della politica diventa quello di illudere i cittadini che la soluzione è a portata di mano. Non basta infatti annunciare un grande ospedale per rispondere alle carenze del sistema sanitario lombardo, fiaccato dall'emergenza. Se non si prendono adeguate contromisure in fase di realizzazione prima e di organizzazione poi, avere nuovi posti in terapia intensiva non equivale necessariamente a mettere al sicuro più cittadini dalle complicazioni dell'infezione.

Per Usuelli, che ha una lunga esperienza come medico di terapia intensiva neonatale al Mangiagalli di Milano, e che nella sua vita ha fatto anche il volontario per Emergency e ha operato in Cambogia durante l'epidemia di Sars, la questione sta diventando un mero braccio di ferro politico, un tentativo da parte della Lombardia di scaricare eventuali ‘colpe' per una situazione sanitaria al collasso interamente sulla Protezione civile nazionale e sul governo.

"Un reparto in fiera da 500 posti, non può diventare lo specchietto per le allodole di una disputa politica della Regione contro la Protezione civile nazionale fatta di accuse e rimpalli di responsabilità irresponsabili – ha affermato Usuelli – Potenzialmente è una grossa occasione, ma solo a certe condizioni. Sarebbe utile perché nelle piccole terapie intensive, per esempio per 3 o 4 posti, ci vogliono 12 persone, tra medici e infermieri suddivisi su 2 o 3 turni. In un grande reparto con 500 posti un medico e un infermiere potrebbero occuparsi di più pazienti. Andrebbe definito un rapporto medico (e infermiere)/paziente intubato per massimizzare il costo beneficio, alla luce della emergenza e della carenza delle risorse umane. Ma la Regione deve dirci quali sono le disponibilità, anche economiche, che mette in campo. Non può dire soltanto ‘dateci i medici e gli strumenti necessari', bisogna anche pensare a dove trovarli questi medici. Fontana e Bertolaso (consulente del governatore per l'emergenza coronavirus, ndr), ci spieghino qual è la strategia e come intendono realizzarla. E va concordata con i medici che non sono pacchi postali. Oppure questa richiesta di aiuto non è seria nei confronti dei cittadini".

"Intanto disporre di 500 posti significa avere 500 pazienti intubati positivi. E chiaramente servono gli anestesisti". Ma al momento, ha ricordato il consigliere, in Lombardia su 100 positivi al coronavirus 12 sono persone dello staff sanitario, medici o infermieri. Una percentuale altissima. "In primo luogo questo ospedale dovrebbe diventare un luogo pulito per gli operatori. O meglio, per operatori puliti, che devono avere tutti i dispositivi di protezione individuale, mascherine, guanti, camici. Materiale che al momento scarseggia", ha spiegato Usuelli.

"Se decidiamo di chiudere le piccolissime terapie intensive da 4 o 5 letti e di mandare il personale a lavorare in Fiera, la grande opportunità è quella di poter disporre unicamente di staff sanitario negativo. I livelli di positività dei sanitari rendono molto complicato questo passaggio, dato l'alto numero di positivi asintomatici e che non hanno fatto il tampone o con tampone negativo oggi, ma che in realtà stanno incubando. Vuol dire che ad ospedale pronto tra 7 giorni e loro assunti tra 8, avremmo medici ed infermieri positivi nei giorni seguenti. Ci vorrebbe dunque uno sforzo iniziale sui tamponi per i sanitari di questo presidio". Al momento infatti vengono effettuati solo per lo staff sanitario che presenta sintomi conclamati.

"Ci vogliono poi i corsi di formazione sulla protezione personale di medici e infermieri che entrano nell’ospedale: è una grave pecca che non si sia investito su questo – ha aggiunto il medico e consigliere lombardo – sull'aggiornamento dei nostri medici sulle procedure di sicurezza, sulle pratiche corrette da seguire quando si espongono a pazienti potenzialmente positivi al Covid-19. A gestire pazienti con quest'infezione sono stati chiamati non solo infettivologi, ma anche cardiologi e medici di altre specialità, e tutti devono fare un training sulla prevenzione. Non costa nulla e dura 40 minuti. Se lo avessimo fatto non avremmo avuto atti eroici di medici e infermieri che si infettavano. In questo grande ospedale, con staff sanitario pulito e che resta pulito, sono fondamentali".

"In questa nuova struttura dobbiamo mettere in atto delle procedure di ingresso e di uscita ferree, con percorsi codificati, sia per i medici sia per il materiale. L'obiettivo è il rigido rispetto delle norme di sicurezza. Ogni sanitario che dovesse risultare positivo sarebbe allontanato dal reparto. Tale strategia, in tempi di gravi carenze di materiale di protezione pone un problema etico nei confronti degli altri sanitari che lavorano oggi negli altri ospedali senza protezioni adeguate dal punto di vista qualitativo e quantitativo. Bertolaso e Fontana spieghino in maniera chiara se sono questi i presupposti per fare il grande reparto e come intendano realizzarlo. Ci spieghino anche come vogliono far arrivare in fiera ossigeno ed aria compressa. Altrimenti sono solo chiacchiere e distintivo".

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