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Cop27, la prima bozza di accordo sul clima ignora le richieste dei Paesi emergenti

Stanotte è stata pubblicata la prima bozza del documento finale della Cop27, in corso in questi giorni a Sharm el-Sheikh. Il paragrafo dedicato al fondo loss and damage, che obbligherebbe i Paesi sviluppati ad aiutare gli Stati che già subiscono danni per la crisi climatica, è stato lasciato vuoto.
A cura di Luca Pons
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Nella notte è arrivata la prima bozza del documento finale della Cop27, la conferenza mondiale sull'emergenza climatica. Nella bozza ci sono alcune prese di posizione e indicazioni, ma non c'è la sezione considerata cruciale in questi giorni di trattative: quella sul loss and damage, cioè "perdite e danni", un fondo economico in cui i Paesi storicamente responsabili delle emissioni inquinanti dovrebbero mettere soldi per assistere quegli Stati che, già oggi, vivono le conseguenze pratiche della crisi del clima.

Nella bozza pubblicata stanotte, il paragrafo dedicato al loss and damage è vuoto. C'è ancora molto lavoro da fare, comunque, prima di arrivare al documento finale. La bozza sarà rivista nelle prossime ore e forse anche nei prossimi giorni – ufficialmente la Cop27 si conclude domani, ma potrebbe esserci qualche giorno di margine prima di pubblicare il documento finale.

La creazione di un fondo loss and damage aprirebbe all'idea che i Paesi più responsabili per la crisi climatica devono compensare economicamente i Paesi stanno già subendo danni enormi. Non più adattarsi a futuri problemi, o concentrarsi solo sulla riduzione di emissioni, ma concretamente ripagare gli Stati in cui ci sono danni disastrosi dovuti al cambiamento del clima. Ad agosto, ad esempio, il Pakistan è stato colpito da un'alluvione che ha causato più di mille morti ed enormi perdite a livello economico e di infrastrutture.

A portare avanti la proposta sono i 134 Stati che compongono il cosiddetto G77, appoggiati anche dalla Cina, che sostiene le loro richieste. Stati Uniti ed Europa, che sarebbero probabilmente quelli costretti a pagare di più, sono invece opposti e vorrebbero utilizzare gli strumenti che già ci sono per sostenere economicamente i Paesi emergenti.

Al momento, non solo non c'è un accordo preciso su come il fondo potrebbe funzionare, ma il paragrafo dedicato è, come detto, vuoto. La bozza si limita a riconoscere "la crescente urgenza di affrontare le perdite ed i danni del riscaldamento globale". Si sottolinea anche "con preoccupazione il crescente gap fra i bisogni dei Paesi in via di sviluppo e il sostegno fornito da quelli sviluppati", e questi bisogni sono quantificati in "5.600 miliardi di dollari al 2030".

Un piano economico esiste già dal 2009: alla Cop15 di Copenhagen, i Paesi presenti si erano impegnati ad arrivare, entro il 2020, a inviare 100 miliardi di dollari all'anno ai Paesi emergenti. Il problema è che sono fondi molto limitati, che erano stati pensati solo per essere dedicati alle politiche per il clima dei Paesi che li ricevono, e che comunque i 100 miliardi all'anno non sono ancora stati raggiunti: per questo la bozza "sollecita i Paesi sviluppati" a mantenere l'impegno. L'Italia partecipa inviando circa 840 milioni di euro all'anno.

Anche per quanto riguarda le emissioni, la bozza del documento finale è decisamente poco ambiziosa. Non vengono stabiliti nuovi obiettivi, si ricorda solo l'importanza di rispettare quelli stabiliti dagli accordi di Parigi del 2016. Nel documento si esprime anche "profondo rincrescimento" che i Paesi più avanzati economicamente, "che hanno le maggiori capacità per ridurre le loro emissioni, continuino a non farlo".

Gli impegni che gli Stati hanno preso, a oggi, per ridurre le emissioni inquinanti porterebbero a ridurle tra il 5 e il 10% entro il 2030, sottolinea il documento. Ma per rispettare gli accordi di Parigi e contenere l'aumento della temperatura globale, l'obiettivo dovrebbe essere tra il 30 e il 45%. Per aiutare con lo sviluppo delle energie da fonti rinnovabili, poi, si chiede un investimento annuale di 4mila miliardi di dollari a livello globale.

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