Coronavirus fase 2, le nuove misure per la sicurezza nei luoghi di lavoro
Questa mattina il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha ricordato che dal 4 maggio, con la fine del lockdown, non tutte le attività potranno ripartire, perché il rischio dei contagi è ancora troppo alto. Ci sarà un allentamento delle misure restrittive, i cittadini potranno uscire, ma probabilmente per le aziende si procederà a scaglioni, per evitare assembramenti nei luoghi di lavoro e affollamento sui mezzi pubblici. È possibile anche che ci siano differenze sostanziali da regione a regione, a seconda della classificazione di rischio. "L'allentamento delle misure deve avvenire sulla base di un piano ben strutturato e articolato", ha ribadito Conte, che entro la settimana illustrerà il piano per la fase due dell'emergenza, sentito il parere del comitato tecnico scientifico e della task force di esperti guidata da Colao.
Come emerge da un documento tecnico stilato dall'Inail, su cui si baserà il governo per decidere chi e quando potrà ripartire, le aziende dovranno adeguarsi ad alcune misure di sicurezza anti-contagio. Questi accorgimenti saranno fondamentali anche alla luce di un importante dato: il rischio di contrarre il Covid-19 nelle aziende è elevato, come confermano gli ultimi dati, secondo cui il 10% delle infezioni, oltre che numerosi decessi, sono causati da contatti che avvengono sul lavoro.
Per questo motivo nel documento viene classificato il rischio nei luoghi di lavoro secondo tre variabili:
- Esposizione: la probabilità di venire in contatto con fonti di contagio nello svolgimento delle specifiche attività lavorative (es. settore sanitario, gestione dei rifiuti speciali, laboratori di ricerca, ecc.);
- Prossimità: le caratteristiche intrinseche di svolgimento del lavoro che non permettono un sufficiente distanziamento sociale (es. specifici compiti in catene di montaggio) per parte del tempo di lavoro o per la quasi totalità;
- Aggregazione: la tipologia di lavoro che prevede il contatto con altri soggetti oltre ai lavoratori dell’azienda (es. ristorazione, commercio al dettaglio, spettacolo, alberghiero, istruzione, ecc.).
Quali attività ripartiranno per prime
Secondo la valutazione Inail, che è comunque orientativa perché le aziende possono incidere sul livello di rischio prendendo ulteriori contromisure, tra le attività più esposte alla possibilità di contagio ci sono le farmacie, forze dell'ordine, sanità e assistenza sociale, agenzie funebri, parrucchieri.
A rischio medio-alto sono manitentori, corrieri, addetti alle mense, camerieri, microbiologi, badanti, lavoratori dello spettacolo, interpreti.
Considerate di rischio medio-basso invece lavoratori impegnati in attività artistiche, sportive o di intrattenimento, cassieri, operai edili, operatori ecologici, istruzione.
A rischio basso agricoltura, silvicoltura e pesca, attività manifatturiere, costruzioni, commercio all'ingrosso e al dettaglio, riparazione di motocicli e autoveicoli, trasporto e magazzinaggio, attività dei servizi di alloggio e ristorazione, servizi di informazione e comunicazione, attività finanziarie e assicurative, attività professionali scientifiche e tecniche, amministrazione pubblica e difesa.
Le nuove regole nei luoghi di lavoro
Per poter ripartire, come dicevamo sopra, le aziende hanno bisogno di riorganizzare le modalità di lavoro, adottando misure organizzative, misure di prevenzione e protezione, e misure specifiche per la prevenzione dell’attivazione di focolai epidemici.
Le misure organizzative
Le misure organizzative per la fase due riguardano la rimodulazione di spazi e postazioni di lavoro, dell’orario di lavoro e dell’articolazione in turni, e dei processi produttivi. Per i dipendenti che vanno al lavoro deve essere assicurato il distanziamento sociale, "compatibilmente con la natura dei processi produttivi", viene spiegato nel documento tecnico. Ad esempio si potrebbero collocare i lavoratori, dove possibile, per un periodo transitorio, in spazi di solito inutilizzati, come sale riunioni e altri uffici. Fondamentale sarà l'introduzione di barriere separatorie, come pannelli in plexiglass, per gli ambienti comuni.
Nelle mense aziendali, punti di ristoro, spogliatoi, servizi igienici, deve essere prevista una ventilazione continua degli ambienti, "prevedendo altresì una turnazione nella fruizione nonché un tempo ridotto di permanenza all’interno degli stessi". E ancora nella gestione dell’entrata e dell’uscita dei lavoratori "devono essere favoriti orari scaglionati e laddove possibile, prevedere una porta di entrata ed una di uscita dedicate". Le riunioni di presenza non saranno consentite, e se strettamente necessarie bisogna ridurre al minimo il numero di partecipanti per garantire il distanziamento sociale.
Anche le trasferte dovranno essere ridotte drasticamente. Una diversa articolazione del lavoro, ridefinita con orari differenziati, servirà anche a evitare assembramenti sui mezzi pubblici, sui quali comunque, oltre al distanziamento sociale è fortemente raccomandato l’uso di mascherine per tutti gli occupanti. Oltre ad adottare piani di mobilità, con lo scopo di ridurre il rischio durante gli spostamenti casa-lavoro, verrà incentivato l'utilizzo del mezzo di trasporto privato.
Il lavoro a distanza dovrà essere comunque ancora privilegiato in molti settori. Nel documento Inail ricorda però la necessità "di rafforzare le misure di supporto per la prevenzione dei rischi connessi a questa tipologia di lavoro, in particolare fornendo assistenza nell’uso di apparecchiature e software nonché degli strumenti di videoconferenza, incoraggiando a fare pause regolari".
Le misure di prevenzione e protezione
Per far seguire correttamente ai propri dipendenti le indicazioni del ministero della Salute e dell'Iss ogni azienda dovrà rendere disponibili e visibili poster, locandine e brochure che pubblicizzano le misure, oltre a mettere a disposizione prodotti detergenti e igienizzanti. Nel testo si consiglia, soprattutto nelle aree geografiche a maggiore endemia o nelle aziende in cui si sono registrati casi sospetti di coronavirus, di effettuare una sanificazione degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni prima di far ripartire le attività. L'utilizzo delle mascherine chirurgiche dovrà essere previsto negli ambienti comuni.
Dove non è presente già la figura del medico, in via straordinaria, nelle aziende va pensata la nomina di un medico competente ad hoc per il periodo emergenziale o soluzioni alternative, anche con il coinvolgimento delle strutture territoriali pubbliche (ad esempio, servizi prevenzionali territoriali, Inail, ecc.). Il medico competente potrebbe avere un ruolo centrale soprattutto per l’identificazione dei soggetti più fragili e per il reinserimento lavorativo di soggetti con pregressa infezione da Covid-19. Per i lavoratori con più di 55 anni di età o per gli individui con patologie pregresse potrebbe essere introdotta la ‘sorveglianza sanitaria eccezionale'. In attesa dei test sierologici poi, che offriranno un quadro più chiaro della copertura immunitaria, il lavoratore potrebbe avere un"inidoneità temporanea' o limitazioni dell'idoneità per un determinato periodo.
Misure specifiche per la prevenzione di nuovi focolai
Nella fase due, che non si sa ancora quanto durerà, in cui dovremo convivere con il virus, è possibile che esplodano nuovi focolai proprio a partire dagli ambienti di lavoro. Per questo si parla di un attento monitoraggio della temperatura corporea dei lavoratori, anche con l'impiego di termoscanner all'ingresso dei luoghi di lavoro, e se la temperatura dovesse risultare superiore ai 37,5° C, non sarà consentito l'accesso nella sede di lavoro. Queste persone saranno "momentaneamente isolate e fornite di mascherine", non dovranno recarsi al Pronto Soccorso o nelle infermerie dell'azienda, ma dovranno contattare nel più breve tempo possibile il proprio medico curante e seguire le sue indicazioni.
Se un lavoratore, durante il turno di lavoro, dovesse sviluppare febbre e sintomi di infezione respiratoria, come la tosse, sarà obbligato ad allertare immediatamente all’ufficio del personale; l'azienda procederà immediatamente ad avvertire le autorità sanitarie competenti e i numeri di emergenza per il coronavirus forniti dalla Regione o dal Ministero della Salute.