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Coronavirus, perché è giusta la decisione del governo di chiudere le scuole in tutta Italia

La decisione del governo di chiudere le scuole di ogni ordine e grado in tutto il territorio nazionale per far fronte all’emergenza coronavirus creerà non pochi disagi alle famiglie. Ma si tratta di una misura necessaria, richiesta da giorni dagli esperti, per limitare ulteriormente gli spostamenti e i contatti dei cittadini.
A cura di Annalisa Cangemi
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In queste ore il governo ha deciso per la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado e degli atenei in tutto il territorio nazionale, senza distinzione tra zone rosse o gialle, almeno fino a metà marzo. Una misura drastica per il contenimento dell'emergenza coronavirus. Secondo molti un provvedimento eccessivo, che creerà non pochi problemi alle famiglie. Era davvero necessario?

Se, stando alla bozza dell'ultimo Dpcm, la direzione presa dal governo è quella di limitare il più possibile i contatti tra gli individui, appare evidente come l'esecutivo si stia muovendo sulla scia delle linee guida elaborate dal comitato scientifico voluto dal premier Conte: in pratica le indicazioni sono quelle di evitare il contatto fisico, astenendosi dal dare baci o dall'abbracciarsi, mantenere una distanza di sicurezza di un metro, sconsigliare ad anziani over 75 e over 65 con patologie di uscire da casa, chiudere cinema e teatri e sospendere gli eventi sportivi. Senza contare la circolare della ministra Dadone, che agevola lo smartworking per i dipendenti della pubblica amministrazione, diramata questa mattina. In questo quadro è chiaro che non avrebbe alcun senso continuare a mandare gli studenti in classe, nell'ottica chiaramente di un coerente piano d'azione per ridurre al minimo gli spostamenti dei cittadini.

La gestione delle scuole rientra tra le materie concorrenti tra Stato e Regioni, e fino ad ora non tutte le Regioni si sono mosse allo stesso modo. È di ieri per esempio la decisione del governatore delle Marche Ceriscioli, vista l'impennata di contagi nel territorio marchigiano, di sospendere le attività didattiche. Ma la chiusura delle scuole a macchia di leopardo non fa altro che aumentare la confusione nella popolazione, che in questo modo tenderà a sottovalutare i rischi dell'infezione.

Per questo il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia ha anticipato un nuovo Dpcm che dovrà uniformare tutte le Regioni: "Appena esploso il contagio alcune regioni, esattamente Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte, Friuli e Liguria hanno adottato misure per il contenimento del contagio da coronavirus. Dopo alcuni giorni altre regioni hanno chiesto l'adozione di misure simili ma essendo aree non a rischio contagio il Comitato scientifico e la Protezione civile hanno consigliato una ordinanza unica su come comportarsi".

"Tutte le regioni no cluster hanno adottato quella ordinanza tranne le Marche che ne ha adottata una parziale per la chiusura delle scuole ed è stata impugnata. Successivamente, tutte le regioni italiane sono coperte dal Dpcm del presidente del Consiglio, i cui effetti scadono l'8 marzo, e in queste ore il presidente del Consiglio adotterà un altro Dpcm sulle nuove misure oggetto del confronto con tutte le forze politiche", ha concluso il ministro dem.

Il parere degli esperti

Da un punto di vista più scientifico, con l'aumentare dei contagi nel nostro Paese si sono moltiplicati anche gli appelli degli esperti,tra i quali la virologa Ilaria Capua, a rispettare il principio di precauzione: tutti sembrano concordi nel giudicare la sospensione dell'attività didattica un'adeguata risposta alla diffusione del virus. Uno degli ultimi a ripeterlo è stato l'epidemiologo Pierluigi Lopalco, dell'Università di Pisa: "Da clinico dico che la chiusura di tutte le scuole in Italia è una misura ragionevole e che farlo fino al 15 marzo quasi sicuramente non basterà se si vuole ridurre e rallentare l'epidemia", ha detto all'AGI.

"Dal punto di vista scientifico ci sono evidenze che dimostrano che la chiusura di tutte le scuole, in particolare la scuola primaria, ha un effetto nella riduzione e nel rallentamento delle epidemie. Non è un caso che tutti i piani influenzali prevedono questa misura", ha affermato l'esperto. "È ovvio che si tratta di una decisione politica che va ponderata bene, considerate le possibili conseguenze sul piano economico. Ma da clinico credo che non solo sia utile ma che probabilmente la data di rientro andrà rivista". 

Lo stesso aveva detto più di una settimana fa Vittorio Demicheli, epidemiologo dell'Unità di Crisi della Regione Lombardia, secondo cui "limitare i contatti tra le persone, è l'unica strategia per rallentare il virus". Demicheli sottolineava che il nostro sistema sanitario, dal punto di vista strutturale, è debole, per due motivi: da una parte gli ospedali vicini ai focolai di Veneto e Lombardia sono pieni, e i posti per i malati che hanno bisogno della Rianimazione rischiano di non essere sufficienti; dall'altra ricordava che il 10% dei malati sono medici e infermieri, e potrebbe esserci una carenza di personale sanitario. "I dati ci dicono che oggi ogni paziente con il coronavirus trasmette la malattia ad altri due. E dove ci sono molti contagi la curva epidemiologica cresce in modo esponenziale: bloccare a quel punto non serve più a nulla. Bisogna intervenire prima. Lo dice la scienza e la politica deve ascoltarla". Ancora una volta, quindi, prevenire è meglio che curare, sembrava dire l'esperto.

La Lega chiede aiuti per le famiglie

Con lo scenario che si prospetta con la nuova disposizione del governo, Salvini ha chiesto un sostegno economico per le famiglie: "Si parla di scuole chiuse fino a metà marzo, richiesta urgente della Lega al governo: stanziare aiuti economici per i genitori che lavorano e devono occuparsi dei figli a casa. E voi, mamme e papà, come vi organizzerete?".

Ma il segretario della Lega non è l'unico a chiedere un aiuto per le famiglie. "Siamo consapevoli della situazione e comprenderemo le misure che il Governo eventualmente sceglierà di perseguire per provare a limitare la diffusione del coronavirus nel nostro Paese. Vogliamo fidarci delle istituzioni: le famiglie faranno la loro parte come sempre, dando un segnale forte al Paese e mostrando il loro senso di responsabilità per evitare ulteriori contagi", ha detto il presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo.

"In questo senso, constatiamo come gli effetti dell'epidemia di coronavirus impattino in modo particolarmente forte sui nuclei familiari italiani che, qualora si chiudessero le scuole, dovranno sobbarcarsi l'onere di organizzare e gestire il tempo del lavoro con quello dei figli, oltre a preservare e monitorare la salute propria e dei nonni. Nel caso, non ci sottrarremo a quest'ulteriore impegno per la risoluzione positiva della crisi sanitaria. Chiediamo però al Governo di fornire immediatamente risposte esplicite, concrete, sostanziali e forti almeno tanto quanto i provvedimenti approvati oggi: smart-working, flessibilità lavorativa, lezioni on-line, ma anche fondi per poter pagare le baby-sitter".

"Anche le famiglie hanno bisogno di risorse, non solo le imprese. Bisogna evitare a tutti i costi che agli inevitabili disagi causati dalle limitazioni alla normale vita quotidiana seguano, per milioni di mamme e papà, ulteriori gravi motivi di stress e di preoccupazione. In questo senso, la confusione generata da comunicazioni non univoche non agevola le famiglie, che ci stanno scrivendo a migliaia per sapere se le scuole saranno aperte o no. Tutti gli schieramenti politici sono d'accordo sull'urgenza di sostenere le famiglie qualora gli istituti scolastici venissero chiusi. Le famiglie saranno determinanti per far rialzare il Paese dopo una circostanza come questa. Ma per poterlo essere, servono interventi straordinari in grado di evitare il default del Welfare familiare", ha concluso De Palo.

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