Coronavirus, in Veneto tamponi di massa nelle strade e supermercati per evitare “crash sanitario”
Il governatore della Regione Veneto, Luca Zaia, avverte: "Le proiezioni sul contagio sono in crescita. Se non si seguono le regole si rischia il crash sanitario e prima di questo c’è il coprifuoco". E apre alla chiusura di parchi pubblici e giardini, così come alla possibilità di eseguire tamponi a tappeto sulla popolazione per prevenire i contagi da coronavirus. Una strategia controversa che però a Vo', il Comune focolaio nella Regione, sembra essere risultata efficace. Lì i 3.300 abitati si sono sottoposti al test: 66 persone sono risultate positive, anche se prive di sintomi. Capendo subito quali erano i casi da cui si sarebbe potuto propagare il contagio, è stato più semplice arginarlo.
Per questa ragione in Veneto si starebbe pensando di fare test generalizzati, anche "on the road", dice Zaia. Una serie di controlli casuali, quindi, che possono essere effettuati al supermercato piuttosto che per le strade o davanti agli uffici postali. Dopodiché creare dei "cerchi concentrici" rispetto ai positivi e quindi, "per esempio, eseguire il tampone su tutti i condomini e i colleghi di lavoro degli eventuali positivi asintomatici", spiegano dalla Regione.
Ad oggi il Veneto ha fatto circa 4.817 campioni, più di quelli effettuati su tutta la popolazione della Corea del Sud. Una strategia di lotta al coronavirus messa a punto proprio dal laboratorio dell'ospedale di Padova, diretto dal virologo Andrea Crisanti, che ha trattato il caso di Vo'. "Ho dato mandato a tutte le Spisal (Servizio per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro) perché da domani si facciano controlli a tappeto in tutte le aziende per verificare il rispetto delle misure di sicurezza", ha comunicato Zaia.
Una misura non sempre condivisa nel mondo medico. Ad esempio, il presidente dell'Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, ricorda che invece l'Oms sconsiglia di fare tamponi su persone asintomatiche. Invece, il modello veneto è apprezzato anche dal primario del reparto di malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano, l'epidemiologo Massimo Galli: "Sono assolutamente d'accordo. È utile per il contenimento identificare persone che altrimenti non lo sarebbero e metterle in quarantena. Se non si riesce a quarantenare almeno il 70% dei contatti di un positivo non si ferma la malattia in 3 mesi".