Coronavirus, nuovi dati ISTAT: oltre 40mila morti in eccesso in due mesi
Arriva il secondo report dell'Istat, redatto in concomitanza con l'Istituto superiore di sanità, sull'impatto dell'epidemia di coronavirus sulla mortalità nel nostro Paese. Dal documento emerge che il numero massimo di casi di Covid-19 nel nostro Paese è stato raggiunto a marzo: dopo il picco del 20 marzo i contagi iniziano a diminuire. Molti dei decessi che si registrano nel mese di aprile, focus del secondo report dell'Istituto nazionale di statistica (qui il primo) riguardano casi diagnosticati nel mese precedente. A maggio il calo continua. Per quanto riguarda i morti, la Sorveglianza nazionale integrata, tra il 20 febbraio e il 30 aprile ha registrato 28.561 decessi in persone positive al Covid-19. Chiaramente, con la diminuzione dei casi positivi e dei decessi a questi collegati, si vede ridotta la mortalità per il complesso delle cause. "A livello nazionale i decessi totali scendono da 80.623 di marzo a 64.693 di aprile e la stima dell’eccesso di mortalità passa da un aumento medio del 48,6% di marzo (26.350 decessi in più nel 2020 rispetto alla media 2015-2019) al 33,6% di aprile (16.283 decessi in più)", si legge nel rapporto.
Sono circa 40 mila i morti in eccesso
Ma se i morti ad aprile sono diminuiti rispetto al mese di marzo, si registra comunque un eccesso nei dati, se paragonati con quelli degli scorsi anni, in condizioni di normalità. Si registrano circa 40 mila morti in più. Calcolando solo i numeri nelle zone più colpite si vede come, se è vero che i decessi (totali, non solo per coronavirus) passano dai 44.998 di marzo ai 32.931 di aprile, questi siano comunque di gran lunga superiori agli anni passati. A marzo si registra infatti un 113,1% in più rispetto al periodo 2015 – 2019, mentre ad aprile un 73,9% in più.
Il calo rispetto a marzo
I cali più importanti, ad ogni modo, si rilevano proprio nelle province che hanno subito un impatto più violento. In Lombardia, " morti per il totale delle cause diminuiscono da 24.893 di marzo a 16.190 di aprile 2020 e l’eccesso di decessi rispetto alla media degli stessi mesi del periodo 2015-2019 scende da 188,1% a 107,5%. Sono proprio le province più colpite dall’epidemia quelle in cui si osservano le riduzioni più importanti. Bergamo e Lodi sono le aree in cui il calo della mortalità è stato più accentuato, l’eccesso di mortalità scende da 571% di marzo a 123% di aprile a Bergamo e da 377% a 79,9% a Lodi", si legge nel rapporto. Numeri migliori, quindi, ma comunque impressionanti rispetto alle condizioni ordinarie. In alcune province, inoltre, questo calo non si registra nemmeno. A Pavia, Monza e Brianza e Milano i livelli rimangono simili a quelli di marzo: sempre calcolando l'eccesso rispetto alla media del periodo 2015 – 2019 queste province registrano rispettivamente il 135%, il 101% e il 98% in più.
L'eccesso di mortalità
Questo eccesso di mortalità, continua a spiegare l'Istat, è più consistente negli uomini tra i 70 e gli 89 anni, mentre l'incremento di mortalità nelle donne risulta più contenuto in tutte le fasce di età. Ad ogni modo, la diminuzione del numero dei decessi (per il complesso delle cause, non solo per Covid-19) è sempre più marcata specialmente negli ultimi giorni di aprile 2020 rispetto agli anni precedenti. "Questo può accadere anche perché si è ridotta, per effetto dell’alta mortalità del periodo precedente, la popolazione più fragile e quindi più esposta al rischio di morte", sottolinea il rapporto. In un quadro di questo tipo aumenta quindi la quota di decessi imputabile al coronavirus: se a marzo 2020 su 26.350 decessi stimati in eccesso il 54% (quindi 14.420) è stato riportato dalla sorveglianza integrata, ad aprile 2020 su 16.283 morti l'82% (quindi 13.426) è stato segnalato dalla sorveglianza.
"La riduzione della quota di eccesso di mortalità totale non spiegata dal Covid-19 è un risultato molto importante documentato nel presente rapporto. Con i dati oggi a disposizione, si possono solo ipotizzare due possibili cause: è aumentata la capacità diagnostica delle strutture sanitarie e quindi sono stati diagnosticati in maniera più accurata i casi di COVID-19 oppure è diminuita la mortalità indiretta non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero nelle aree maggiormente affette. Quest’ultima componente infatti migliora man mano che si riduce la pressione sui sistemi sanitari", conclude il rapporto.