"Se Berlusconi fosse il presidente della Convenzione sarebbe un modo per impegnare fortemente il centrodestra e un leader importante a un risultato. Se fossi la sinistra andrei a pregare Berlusconi di assumersi questa responsabilità". Parole e musica di Maurizio Gasparri, che esplicita quella che sarà la linea del Popolo della Libertà nelle prossime settimane. Quando cioè si deciderà il destino della Convenzione per le Riforme Costituzionali che al momento resta, vale la pena ribadirlo, solo nelle intenzioni del neo Presidente del Consiglio e nei desiderata di Giorgio Napolitano. Del resto si tratterebbe di un organismo i cui atti sarebbero sempre inficiati da pregiudiziali di costituzionalità, dal momento che il processo di revisione costituzionale è regolamentato dall'articolo 138 della Carta. Per questo ed altri motivi (anche di carattere ideologico – politico in senso stretto) sono in molti ad aver sollevato obiezioni rispetto alla costituzione di un simile organismo, dal momento in cui "pur nelle opportune e puntuali modifiche, vanno mantenuti fermi i principi, la stabilità e l'impianto complessivo" della Carta Costituzionale (come obiettato dai Comitati Dossetti).
Per il momento Letta è fermo al discorso programmatico fatto in Parlamento, con quella "necessità di sottrarre la discussione sulla riforma della Carta fondamentale alle fisiologiche contrapposizioni del dibattito contingente" e con l'indicazione che sia poi successivamente il Parlamento ad adottare le "proposte formulate da una Convenzione, aperta alla partecipazione anche di autorevoli esperti non parlamentari e che parta dai risultati della attività parlamentare della scorsa legislatura e dalle conclusioni del Comitato di saggi istituito dal Presidente della Repubblica". In questi termini non è escluso che si arrivi ad una sorta di escamotage per aggirare l'ostacolo, impostando la Convenzione come organo consultivo (una sorta di replica allargata dell'esperimento dei 10 saggi), con pareri che sarebbero vincolanti "de facto" proprio perché deliberati dopo una discussione fra le diverse sensibilità politiche.
Ma la strada appare ancora tortuosa, proprio perché mancano altri tasselli essenziali. In primo luogo la composizione di un organismo che potrebbe / dovrebbe ospitare anche tecnici ed esperti della materia, per un totale di 75 membri (almeno secondo indiscrezioni non confermate). Poi ovviamente bisognerà capire in che misura verranno rispettate le proporzioni rispetto alla composizione dei gruppi parlamentari e a chi spetterebbe concretamente la proposta dei nomi e la scelta dei temi. Sulla durata c'è un limite insindacabile, quello dei 18 mesi anticipato da Letta, al termine del quale bisognerà "verificare che il percorso sia ben avviato". Manca però ogni assicurazione sui temi dell'entrata a regime dell'organismo.
Infine c'è il nodo della Presidenza, reclamata a gran voce dal Popolo della Libertà e in particolare da Silvio Berlusconi. Ne abbiamo parlato a lungo nei giorni scorsi e la sensazione è che non sia lontano il momento della verità, proprio perché la posta in gioco è altissima e se il Partito Democratico dovesse dare il via libera ad una simile operazione saremmo di fronte ad una svolta decisiva per l'intero quadro politico. Perché blinderebbe sì il Governo Letta, ma approfondirebbe quel solco fra la politica e l'opinione pubblica già scavato in queste ultime settimane.