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Covid 19

Cosa cambia per i dipendenti della Pubblica Amministrazione con il nuovo decreto anti-Coronavirus

Il governo ha approvato un nuovo decreto in cui si stabilisce il lockdown totale del Paese: nel testo si specificano le attività essenziali e produttive resteranno aperte, mentre tutto il resto dei servizi e delle attività commerciali dovranno chiudere fino al prossimo 25 marzo. Ma cosa succede per gli uffici della pubblica amministrazione? Vediamo che cosa dice il decreto a riguardo.
A cura di Annalisa Girardi
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Giuseppe Conte lo aveva già anticipato nel corso della giornata: in serata è poi arrivata la conferma. Per superare l'emergenza coronavirus, mettere uno stop alla diffusione esponenziale dei contagi, ed evitare il collasso del sistema sanitario, c'è bisogno di un lockdown totale. Il governo ha quindi approvato un nuovo decreto in cui si stabilisce che sono le attività essenziali e produttive resteranno aperte, mentre tutto il resto dei servizi e delle attività commerciali fino al prossimo 25 marzo. Ma cosa succede per gli uffici della pubblica amministrazione?

Nel decreto si sottolinea quali attività potranno proseguire il loro corso, sempre tenendo conto delle misure precauzionali, come il metro di distanza tra le persone o l'incentivo alle azioni di sanificazione. Lo stesso vale per gli uffici della Pubblica amministrazione: come già anticipato nei giorni scorsi, anche per quanto riguarda la Pa si raccomanda di implementare il lavoro agile, lo smart working, cioè permettere ai dipendenti pubblici di continuare a svolgere il proprio lavoro da remoto. In questo modo non si bloccano i servizi, ma si limitano i contatti tra le persone, che potrebbero favorire il contagio. Nel nuovo decreto del governo si sottolinea anche che è necessario individuare subito le "attività indifferibili da rendere in presenza", in modo da assicurare che solo quelle vengano svolte dalle sedi predestinate, in contatto con il pubblico.

 Fermo restando quanto disposto dall’articolo 1, comma 1, lettera e), del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2020 e fatte salve le attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza, le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, assicurano lo svolgimento in via ordinaria delle prestazioni lavorative in forma agile del proprio personale dipendente, anche in deroga agli accordi individuali e agli obblighi informativi di cui agli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81 e individuano le attività indifferibili da rendere in presenza.

Già lo scorso 4 marzo, la ministra della Pubblica amministrazione Fabiana Dadone, aveva annunciato di aver firmato una circolare che incentivasse il ricorso al lavoro agile non solo per le aziende private, ma anche per gli uffici della Pa: "Ho firmato questa mattina una circolare che implementi l'utilizzo dello smart working. Passiamo dalla fase di sperimentazione a una fase di ordinarietà. Diamo la possibilità di organizzarsi in maniera più agile, di conciliare la vita e il lavoro. Per riuscire a gestire i figli e la cura dei familiari, si tratta di riconcepire il lavoro e di renderlo più agile e l'ottica chiaramente è quella del raggiungimento del risultato". La ministra inoltre aveva spiegato di sperare che questa emergenza velocizzasse i tempi per una normalizzazione del lavoro agile, in modo che anche passato questo periodo si potesse continuare a considerare i vantaggi derivati dallo smart working.

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